Una chiacchierata nella sala d’attesa di un medico. La chiamerò “Anna”. Anna entra ed esce da anni dai centri di recupero per alcolisti. È sposata ha due figli e una vita agiata. -Ti infastidisce se pubblico ciò che ci diciamo?-
“Io non ho voce da qui dentro, quindi se me la dai sono contenta”.

-Sai individuare il punto dove è iniziato tutto?-
“No, mi sentivo senza forze per affrontare la mia vita quotidiana per sorridere a questo mondo che ti mastica quello sì… ma non so dire di più. Bevevo, non avevo voglia di nulla ma fingevo, cercavo di fare in modo che non si vedesse e sono sempre stata bravissima. In realtà Io avevo voglia di una vita sana ma nessuno me la dava. Dicono che che le cose le devi trovare dentro di te bla bla… Ma io volevo con prepotenza che qualcosa mi venisse offerto dal prossimo, da mio marito dai miei figli dagli amici… dal lavoro”.

-Cosa vorresti dal resto del mondo?-
“Che capissero che la differenza fra me e loro è solo che io ho dato voce alla bestia che ho dentro loro la tengono a bada non commettono atti manifestatamente “bestiali” ma li tengono dentro. Ci sono mille forme di negazione della tua vita quotidiana sai? Tu li vedi sempre tronfi di soddisfazione nelle loro piccole vite misurate e scenografiche non lo capisci, non si vede, ma ognuno di loro nega un pezzetto sgradito della propria esistenza con qualche dipendenza più o meno dannosa. E comunque qualunque cane se tenuto sempre in casa in salotto diventerà un “cane da salotto”… Io ero un cane da salotto. Ma ogni essere umano sottoposto alle giuste sollecitazioni può diventare il peggiore degli assassini, ma loro pensano che non sia così. Ci chiamano “i perdenti” “persone ai margini”, ma io sento che ho vinto. Ho vinto a mio modo sul mio dolore, sulla mia solitudine, sulla vita che non volevo fare. Sono uscita da un tunnel come meglio sapevo fare”.

-Ma ora stai male come fai a dire di aver vinto?-
“Ho vinto. Sono viva con me stessa, con l’alcool che mi da ebbrezza e gioie che non avevo nella vita da lucida. Dio, ho cose magnifiche quando bevo e mi sta bene così. Tutti si muore per qualcosa, per una malattia, un incidente. So che l’alcool mi ucciderà, ma avrò il tempo di capirlo, di mettere a posto le mie cose. Berrò tanto quando sentirò che me ne sto andando perché voglio andar via con l’amico migliore che ho avuto accanto. Fedele e devoto. Fino ad allora sarò una naufraga che galleggia”.

-E i tuoi figli cosa pensano?-
“Ecco questo mi fa soffrire un po’… Mi vedono come una persona inutile. Inutile nel vero senso della parola. Quando hanno bisogno di qualcosa e io non posso offrirgliela sia materialmente che emotivamente, scrollano le spalle con indifferenza si girano e vanno a procurarsela in altro modo. Non mi guardano. Loro sono il mio punto debole perché sento che avrei fisicamente bisogno di un loro abbraccio e non l’ho mai. Sto male per questo ma loro non lo devono capire assolutamente, grazie a Dio non vedono ciò che faccio. Ma forse non sono nell’età per farlo, sono nell’età dell’egoismo non hanno emozioni adulte ancora. Credo…”.

-E Dio c’è in questa tua vita?-
“Entra ed esce. Ogni tanto ci facciamo un bicchiere insieme”.

-Perché dici che ti sei data aiuto come potevi ma non è servito?-
“Io ho provato diverse strade, e leggevo pure, leggevo tutto quello che mi davano da leggere. Sull’autostima sulla forza per uscire dai tunnel sui “siamo tutti con te”. “Tifiamo per te”. Ma in realtà sono tutte colonne sonore di un bel film che è solo un film perché nella realtà non ne esci mai. Sai perché? Perché non ne vuoi uscire. È semplice ma ti giuro che gli altri non lo capiscono. Perché, sarà follia, ma io mi sento messa meglio di loro. Gli umani retti e normali e so che non ne voglio uscire. L’altro giorno una persona raccontava che le farmacie sono piene di gente in fila che sta male e compra antidepressivi e ansiolitici. “C’è tanta gente che sta male”. No cavolo no! Non c’è tanta gente che sta male! C’è tanta gente che NON PUÒ STARE MALE! La gente non può avere il tempo per stare male. Non se lo può prendere. Non è suo il tempo, è di qualcun altro e quindi se non sta al passo prende medicine perché semplicemente non può star male. Punto. E io invece sì. Sto male li guardo dalla finestra e mi sento messa meglio di loro. Non fanno altro che dirti di non arrenderti. Ma arrendersi è bellissimo, vivo non vivendo in una pace che voi non conoscete neanche”.

-Ma se ti dicessi che le tue sono finte sicurezze e che la vita là fuori può essere diversa da così e può essere meglio?-
Lei si ferma e si guarda le mani. Non mi guarda più. “E se ti dicessi che “naufragar m’ è dolce in questo mare”, tu, mi salveresti? Lasciami. Il mio futuro è la mia dolcissima illusione”.

-Grazie Anna-