“Dobbiamo rilanciare sulla semplificazione con soluzione serie e pragmatiche e non con inutili manifesti incostituzionali. Nessuna sponda alla peggiore politica che sbraita contro la burocrazia e poi propone soluzioni impercorribili”. Fin qui Gaetano Armao, vicepresidente della Regione ed esponente di Forza Italia (almeno sulla carta). L’ultima invettiva dell’assessore all’Economia, ha un bersaglio chiaro: si tratta del disegno di legge Sammartino sulla sburocratizzazione, una proposta controfirmata da tutti i capigruppo di palazzo dei Normanni, ad eccezione di Giorgio Pasqua del Movimento 5 Stelle. E che gli uffici dell’Ars hanno chiesto in parte di modificare.

Il disegno di legge, sostenuto – fra gli altri – da Forza Italia e persino da Diventerà Bellissima, oggi torna in commissione Affari istituzionali, dove verrà analizzato e, con buona probabilità, corretto. Eppure Armao vorrebbe smontarlo. Ha già deciso di bollare come “peggiore politica” l’ambiente che l’ha partorito. “Questa legge finirebbe impugnata dopo un quarto d’ora – ha continuato l’assessore in un’intervista a ‘La Sicilia’ – Ci sono a mio avviso problemi di insostenibilità normativa e costituzionale. Una cosa è perseguire la semplificazione, un’altra è rincorrere competenze statali che le Regioni di fatto non hanno”. L’operazione messa in piedi da Armao, che potrebbe trovare la sponda di Bernadette Grasso (l’assessore alla Funzione pubblica, secondo Armao, “ha già annunciato un intervento del governo sulla materia”), altro non è che l’ennesimo atto di sabotaggio nei confronti del parlamento siciliano. Una proposta, quella di sburocratizzare il sistema, che raccoglie l’adesione di quasi tutti – lo stesso Musumeci ha invocato un efficientamento della burocrazia – ma che l’avvocato-assessore, abituato a veder impugnate continuamente le proprie norme di Bilancio, fatica a digerire.

Dietro la durissima presa di posizione di Armao c’è, senz’altro, la guerra interna a Forza Italia con Gianfranco Micciché. Il commissario regionale del partito, che sostiene da mesi la necessità di sburocratizzare la Sicilia, e di liberare punti di Pil sbloccando le 18 mila pratiche ferme alla Sovrintendenza di Palermo in attesa di autorizzazione preventiva, ha costruito attorno a questo tema il nuovo asse con la Lega. Un partito che fino a qualche mese fa Miccichè mal sopportava, ma che poi ha individuato come il miglior alleato possibile per dare una scossa al sistema. “Mi hanno promesso che il primo punto del prossimo programma elettorale – disse Micciché, dopo aver siglato la pace con Salvini – sarà quello della sburocratizzazione”. Il primo banco di prova, quanto meno in Sicilia, sono i Beni culturali, dove sta per insediarsi il neo assessore del Carroccio Alberto Samonà.

Miccichè è andato ripetendo in tutte le salse che per autorizzare il fotovoltaico nella sua casa di campagna è stato necessario richiedere 28 autorizzazioni, compresa quella all’Ufficio delle regie trazzere. E che lo sviluppo dell’Isola non può rimanere vincolato ai bolli che sedicenti funzionari si rifiutano di applicare. Ma Micciché, che non ha mai fatto mistero di non amare Armao, ha più volte chiesto il rimpasto a Musumeci, fino a un totale azzeramento della giunta, per farlo fuori. Solo che l’assessore all’Economia, come ha confermato nell’intervista di qualche giorno fa, si appoggia altrove: “Continuo a non comprendere l’ostilità nei miei confronti che Miccichè ha manifestato pubblicamente in alcune occasioni. Non ho motivo di reagire, ma di tutto questo non capisco le ragioni – ha detto Armao -. Per fortuna sono più le convergenze sul lavoro che faccio che le divergenze e prevale l’interlocuzione con Forza Italia nazionale con cui c’è un rapporto straordinario. Micciché dovrebbe spiegare perché non gli vado a genio, ma questo è un problema suo, non mio”.

