Il vecchio Palermo non ha ancora esalato l’ultimo respiro. I fratelli Walter e Salvatore Tuttolomondo, responsabili del declino rosanero, provano ancora a tenersi a galla nonostante le nove richieste di istanza fallimentare che pendono sulla loro testa. Di una si è discusso ieri al Tribunale civile di Palermo, dove l’ex società ha chiesto un concordato preventivo per evitare il fallimento. Il collegio giudicante si pronuncerà nel merito nei prossimi giorni, anche se gli attacchi della Procura sono chiari, netti, limpidi. Come ha spiegato a più riprese il commercialista Giovanni La Croce, nominato dal Tribunale lo scorso 15 luglio, non c’è altra strada al di fuori del fallimento e il Palermo avrebbe già dovuto chiudere i battenti dal 2016 avendo un buco da 21,5 milioni e visto che “le illecite condotte degli amministratori” avrebbero causato ulteriori danni per 16 milioni.

Nella relazione di 27 pagine di La Croce c’è spazio per i Tuttolomondo, ma un capitolo abbondante riguarda il solito Maurizio Zamparini che, in caso di mancato fallimento, rischia di andare incontro a bancarotta fraudolenta per “la violazione della par condicio creditorum”. Riferendosi all’acquisto dell’argentino Paulo Dybala, poi approdato alla Juventus, la procura spiega che “il Palermo aveva un debito da 7,5 milioni nei confronti della Pencil Hill Limited di Mascardi e nel gennaio 2018 un’altra società di Zamparini, la svizzera Std, si dichiara “cessionaria del suddetto credito” ma “agli atti non è stata reperita alcuna documentazione che comprovi l’acquisto del credito da parte di Pencil Hill” e non vi sono certezze sull’effettivo pagamento da parte di Std, che ha ceduto il credito ad Alyssa”. Un credito che sarebbe stato posto in parziale compensazione con il famoso debito da 40 milioni di euro verso il Palermo – di cui Alyssa era proprietaria del marchio – ma l’operazione “è realizzata in un momento in cui era ancora pendente la precedente istruttoria fallimentare”, da qui la violazione della par conditio creditorum.

Anche nei confronti degli ultimi proprietari di Arkus Network sono vari i capi d’accusa: tra questi, il tentativo di iscriversi all’ultimo campionato “tramite artifizi e falsità”. Il gruppo degli avventurieri avrebbe cercato di mettere le mani sui diritti televisivi per tamponare un’insolvenza del gruppo e inoltre, durante l’ultimo giorno utile per ottenere la licenza, si segnalano dei finanziamenti da parte di Sporting Network, la finanziaria del gruppo, per oltre 10 milioni di euro, comprensivi però di crediti definiti “inesistenti”. Secondo la Procura, che spulcia tutta una serie di incongruenze, emerge che i Tuttolomondo avrebbero immesso nelle casse della società appena 811 mila euro o “più verosimilmente 643.711 euro”, mettendo in campo condotte che si sono concretizzate in “raggiri continuati in danno dell’U.S. Città di Palermo, dei suoi creditori, di Figc, Covisoc e della medesima ispezione”, con danni stimabili “in non meno di 16,6 milioni di euro”.