La lista delle “cose da fare” è molto lunga: ma in cima a quella di Giancarlo Cancelleri, viceministro alle Infrastrutture, c’è  il viadotto Himera, crollato nel 2015 e mai ricostruito. Qualche giorno fa l’assessore regionale ai Trasporti, Marco Falcone, ha lanciato un grido d’allarme, chiedendo allo Stato di sollevare l’Anas dalla responsabilità dell’opera e di rescindere il contratto con la ditta. Così Cancelleri ha fatto un nuovo sopralluogo e fissato la data di consegna per il 31 luglio: “Quando sono arrivato, nel settembre 2019, ho trovato una situazione assurda – spiega l’ex vicepresidente dell’Ars -. Fra la ditta e l’Anas c’erano problemi di natura tecnica. Tuttavia, il cantiere è stato riattivato e, alla data di ieri, abbiamo rifatto tutte le opere murarie, costituito le pile (sia quelle definitive che quelle temporanee), e saldato i conci. Entro il 10 giugno salderemo anche l’ultimo, dopo di che cominceremo a sollevare l’impalcato. Il ponte verrà messo in quota”.

Falcone ha chiesto al ministro De Micheli di commissariare l’opera e dare i poteri alla Regione. E ieri ha pure “minacciato” di aprire la Statale Nord-Sud, nell’Ennese, dove i lavori sono completi ma la strada è chiusa al traffico.

“Questa non è una prova di forza. Ma se volessi mostrare i muscoli, i modi non mancherebbero. Nelle prossime settimane, ad esempio, potrei fare un sopralluogo nei cantieri del Consorzio autostrade siciliane e verificare se c’è qualcuno che sta lavorando alla rimozione della frana di Letojanni. O per vedere come procedono i cantieri sulla Palermo-Messina e sulla Siracusa-Gela. Ricordo a tutti che in era di rescissione e di revoca delle concessioni autostradali, il Cas non è esattamente un soggetto florido. Ha all’attivo 800 “non conformità” rispetto agli standard di sicurezza”.

Andrà a verificare?

“Finora non me ne sono mai occupato, perché ho cercato di non confondere, istituzionalmente, le competenze. Ma vedo che spesso e volentieri gli altri “sconfinano”, venendo ad appiccare incendi che poi sono molto difficili da spegnere. E ci fanno perdere un sacco di tempo”.

A proposito dell’Himera. Lei ha contestato l’immobilismo della Regione per mettere in sicurezza la montagna che ha generato la frana. Come stanno le cose?

“Intanto ribadisco che il cantiere dell’Himera è l’unico che non si è mai fermato nemmeno col Coronavirus. Ha solo dovuto rallentare perché le imprese lombarde e venete che dovevano fornire del materiale hanno chiuso. Detto questo, non accetto critiche da parte della Regione: il ponte è crollato cinque anni fa perché la montagna è franata. Quella frana è ancora lì, nessuno ha mosso un metro cubo di terra per metterla in sicurezza. Doveva occuparsene la Regione. Se la montagna dovesse franare di nuovo, si porterà via anche il nuovo viadotto”.

Sta dicendo che l’opera non riaprirà se quella frana non verrà rimossa?

“Aprirà comunque. Perché noi diligentemente abbiamo fatto delle paratie a protezione delle pile del viadotto, che devierebbero il flusso di terra verso le vie di fuga. Ma non è normale che dopo cinque anni la situazione sia questa. Lì c’è un territorio che va salvaguardato. La città di Caltavuturo non ha una strada. L’unica percorribile è la trazzera fatta costruire dai parlamentari del Movimento 5 Stelle”.

Un altro cantiere di competenza dell’Anas è sulla Statale 640, la Agrigento-Caltanissetta. Qual è la situazione?

“Ieri ho fatto un sopralluogo: nella parte agrigentina i lavori sono pressoché conclusi, stiamo collegando anche il ponte Petrusa. Il tratto al km 14, dove c’era un restringimento, è stato riaperto la settimana scorsa. Nella parte di Caltanissetta, stiamo definendo il contratto di affidamento che prevede una nuova perizia di variante. Vale da 120 a 150 milioni e comprende la definizione della galleria, la viabilità della bretella (che ancora manca), la demolizione e la ricostruzione del San Giuliano che rappresenta la porta d’accesso alla città. Una volta definito il contratto, presenterò il cronoprogramma. Quel cantiere era un cadavere. L’ho rianimato col defibrillatore. E adesso sta prendendo ritmo, sperando che torni ai vecchi fasti”.

