La scomparsa della vita notturna, predicata con toni puritani in Spagna, dove in genere si convocano le riunioni alle 8 di sera e alle 11 poi si va a cena, pare sia praticata a Londra, dove pub e ristoranti dopo le 9 e mezzo di sera o giù di lì sono diventati tendenzialmente inaccoglienti, come racconta Antonello Guerrera, qualcosa vorrà dire. Spagna e Catalogna sono il paradiso del tirare tardi. Un’altra vita e un altro modo di vivere, come realizzammo con i compagni di Torino nei mesi in cui Franco moriva, la Diagonal di Barcellona o Avenida Primo de Rivera rigurgitava di manifestazioni clandestine, noi solidarizzavamo e portavamo soldi e materiali di propaganda, e in un clima fosforescente di incipiente democrazia prima delle due o delle tre non si poteva andare a dormire. Le Ramblas non erano gentrificate, la misura dell’esistenza non era il lustro decoroso e nemmeno il semplice pulito, si passeggiava e bivaccava tra tappi e cocci di bottiglie, cervezas e travestiti con i baffi, proprio così, alla Dalí.

Capita di invecchiare a tutti, capita di andare a letto più o meno con il buio o comunque all’ora del riposo delle galline. Non è neanche male, a pensarci bene. Ed è anche vero che nella teoria dei diritti sociali ci deve essere posto anche per il benessere dei lavoratori del settore, obbligati a lunghe corvée. Ma sensualità e libertà sono legate alla scorreria notturna, alla sfida delle stelle sulla città in piena movida, e tra democrazia liberale e tirare tardi, tra istituzioni solidamente libere e struscio, forse c’è perfino un legame e non tanto superficiale.

C’è poco da fare, il disciplinamento delle città, la compartimentazione del tempo nel segno delle diverse categorie dell’utile, la rinuncia condivisa e universalmente praticata al gioco notturno leggero che inganna la pesantezza della luce del giorno lavorativo, tutto questo fu, con lo sport, la parata, l’adunata, una componente essenziale della formazione civile totalitaria, del procedere identitario e collettivo dei fascismi di vario conio e del soviettismo. Illuminismo vuol dire anche luminose, le insegne dello spettacolo e del bagordo, vuol dire che non si dorme col gregge, che la città si muove come vuole e quando vuole secondo un ritmo inafferrabile, anche un po’ molesto, vuol dire che Broadway non è una strada sonnacchiosa, inerte, è un fiume in piena. Certo, si pagano dei prezzi spesso esosi, l’ordine a notte diventa irriconoscibile a sé stesso, il comportamento deviante, qualunque cosa questo voglia dire, trova il suo umore nelle ore in cui il sole è tramontato eppure non è passata la voglia di agitarsi e vivere. Continua su ilfoglio.it