L’infelicissima Palermo
nelle mani di Lagalla

Ma dov’è finita Palermo? Dov’è finita la città dei giardini e dei capricci barocchi, delle delizie arabe e delle meraviglie normanne, la città che i grandi viaggiatori ammiravano con occhi lucidi e insaziabili? Dov’è finita la Palermo felicissima alla quale Ibn Hamdis non aveva voluto strappare per ricordo neanche un fiore di gelsomino? “Vuote le mani ma pieni gli occhi del ricordo di lei”, si limitò a scrivere nel suo diario lo sfortunato poeta, costretto dai nuovi invasori a tornarsene nella sua Arabia infelice. Già. Dove sono finiti gli splendori della Cappella Palatina, la magnificenza di Palazzo Reale, i mosaici di Monreale, gli arabeschi spagnoleggianti dei Viceré, l’architettura basilicale di Casa Professa? Tutto questo ben di Dio, questo imponente “sommario dell’universo” è finito nelle mani sciatte e inconcludenti di Roberto..

Un sacrificio per lavare
i peccati della Regione

Ecce Homo. Ecco l’agnello da sgozzare per lavare i peccati del mondo. Il capro espiatorio si chiama Salvatore Iacolino ed è quel super burocrate della Sanità che i deputati di Fratelli d’Italia vogliono immolare sul patibolo per riscattare i peccati universali della Regione e, in particolare, le colpe del governatore Renato Schifani. Col sacrificio di Iacolino cadranno in prescrizione le omissioni, le inefficienze e le ruberie che hanno provocato gli imperdonabili ritardi del Pnrr, gli sporchi affari del turismo, i morsi devastanti della siccità e, soprattutto, i disastri di un sistema sanitario sventrato dalle incompetenze e dall’oppressione della politica. Quando rotolerà la testa del reprobo Iacolino scatterà la purificazione. E sarà festa grande per tutti i traffichini e i corrotti, travestiti da tricoteuses ai bordi della ghigliottina.

Fango su Berlusconi:
chi pagherà il conto?

La Suprema Corte di Cassazione ha affermato, in maniera categorica e definitiva, che Silvio Berlusconi non ha mai intrattenuto con la mafia nessun rapporto: né di complicità né di collusione. La sua ascesa di imprenditore e di uomo politico è stata pulita come l’aria. Bene. Ma ora come la mettiamo con quei magistrati – tutti coraggiosi – che per oltre trent’anni gli hanno attribuito le nefandezze più infamanti? E come la mettiamo con gli apparati che, sulla scia dei teoremi costruiti dentro i palazzi di giustizia, lo hanno perseguitato e infangato senza badare a spese? Sono domande che non si possono liquidare con un comodo parce sepulto. Forse è arrivato il momento che la Commissione parlamentare antimafia apra un’indagine – altrettanto coraggiosa – sull’antimafia delle vergogne: quella che ha incoraggiato,..

Cortesie per gli ospiti
dell’allegro Galvagno

L'acqua lo bagna e il vento lo asciuga. L'inchiesta giudiziaria per corruzione non ha insegnato nulla al presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno. Non è servito a rimetterlo in riga nemmeno lo sputtanamento che gli è piovuto addosso dalle intercettazioni della Guardia di Finanza sui finanziamenti maldestri ad amici, parenti e clienti. Dispiace dirlo, ma l’ex golden boy di Fratelli d’Italia continua a considerare Palazzo dei Normanni, e i milioni di euro che la Regione assegna al suo ufficio, come proprietà privata. La conferma arriva dalle cronache. Il presidente ha apparecchiato una cena per 400 soci dell’Automobil Club capeggiati da Geronimo La Russa, figlio di ‘Gnazio: cortesie tra potenti patrioti nati a Paternò. Mentre il sito dell’Ars, dove dovrebbe apparire la lista dei contributi erogati dalla presidenza, rimane fermo a luglio. In..

La cattiveria elegante
di Natalia Aspesi

"L’ultima dei cattivi". Così il Foglio ha definito Natalia Aspesi, 95 anni, al culmine di una bella intervista realizzata da Salvatore Merlo. L’inossidabile giornalista di Repubblica, ha tessuto un elogio dell’informazione che non si accoda alla moda “di pettinare ogni cosa per il verso giusto”. “Io, se ho avuto un po’ di successo nel giornalismo è stato perché ho esercitato la critica maligna”. La cattiveria di Natalia Aspesi – sempre elegante, ironica, a tratti baldanzosa – non ha mai risparmiato nessuno: né quel monumento sacro del giornalismo che rispondeva al nome di Indro Montanelli né le nuove icone del potere come le sorelle Giorgia e Arianna Meloni. La sua è la cattiveria della verità. I giornalisti che la praticano ormai si contano sulle dita di una mano. Ma per fortuna..

