Servirà una sforbiciata collettiva ai capitoli per i precari, a quelli per i Consorzi di Bonifica e le associazioni antiracket, e persino ai conti per le bollette, per giungere – entro fine anno – all’approvazione di una “manovrina” che pesa sulle casse di Palazzo d’Orleans per 310 milioni di euro (circa). Le variazioni di Bilancio, che la giunta ha approvato giovedì scorso, hanno preso corpo soltanto ieri con le tabelle aggiuntive trasmesse all’Ars. Il ddl, per legge, si sarebbe dovuto chiudere entro il 30 novembre. Ma non c’è stato abbastanza tempo. Ora la deadline è fissata a fine anno. Ma servono come il pane i 66 milioni di euro ‘promessi’ da Roma con il Dl Fiscale in via d’approvazione. Armao si è già preso la briga di accantonarli.

Al netto delle apparenze – ad esempio l’esultanza per la mancata impugnativa del Consiglio dei Ministri sulla legge di rendiconto 2019 – sono giorni tempestosi per l’assessorato all’Economia. Nei giorni scorsi il governo ha dichiarato guerra alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti di Roma, proponendo un controricorso alla Consulta. Contro la decisione della Corte dei Conti medesima di sollevare questione di legittimità costituzionale sul rendiconto 2019 e, in particolare, sulla legge del 2016 che fin qui ha concesso alla Regione di attingere al Fondo sanitario per pagarsi un mutuo con lo Stato. “E’ l’ennesimo atto di una guerra – per dirla con Luigi Sunseri, deputato del Movimento Cinque Stelle – che il governo regionale ha deciso di combattere nei confronti della Corte dei Conti, dopo aver perso, finora, tutti gli altri ricorsi e dopo vari sotterfugi (…) Tutti tentativi miseramente falliti”. Ma “la sentenza della Corte dei Conti a Sezioni Riunite, finché non si pronuncerà la Corte Costituzionale, rimane esecutiva – conferma il grillino, componente della commissione Bilancio – e, quindi, il futuro rendiconto, se non dovesse adeguarsi, sarebbe irregolare per definizione”.

Una nevrosi contabile senza precedenti. Un pasticcio che rischia di inaugurare un contenzioso infinito. Che non assicura stabilità ai conti, già falcidiati dall’accantonamento di somme ingenti (per onorare l’accordo con lo Stato, che prevede il rientro decennale dal deficit). In tutta questa incertezza Armao gira per i giornali e le tv, dicendo di aver ridotto il debito, di aver risparmiato sui derivati, di essere a un passo dalla chiusura di nuovi accordi finanziari. Di aver ridotto il contributo al risanamento della finanza pubblica, di aver fatto capire a Camera e Senato quanto siamo svantaggiati a vivere su un’isola. Poi navighi nel dark web di questa legislatura, e ti imbatti in un ricorso kamikaze. In una parifica mai così incerta. In una manovra che non vedrà la luce prima di febbraio. In un esercizio provvisorio che sa di prassi. Nelle Finanziarie di guerra perennemente inattuate. E capisci, sfortunatamente, che non era poi così difficile fare peggio di Crocetta.