Cesa per il bis di Musumeci: c’è un sospetto da fugare

Il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa

Leggo che si è fatto vivo in Sicilia un fantasma della politica: quel Lorenzo Cesa che è leader (ma sì, abbondiamo) dell’Udc, un partito che alle elezioni amministrative di Palermo non ha superato la soglia minima del 5 per cento ed è rimasto quindi fuori dal consiglio comunale. L’altro ieri, a Modica, il grande statista (abbondiamo, abbondiamo) ha dichiarato solennemente di essere favorevole alla ricandidatura e alla rielezione di Nello Musumeci alla presidenza della Regione.

Ovviamente non ha spiegato i motivi. Ma qualcosa si può già intuire. Dentro la giunta presieduta da Musumeci, e precisamente nella stanza del Bullo, sopravvive un cucchiaio di tutte le minestre che certi politici, in concorso esterno con avventurieri di nuova generazione, cucinano, da quattro anni a questa parte, con un ritmo sempre più avido e più spregiudicato. Quel cucchiaio è un uomo in carne ossa; è un intermediario di affari, già noto alle cronache giudiziarie perché nel 2004, mentre era – manco a dirlo – “mandatario elettorale” di Lorenzo Cesa, finì nelle maglie di un processo per finanziamento illecito ai partiti: un giochino di centomila euro. I dettagli, per gli appassionati del genere, si possono facilmente trovare, cliccando su Google, in una puntuale ricostruzione pubblicata dal Fatto Quotidiano il 27 marzo del 2014.

Lorenzo Cesa, scritto nel registro degli indagati dall’ex pm Luigi De Magistris, nel 2010 fu interrogato dal gip di Roma e prosciolto da tutte le accuse: è risultato innocente, limpido, cristallino. Ma il suo vecchio “mandatario elettorale” non sembra avere perso il gusto per gli affari. Vive e sopravvive nella stanza del Bullo, tra i corridoi di Palazzo d’Orleans. Da lì segue, con particolare sensibilità, i percorsi più avventurosi che il suo nuovo dante causa decide di intraprendere. Sarebbe stato lui, per esempio, il regista occulto dell’ultimo scandalo maturato all’interno dell’Ente Minerario, un carrozzone immondo che avrebbe dovuto essere chiuso e liquidato ventitré anni fa e che invece viene ancora utilizzato dal Bullo, e dalla sua corte, come palestra per i giochi proibiti della politica.

L’intermediario – proprio lui, quello che fu nel 2004 “mandatario elettorale” di Cesa – è entrato in questi ultimi quattro anni nelle partite più delicate della Regione. Non solo nell’azzardo di venti milioni che l’Ente Minerario ha deciso di giocare tra Palermo e Londra, ma anche in circuiti ancora più intriganti come quello, strettamente finanziario, che sovrintende alla proprietà e all’amministrazione dell’Hotel des Palmes.

Lui, l’intermediario d’affari, si presenta negli uffici di Roma e anche agli imprenditori – a quelli più disponibili alla concretezza, va da sé – come l’uomo di fiducia del Bullo. Fino all’altro ieri era difficile capire se Musumeci avesse contezza della sua presenza negli uffici della Regione: ma il Governatore, in questi ultimi giorni, ha preso in mano le carte e un’idea comunque se la sarà fatta. Ed è altrettanto difficile capire se Lorenzo Cesa abbia mantenuto, con il suo ex collaboratore, un rapporto di fiducia anche dopo la chiusura del procedimento giudiziario avviato da De Magistris. Ora, tuttavia, sembra essere arrivato il momento della verità. O dell’autodafé. Soprattutto per Cesa: spetta a lui fugare l’odioso sospetto che l’appoggio dell’Udc a Musumeci sia in qualche modo collegato alla presenza e all’opera del suo ex “mandatario elettorale” tra i corridoi e le segrete stanze di Palazzo d’Orleans.

Giuseppe Maria Del Basto :

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