Falso allarme, stavolta
la sanità ha funzionato

Aveva le sembianze di un disastro sanitario, ma non lo era. Ieri, poco dopo le 14.00, una paziente di ottant’anni finisce al pronto soccorso del “Cervello” e non di Villa Sofia, come sembrava dalle prime informazioni. Ha un’emoglobina bassa e il medico di base ha disposto un’immediata trasfusione di sangue. E’ una questione di vita o di morte. Ma l’urgenza spesso deve cedere il posto alle cautele e agli accertamenti preliminari. La trasfusione necessità di una verifica approfondita sulle compatibilità. La sventurata è rimasta su una barella fino a tarda sera, quando è finalmente arrivata la prima sacca di sangue. L’operazione di pronto soccorso si è conclusa – pare felicemente – stamattina. La paziente è ancora sotto osservazione. I medici vogliono essere certi che non ci siano rischi di effetti..

Quelli degli scandali
ora tagliano le teste

Apri Repubblica e leggi che il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, sotto inchiesta per corruzione e peculato, “fa il mattatore al meeting catanese di Fratelli d’Italia”. Poi leggi il Giornale del Pagnottista e ci ritrovi Elvira Amata, altra patriota nei guai per corruzione, che furoreggia da assessore su “destagionalizzazione e delocalizzazione fondamentali per il turismo”. Il giovedì nero di Renato Schifani, stretto all’angolo dai franchi tiratori, ha rianimato i due esponenti meloniani che fino all’altro ieri sembravano, oltre che sputtanati dalle intercettazioni, anche fuori dai giochi politici. Miracoli del garantismo. La compagnia degli scandali, quella che ha dilapidato vagonate di denaro pubblico, è tornata sul ponte di comando. Fa la morale al presidente della Regione e, travestita da santa inquisizione, indica persino quali teste tagliare. Allegria.

Fratel Biagio Conte
ha fatto un miracolo

Sosteneva Pitagora che “la proprietà dei numeri è la giustizia”. Per Schifani è invece l’elasticità: le cifre scritte nei bilanci sono spiritelli che appaiono e scompaiono a secondo delle convenienze. In un video di queste ore il presidente della Regione sostiene di avere trovato cinque milioni di euro per finanziare il cinema che si produce in Sicilia. Erano nascosti tra i capitoli di spesa che l’assessorato al Turismo aveva forse sotterrato in cantina. Serviranno per il film su Biagio Conte e per evitare al governatore un’altra magra figura. Per tre volte Schifani si era impegnato a sostenere l’omaggio al “San Francesco palermitano” ma per tre volte non aveva trovato i soldi. I capoccioni di via Notarbartolo, manco a dirlo, lo avevano ingannato. Ovviamente per destinare quei milioni a una antica..

Come riempire di nulla
i vuoti di Sala d’Ercole

Lo ascolto dieci, cento, mille volte. E ogni volta è un bagno di emozioni, di incanto, di preziosa favola. Parlo dell’Intermezzo della Cavalleria Rusticana, sublime opera di Pietro Mascagni. Potete immaginare, di converso, il fastidio che mi assale quando la cronaca parlamentare mi costringe a occuparmi di un altro intermezzo: quello che la politica regionale s’inventa per occupare il tempo che intercorre tra una rissa e l’altra, tra due incursioni dei franchi tiratori o tra due bracci di ferro per la spartizione delle mance. Governo e deputati dell’Ars potrebbero dedicare quel tempo al varo di una riforma o di uno strumento di sviluppo per questa povera Sicilia. Macché. Armano invece una torilla sul voto segreto. Oppure si accapigliano sulla nomina dei deputati supplenti. Tutti strumenti che mirano a consolidare, per..

Antimafia, è l’ora
di fare chiarezza

Ora che è esploso pure il caso Piraino, forse è arrivato il momento di guardare dentro il limaccioso mondo delle antimafie opache e strumentali; dentro quegli eroismi di facciata che troppo spesso servono per nascondere ben altri affari o per rastrellare le pagnotte messe a disposizione da Palazzo d’Orleans, da consorzi ed enti di sottogoverno. Chi avrà il coraggio di strappare la maschera di quei faccendieri che predicano bene e poi razzolano nei retrobottega della politica e del potere? Potrebbe averlo, anzi lo avrà senz’altro Antonello Cracolici, solido e rigoroso presidente della Commissione regionale antimafia. C’è bisogno di chiarezza, caro onorevole. Un’indagine puntuale – senza moralismi né caccia alle streghe – farebbe bene ai partiti, anche di sinistra, e rafforzerebbe la credibilità delle istituzioni, a cominciare dalla Commissione che lei..

Gerenza

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