Anche la Statale 189 fra Palermo e Agrigento è una grande incompiuta.

“Avevamo firmato i contratti, ma purtroppo ci siamo dovuti fermare per il Coronavirus. I lavori ripartiranno al più presto. Ma vede, al di là dei singoli casi, la questione è semplice: io voglio che si realizzino le opere in maniere celere. E’ per questo motivo che da tre mesi che mi sto battendo affinché una proposta del M5s diventi una soluzione messa in campo dal governo. Sto parlando del piano di rilancio dei cantieri di lavoro. A Genova si sono dati poteri straordinari a un commissario che, in meno di due anni, ha potuto realizzare un ponte crollato. Dobbiamo farlo in tutta Italia: prendiamo le opere finanziate per intero, con i progetti definitivi, che sono compresi nei contratti di programma di Anas e Rfi, e commissariamole attraverso gli amministratori delegati delle due società, che avranno gli stessi poteri di Genova. Da lì si parte con un piano dal valore di 100 miliardi”.

Di questo pacchetto quali opere siciliane fanno parte?

“Ci sono i 600 milioni da spendere sulla Palermo-Catania, i 750 della Ragusa-Catania, ma anche i 12 miliardi per il corridoio ferroviario Berlino-Palermo, i 2,3 miliardi per l’attraversamento da Giampilieri a Fiumefreddo, i grandi cantieri che da Catania Bicocca devono arrivare fino a Termini Imerese, la nuova stazione di Lercara Friddi, quella di Caltanissetta Xirbi, di Enna. E poi ci sono altre opere importanti: come la velocizzazione della linea ferroviaria Palermo-Agrigento, il rifacimento dei ponti sulla Gela-Catania, l’elettrificazione della ferrovia nel tratto da Licata e Ragusa. E la riapertura della Palermo-Trapani via Milo. Oggi per spostarsi fra i due comuni capoluogo bisogna prendere una vecchia littorina a gasolio e passare da Castelvetrano, pazzesco…”.

Ma di chi è la colpa se fin qui non si è fatto nulla?

“Quando la politica si gira dall’altra parte, a prevalere è la burocrazia… Ma finiamola col piagnisteo che lo Stato si è dimenticato della Sicilia. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, diceva che ogni euro investito sulle infrastrutture crea un indotto di cinque euro: significa che mettendo a terra cento miliardi in tre anni, abbiamo creato un indotto da 500 miliardi. Sarebbe una grande risposta all’emergenza in atto. Però dobbiamo essere veloci: oggi, da quando si decide di realizzare una strada fino al momento in cui la si può percorrere, trascorrono in media 15 anni. Però tra 15 anni, con le nuove tecnologie e la velocità del mondo di adesso, è probabile che non servirà neanche più. Si perde troppo tempo per avere le autorizzazioni, per fare le gare d’appalto, per stare dietro i ribassi di gara, le perizie di variante, i ricorsi… E’ tutto esagerato. Queste non possono essere le regole per rispondere alla crisi economica che temo si abbatterà su di noi. Non ce lo possiamo permettere”.

Viabilità secondaria. Musumeci lamenta un ritardo di venti mesi per la nomina di un commissario che fra l’altro avete scelto insieme. Perché non è stato ancora nominato?

“Le cose non stanno esattamente così. E’ vero che abbiamo un accordo sul nome che, per forza di cose, visto il cambio di governo, abbiamo dovuto riverificare. E’ vero che si tratta del provveditore Gianluca Ievolella, ma è anche vero abbiamo chiesto alla Regione quali fossero le opere da dare in dotazione al nuovo commissario. E loro hanno tardato a rispondere. Ora abbiamo tutto e ho già concordato col gabinetto del Ministro di procedere al decreto di nomina. Dovremo fare una proposta al presidente del Consiglio e ci penserà lui. Faremo in fretta. D’altronde, ho avuto io l’idea del commissario e mi sono battuto perché venisse applicato questo modello per le strade provinciali”.

La Regione, con l’ultima Finanziaria, ha previsto di rimodulare i fondi strutturali, trasformando la spesa per investimenti in spesa corrente (per dare una mano a famiglie e imprese). E’ un passaggio che l’emergenza, secondo lei, può giustificare?

