Il vero regolamento di conti nella maggioranza potrebbe partire con la discussione della prossima Legge Finanziaria. Da prassi, andrebbe approvata entro il 31 dicembre, pena il ricorso all’esercizio provvisorio (con la spesa vincolata in dodicesimi). Dare alla manovra una cornice prettamente politica, però, rischia di non essere un buon servizio per i siciliani. Che ancora attendono – per inciso – gli effetti della Finanziaria di guerra, nota anche come Finanziaria di cartone, approvata nel 2020, la prima in epoca Covid. Solo qualche giorno fa, come segnalato dal deputato del Movimento 5 Stelle, Luigi Sunseri, è stata sbloccata “la misura economica a sostegno delle edicole siciliane. In commissione bilancio – ha scritto il grillino – ci hanno anticipato che il bando dovrebbe essere pubblicato, dopo un anno e mezzo, tra dicembre 2021 e gennaio 2022. Cinque milioni di euro che, in ritardo, potranno dare un minimo di ristoro. Il fondo verrà gestito dall’Irfis”.

Un anno e mezzo per liberare cinque milioni. Scene che soltanto in Sicilia. Tenendo conto di questa scoperta (?) postuma, la politica dovrà necessariamente muoversi. Anche se sull’ultima manovra del governo Musumeci peseranno tantissime scadenze: in primis le elezioni Regionali del prossimo autunno. La coalizione di governo non ha ancora scelto il proprio candidato, ma sul territorio è già fibrillazione. C’è il rischio – serissimo – che le scelte economiche della Regione si basino su un “accordo a tavolino” fra i partiti della maggioranza, e non sulle reali esigenze di una terra dilaniata: nelle varie province s’è aperta la caccia grossa da parte dei deputati che stanno già lavorando a una riconferma; e per ottenere consenso, non esiste modo migliore che riversare su associazioni, enti e territori contributi a pioggia. Anche piccoli, purché si notino. L’ex tabella H, uscita dalla porta e rientrata dalla finestra, è l’unico strumento utile per ottenere mance che nulla hanno a che fare coi piani di sviluppo immaginati per l’Isola, e ampiamente illustrati in campagna elettorale.

Di solito la tabella H è quella su cui gli accordi rischiano di andare in frantumi. Come è avvenuto nello scorso aprile, quando l’aula andò in tilt sui cosiddetti emendamenti aggiuntivi. I parlamentari della maggioranza rimasti a bocca asciutta si misero di traverso, smontando ogni norma proposta dal governo. E dando sfogo a quello che Musumeci ribattezzò come il fenomeno dell’ascarismo. Il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché, fu costretto a cassare le ultime leggi perché “non ha senso andare avanti e farsi bocciare tutto. Facciamo prima a chiuderla qua. Quest’aula non risponde più al governo, né all’Assemblea. E’ saltato il banco. Dobbiamo interrogarci tutti”. Non che da quel momento i deputati si siano interrogati granché. Un modo per far arrivare l’acqua al proprio mulino si trova sempre: ad esempio, con le leggi stralcio alla Finanziaria. Ce n’è una in discussione da settimane – le variazioni di Bilancio – che l’Assemblea non riesce ad approvare (la campagna per le Amministrative e l’assenteismo hanno preso il sopravvento). Ma nel frattempo, parlando di politica, lo stesso Micciché si è portato avanti, intrecciando il tema della Finanziaria 2022 con l’esigenza di convocare i gruppi parlamentari e avviare un confronto coi partiti. Cosa che Musumeci non fa, e dovrebbe fare a prescindere, secondo gli alleati.

Ma che manovra sarà non è dato saperlo. La giunta non ha ancora esitato nulla. E la trafila è abbastanza lunga, dal momento che prevede il passaggio dalle commissioni di merito, dalla commissione Bilancio e infine dall’aula, dove la proposta è emendabile (di solito bisogna sfoltire una lista di alcune migliaia di modifiche). In questa fase, però, stiamo ancora regolando i conti col passato. L’aggiornamento della parifica sul rendiconto 2019, ad opera della Corte dei Conti in composizione speciale, a Roma, ha aperto un ulteriore capitolo relativo all’ultima manovra: bisogna coprire un buco da 8,5 milioni per la rideterminazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità. E, inoltre, bisogna valutare attentamente un’altra storia, che potrebbe finire dritta alla Corte Costituzionale: ossia la vicenda dei 127 milioni “sottratti” annualmente al Fondo Sanitario e utilizzati dalla Regione per pagarci un mutuo con lo Stato. Su questa anomalia la magistratura contabile ha sollevato una questione di legittimità costituzionale. Se venisse accolta dalla Consulta, metterebbe a repentaglio l’impianto di quattro esercizi, dal 2016 in poi. Non secondo l’assessorato all’Economia: da via Notarbartolo fanno notare che la norma ‘contestata’, figlia del governo Crocetta-Baccei, non è stata mai impugnata dal Consiglio dei Ministri. Anche se venisse dichiara incostituzionale, non avrebbe alcun effetto sui bilanci. Semmai verrebbe sanata con un intervento in parlamento. Ma il prurito resta.

E resta pure un altro nodo da sciogliere: il giudizio di parifica del rendiconto 2020. Lo scorso giugno è arrivato quello relativo al 2019, da cui la vicenda si è dipanata fino a Roma. Ora serve un altro sforzo da parte della Corte dei Conti, le cui pronunce viaggiano in evidente ritardo. Avviare una discussione sulla manovra 2022 partendo da saldi e avanzi di amministrazione risalenti a tre anni prima, rende la partita più difficile. Nessuno – sia chiaro – vieta ad Armao e al governo di procedere: la nuova Finanziaria può essere approvata a prescindere dai giudizi di parifica ‘pendenti’. Ma è chiaro che la visione sarebbe limitata, e nemmeno così veritiera. Il rischio verrà corso un’altra volta, perché è nella natura turbolenta di questo governo fare delle scelte che non sempre possono essere portate a termine. O da cui gli eventuali imprevisti, come la scoperta di un nuovo disavanzo, ti costringono a tornare indietro. Pazienza.

La prima cosa che Musumeci e il suo assessore dovranno evitare con tutte le loro, forze, però, è un nuovo esercizio provvisorio: cioè la parentesi economico-temporale che si apre il primo gennaio qualora l’Ars non riesca a giungere all’approvazione della Finanziaria entro l’ultimo giorno dell’anno precedente. Vuol dire che in quel periodo di tempo, limitato solitamente a un paio di mesi (ma nel 2020 prorogato fino ad aprile), la spesa è consentita soltanto in dodicesimi, cioè secondo l’assegnazione delle risorse ai capitoli di Bilancio fatte l’anno prima. Stop. Nessuna voce extra. Ed è pure capitato in un paio d’occasioni, dall’avvento del governo Musumeci, che la Regione piombasse nell’incubo della gestione provvisoria: senza Finanziaria, né esercizio provvisorio. Con la spesa limitata al pagamento degli stipendi, alle bollette e agli affitti. Ecco, ripartire da qui ed evitare tutto questo sarebbe un successo. Su come spendere i soldi, invece, ci torneremo.