Se Lorenzo Biagiarelli e Selvaggia Lucarelli, dopo il triste episodio di Sant’Angelo Lodigiano, volessero continuare “a cercare la verità nelle cose”, in Sicilia troverebbero immense praterie su cui rotolarsi. Ma non basterebbe denunciare la monnezza per strada o l’alloggio senza energia elettrica, come un paio d’estati fa, quando l’arrivo della coppia fece trattenere il fiato ad amministratori e imprenditori un po’ sbadati. Qui servirebbe andare in fondo a questioni che sono sparite dall’agenda della politica, che interessano solo i pezzi grossi, che non beneficiano di alcun riverbero sui social. Questioni di nicchia, che ogni tanto fanno capolino sulla stampa, acchiappano dei titoli, destabilizzano una coalizione. E poi spariscono, travolte dall’oblio della quotidianità, dai comunicati stampa trionfali, dalle conferenze a senso unico.

Ad esempio: ricordate la storia della parcella d’oro che la Regione avrebbe dovuto riconoscere agli avvocati Russo e Stallone per aver difeso l’ente dall’assalto delle lobby dei termovalorizzatori? E’ un caso scoppiato più di un anno fa, dal valore intrinseco di cinque milioni, sui cui il presidente Schifani e la giunta chiesero chiarimenti. Anche perché a Pier Carmelo Russo, ex assessore della giunta Lombardo, fu assegnato un incarico ‘esterno’ dopo aver abbandonato l’attività politica, e alla fine, nonostante il contenzioso chiuso a zero, si rivolse alla Regione per vedersi riconoscere 3,5 milioni per l’attività professionale svolta (più 1,5 milioni al collega). Una cifra stabilita da una scrittura privata fra i rappresentanti legali della coppia e l’Ufficio legislativo e legale, ovviamente al ribasso.

Quando Schifani si accorse dell’anomalia, o comunque della necessità di approfondire “il percorso amministrativo intrapreso dagli Uffici”, convinse la giunta a deliberare “la richiesta di un parere al segretario generale, avvocato Maria Mattarella” per “poter effettuare un approfondito esame della vicenda”. Era il 16 dicembre 2022. Il successivo 5 maggio, però, la Regione si convinse che era il caso di liquidare la cifra senza dare ulteriori spiegazioni: si legge nel decreto a firma Paolo Luparello (dirigente responsabile dell’Area Affari generali) che “le somme da liquidare sono certe, liquide ed esigibili”, e così i due avvocati passano all’incasso. Biagiarelli e Lucarelli possono stare sereni: qui non serve neppure una telefonata di verifica. Così è, se vi pare.

Il primo anno di governo Schifani ha lasciato numerosi dubbi di carattere gestionale. Ad esempio alla Foss, la Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana, che in un futuro non troppo lontano potrebbe arruolare Beatrice Venezi nel ruolo di direttore artistico (la conferma è arrivata da un’intervista del direttore d’orchestra a Repubblica). La questione preminente riguarda l’attuale sovrintendente della Sinfonica, Andrea Peria, che non ha mai dichiarato – né al momento dell’accettazione dell’incarico né quando avrebbe dovuto chiarirne i contorni – l’insussistenza di cause di incompatibilità. Eppure la ventilata ipotesi di omissioni ha provocato lo smottamento del Cda, con le dimissioni del presidente Gaetano Cuccio. Il quale, sulla base di alcuni rilievi dei Revisori dei Conti, aveva sollecitato la politica a verificare la posizione di Peria: secondo la legge 26 del 2012, per svolgere l’incarico di sovrintendente della Foss, bisogna aver rinunciato ad altre poltrone, e Peria ne occupa più di una (compresa quella del Corecom).

Ovviamente l’assessore Amata si è defilata dal ring, così come il collega Falcone. Con un silenzio che rasenta il paradosso e forse anche il masochismo: se un domani la Corte dei Conti dirà che gli otto milioni di euro destinati all’Orchestra Sinfonica non potevano essere consegnati nelle mani di un sovrintendente incompatibile, l’eventuale contestazione di un danno erariale ricadrà sulle spalle dei due assessori. Ma tant’è. E Schifani? Neanche a parlarne: il governatore è un assiduo frequentatore del Politeama, e Peria è stato suo consulente durante la campagna elettorale. Fa parte del suo feudo.

