Un piccolo appello alle aziende di medio posizionamento e mass market che, al contrario di quelle del lusso, dove rigore, eleganza e discrezione sono d’obbligo, si affidano alle società di formazione per “sviluppare l’empatia fra il personale e il cliente”. Non fatelo. Sono soldi buttati via, anzi, soldi persi , spesso insieme con il cliente. Ricordatevi sempre che, in queste società di formazione, i corsi che dovrebbero formare la vostra “front line”, cioè venditori e uscieri, segretarie e centralino, non sono tenuti dalla duchessa di York, ma da un gruppetto di ragazzotti o managerini di varia estrazione e spesso zero educazione formale che, per aver frequentato la Bocconi o un corso di marketing equivalente negli Stati Uniti, credono di poter instillare nel prossimo il verbo della vendita e la tecnica infallibile dell’acchiappo del cliente. Il risultato è una goffa, ipocrita e invadente familiarità. Per quale motivo io, che entro in un negozio o all’ufficio postale salutando con un cauto ma cordiale “buongiorno” devo sentirmi apostrofare con un “ciao cara”? O anche con “buongiorno cara”? Cara a chi? Non mi sento accolta con simpatia, da un’espressione di affetto automatica e volgare. Mi sento aggredita, dalla commessa come dal questuante che, preso l’aire e sentita l’antifona, ti insegue per farsi “dare una monetina, mia cara”. L’uso condiviso dei social non significa che domattina si vada a bere il caffé insieme e, credetemi sulla parola perché all’estero non ho vissuto solo per l’erasmus, “ciao cara” non è la traduzione di “hello dear”.