“Basta con lo scempio della danza”. Un vero e proprio grido di dolore per “il balletto che muore tra l’indifferenza e l’ignoranza di politici e organizzatori. Basta con un’Italia che calpesta e dimentica il suo grande passato”, con le eccellenze maltrattate. Queste le parole durissime pronunciate da Roberto Bolle, in audizione alla Camera. I deputati della Commissione cultura avevano convocato Bolle alla sala Mappamondo di Montecitorio per ascoltarlo in un’audizione conclusiva che riguardava un’indagine sui teatri lirici italiani. E’ andato giù duro il danzatore: “Con opera lirica e musica sinfonica nel ruolo delle sorelle privilegiate, cui sono riservate le attenzioni e le cure delle Fondazioni”. Una situazione “sempre più difficile e arida – ha detto – fatta di compagnie teatrali sempre più scarne, di corpi di ballo che vengono chiusi, di assoluta mancanza di protezione per la categoria artistica, di ballerini che devono lasciare il proprio Paese per vivere della loro passione e cercare di realizzare i propri sogni”. Delle 14 Fondazioni liriche italiane, solo 4 hanno mantenuto un loro balletto, “un depauperamento di cui ci si può solo vergognare”, ha ripetuto citando quelli che resistono. Un passaggio dell’audizione è stato dedicato ai casi poco felici del San Carlo di Napoli e del Massimo di Palermo definiti “in fin di vita”, 15 ballerini il primo, 10 di cui 5 in part time il secondo. Non è l’insostenibilità ma l’ignoranza, sostiene Bolle, il vero nemico del balletto in Italia: “Scarsa conoscenza del settore e mancanza di visione di chi ne era responsabile sia a livello governativo che di gestione dei teatri”.