Così come Gaetano Armao, che nonostante i guai combinati durante le sessioni finanziarie degli anni scorsi, sottolineati a più riprese dalla Corte dei Conti, è tornato nell’alveo di Palazzo d’Orleans come consulente per le questioni e i fondi extraregionali. Per un incarico da 60 mila euro l’anno (che si sommano a un altro incarico: quello di presidente della Cts, l’organismo che rilascia le valutazioni ambientali). Perché Biagiarelli e Lucarelli non fanno debunking per ripristinare la verità dei fatti e far emergere i (de)meriti di Armao che, nonostante il tradimento alla vigilia delle ultime elezioni (quando si candidò alla presidenza sotto le insegne di Renzi e Calenda), è rientrato nel cerchio dei potenti vicini a Forza Italia? E no, non è una fake news. L’ex vice di Musumeci è tornato a frequentare attivamente i palazzi della Regione, è tra i consiglieri più fidati del presidente, una sorta di scudiero ad honorem.

Fra i numerosi misteri che andrebbero svelati sul primo anno di governo, uno riguarda SeeSicily: si erano mossi i Cinque Stelle, la Commissione europea, la Procura di Palermo e la Procura della Corte dei Conti per capire come l’assessorato al Turismo avesse speso questi famigerati fondi. Che da un lato avrebbero dovuto garantire un ristoro post-Covid agli albergatori, e dall’altro sono diventati oggetto di campagne di comunicazione senza scrupoli. E invece, a distanza di mesi dalle inchieste, tutto sembra essersi arenato. Non una parola, tanto meno un’ammissione di responsabilità. Attorno al Balilla, diventato nel frattempo vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, è calato il silenzio; Musumeci continua a ribadire la bontà delle sue scelte in materia di turismo; Schifani e Amata vorrebbero proseguirne l’opera, anche se con strumenti diversi. Ma quei 70 milioni come sono stati spesi? Secondo quale logica e quale criterio? Appurare la verità non è semplice quanto giudicare un ballo o scolare una carbonara, ma un tentativo andrebbe fatto.

Se ai nostri eroi dovesse rimanere qualche minuto, potrebbero dedicarlo inoltre a spulciare le denunce di Schifani all’Antitrust per esaminare il presunto cartello tra Ita e Ryanair (una perdita di tempo); o le numerose interrogazioni sulla Sanità cui l’assessore Volo non è riuscita a rispondere, suscitando l’imbarazzo di Sala d’Ercole; o carpire la ratio che c’è dietro la trasformazione dell’ufficio del cerimoniale in un vero e proprio dipartimento, dove il futuro dirigente – probabilmente la stessa persona che dirige l’ufficio – guadagnerà 30 mila euro in più. O, perché no, Lorenzo e Selvaggia potrebbero dedicare qualche istante del loro prezioso tempo ad analizzare i cantieri della Palermo-Catania, di cui Schifani è commissario da ottobre senza risolvere nulla. Solo l’altro ieri, con enfasi, il capo del governo ha annunciato la nomina di due sub commissari perché “abbiamo necessità di accelerare per recuperare il tempo perduto e risolvere così un enorme problema che pesa come un macigno nel collegamento tra le due aree metropolitane della Sicilia”. Ma questi (primi) tre mesi a cosa sono serviti?

Insomma, alla Sicilia servirebbero due cercatori d’oro e di verità. Forse più di due. L’unico che ci aveva provato, tale Gianluca Inzerillo, è stato ribattezzato la “pecora nera”. Il capogruppo di Forza Italia al Consiglio comunale di Palermo, con una istanza di accesso agli atti, voleva capire come il sindaco e l’assessore al ramo avessero speso i soldi per il veglione di Capodanno (quasi mezzo milione di euro). Il tentativo ha generato un cortocircuito con Fratelli d’Italia e la fustigazione, per lesa maestà, da parte del commissario regionale di FI, Marcello Caruso: vade retro, Gianluca. Il consigliere è tornato all’ovile, Selvaggia e Lorenzo sarebbero andati oltre. Se volessero, ecco il primo argomento da sviscerare: davvero il concerto di Elodie valeva 456 mila euro?