“Da un lato, probabilmente, fare una cosa del genere è di buon senso, perché in Sicilia c’è ancora una montagna di denaro da poter spendere in infrastrutture. Sulle strade provinciali, credo che la Regione abbia 3-400 milioni fermi per mancanza di progettazione. Se si potranno utilizzare per spesa corrente non lo so, ma non mi sorprenderebbe che non l’abbiano verificato. Poi, ovviamente, bisogna capire a quali risorse attingere. Le faccio un esempio: dopo l’alluvione di Licata furono stanziati 30 milioni da spendere subito. Il Mit aveva proposto di sottoscrivere un protocollo fra la Regione, Anas e Ministero e provvedere a una serie di operazioni idrauliche nei pressi delle arterie stradali. La Regione non l’ha mai firmato. Immagino che tra i fondi da rimodulare ci siano anche quei 30 milioni… Se fossi un cittadino di Licata mi arrabbierei molto e, sperando non accada più niente del genere, non consentirei a nessun politico di venire in città per fare passerella”.

Che effetto le fa sapere che il nuovo assessore regionale ai Beni culturali è uno della Lega?

“Se Musumeci avesse nominato un assessore in quota Lega, era un conto. Ma è avvenuto il contrario.  Ha delegato il partito a scegliersi l’assessore. Lo trovo un comportamento inclassificabile. Un partito, fra l’altro, che ha sempre insultato il Sud e la Sicilia. Io non dimentico i “forza Etna”, i “forza Vesuvio”, i “mentalmente inferiori” che in passato ci hanno buttato addosso. Spero non li abbia dimenticati nessuno”.

Di Samonà cosa pensa?

“Se i post del neo-assessore li avesse scritti qualcuno del Movimento 5 Stelle saremmo finiti su Al Jazeera. Invece nessuno dice niente… Io ritengo che le frasi su Mattarella e sul 25 Aprile siano vergognose e non adatte per ricoprire certi incarichi. Una figura istituzionale deve possedere caratteristiche morali e professionali. Le prime mancano e le seconde chissà. Ora lo vedremo all’opera e probabilmente ci faremo quattro risate cercando di capire come l’identità siciliana possa coniugarsi con un assessore della Lega”.

Il Movimento 5 Stelle si è ufficialmente spaccato. Dopo l’espulsione di Tancredi, altri quattro deputati hanno preso le distanze. Com’è potuto succedere?

“E’ una vicenda dolorosa. Ma nel momento in cui sono andato a Roma forse si sono rotti gli equilibri. Bisogna ritrovare un modo per rimettere tutto a posto. Ma prima è giusto raccontare la verità”.

Prego.

“Sergio Tancredi è stato espulso dai probiviri perché dal gennaio 2019 non ha più restituito un euro. Lui si è giustificato dicendo che, a causa di una sentenza, gli erano stati pignorati i conti. Ma davvero qualcuno pensa che sia stato allontanato senza dargli la possibilità di rimettersi in pari? Io, come membro del comitato di garanzia, ho scritto una lettera a Tancredi dicendogli che mi sarei fatto portavoce, nei confronti dello stesso comitato, per riabilitarlo all’interno del M5s e annullare l’espulsione se avesse concordato un piano di rientro. Lui mi ha risposto che, probabilmente, avrebbe avviato la rendicontazione, ma che non gli interessava rientrare nel Movimento. Non ha nemmeno presentato ricorso. Queste al mio paese si chiamano decisioni”.

La decisione di cambiare strategia politica e diventare “responsabile”?

“Qui si è arrivati a votare o astenersi persino sulla Legge di Stabilità. Annullare le polemiche che possono apparire strumentali, durante un’emergenza sanitaria ed economica, non significa far cessare il ruolo delle opposizioni. Forse non avremmo dovuto dire nulla sulla cassa integrazione in deroga che ha visto accumulare alla Regione un ritardo mostruoso? O avremmo dovuto tacere sull’ultima Finanziaria anti-Covid che si è rivelata la solita Finanziaria delle marchette?”.

Le altre quattro fuoriuscite non la preoccupano?

“Mi dispiace per gli altri quattro, ma pare stiano già pensando alla formazione di un altro gruppo parlamentare. La storia ci dirà di cosa è figlia la loro azione. Se dovessero iniziare ad avere posti più strutturati all’interno della maggioranza – magari la presidenza di una commissione o un assessorato – fare i calcoli sarà un gioco da ragazzi. Ma è scorretto dire che il gruppo non esiste più. Sei tu che in quel gruppo non vuoi più starci. Nessuno può dire che il M5s ha sbagliato, ha escluso o ha epurato. Qualcuno, a un certo punto, ha deciso di adottare posizioni più governative, più vicine a quelle del centrodestra che non delle opposizioni. Detto questo, possiamo anche metterci una pietra sopra”.