Costruire un’opposizione interna a Micciché, dentro Forza Italia, è una strategia spendibile in questa fase storica. Il partito sta perdendo pezzi e Berlusconi, che vede il gruppo sgretolarsi alla Camera (già orfano di Minardo, Scoma e forse Germanà), vuole tenersi stretta Giusi Bartolozzi, compagna di Armao. La coppia, inoltre, vanta ottimi uffici presso Antonio Tajani, numero 2 del Cav., che si occupa delle questioni operative più importanti. Ecco: se c’è un momento per fare la guerra a Micciché, partendo dal suo cavallo di battaglia (la burocrazia), questo è quello adatto. Ammesso che la disputa non vada contro gli interessi dei siciliani, sempre più stanchi di rimanere imbrigliati nelle pratiche e nelle istruttorie.

Tra le proposte più importanti della Legge Sammartino c’è, infatti, un dimezzamento dei tempi per le procedure amministrative e per le conferenze dei servizi, e addirittura l’eliminazione della “carta” per fare spazio – esclusivamente – alle procedure telematiche. Il processo di velocizzazione riguarda anche la liquidazione di corrispettivi e contributi alle imprese, la realizzazione delle opere pubbliche prioritarie in settori strategici, per l’edilizia scolastica e per quella sanitaria.  E prevede, inoltre, la possibilità di operare in deroga al Codice degli appalti, proprio come è accaduto a Genova, dove il ponte Morandi è stato rimesso in sesto in tempi record. Mentre il viadotto Himera, sulla A19 Palermo-Catania, è franato da cinque anni e nessuno lo ricostruisce. “Finirà come la legge sugli appalti di Crocetta che ha bloccato il sistema, ha paralizzato la spesa ed è stata bocciata dalla Corte Costituzionale”, obietta però l’assessore all’Economia.

Questa mancanza di sensibilità da parte di Armao nei confronti del Parlamento, dove la proposta – fatti salvi le modifiche e il voto della prima commissione – potrebbe essere incardinata in tempi celeri, somiglia tanto al modus operandi di Nello Musumeci, che a palazzo dei Normanni ha messo piede poche volte. E quasi sempre per litigare. Da qui, infatti, emerge un’altra possibile chiave di lettura. Armao, che Musumeci considera uno dei suoi “fedelissimi”, potrebbe rappresentare la testa d’ariete nel derby etneo con Luca Sammartino, che quella proposta l’ha ideata e presentata. Già, perché ultimamente tra Musumeci e Sammartino non corre buon sangue. E si è visto in aula, durante la discussione sulla Finanziaria, quando il renziano chiese il voto segreto su un emendamento soppressivo e mandò su tutte le furie il presidente della Regione, che lo apostrofò in malo modo (senza mai scusarsi pubblicamente): “In un momento in cui tutta la comunità siciliana si aspetta chiarezza da questo parlamento, lei chiede di votare di nascosto. Mi auguro che di lei e di quelli come lei si occupino altri palazzi”.

Un’espressione infelice, con un chiaro riferimento alle vicende giudiziarie di Sammartino, coinvolto in un processo con l’accusa di corruzione elettorale. Come se in giunta o fra i banchi della maggioranza non ci fossero abbastanza indagati. Ma al di là del merito della questione, sorprende adesso anche la forma. Sammartino porta una proposta che quasi tutto il parlamento approva, ma Armao – interpretando il megafono di Musumeci – prova ad affondarla prima che se ne faccia qualcosa e che il giovane deputato di Italia Viva possa prendersene il merito. Pure Micciché, durante un’intervista a Buttanissima, si complimentò col deputato 35enne – dello stesso collegio di Musumeci – dicendo: “Non è un caso che la riforma sia scritta da lui. Ho quasi il doppio degli anni di Sammartino, ma è anche la mia battaglia. Dobbiamo fare una rivoluzione, non voglio altre rotture”.

Il presidente dell’Ars non aveva messo in conto che tra coloro che “vengono a dirmi ‘questo dobbiamo modificarlo perché la legge non ce lo consente’”, ci fosse il suo rivale di sempre: Gaetano Armao. Che oggi, oltre a chiamare in causa modelli giuridici e costituzionali, fa un chiaro e palese riferimento alla politica. Sancendo un divario tra la cattiva politica (quella degli altri) e la buona politica (la sua?). Di fronte al vicegovernatore dell’Isola, non sarà sfuggito ai più attenti, si presenta l’opportunità del cappotto: far fuori Micciché e Sammartino in un colpo solo. Perché non provarci?