Lei non conferma. Anzi, non risponde proprio. Né ai cronisti che la chiamano per una verifica, né ai colleghi di partito che la cercano per capire se quelle voci, quelle indiscrezioni sempre più insistenti, siano fondate. Insomma la notizia ha ancora i crismi dell’ufficiosità, ma c’è un motivo se in Forza Italia già sorridono: “Eh sì”. Dunque sì, parebbe proprio di sì: Caterina Chinnici sta per lasciare il Pd, per approdare alla corte del Cav.

Il che avrebbe del clamoroso, per l’eurodeputata che appena sette mesi fa correva come candidata presidente della Sicilia per il centrosinistra. Eppure, i rumors sono convergenti. Si rincorrono da giorni, in effetti, attraversano la truppa del Pd a Bruxelles almeno da due settimane, da quando cioè, dopo aver organizzato al Parlamento europeo un convegno in memoria del padre Rocco, il capo del pool antimafia di Palermo ucciso da Cosa Nostra nel 1983, le comunicazioni di Chinnici col resto della comitiva dem si sono quasi del tutto interrotte. Qualcuno ha indagato, ha chiesto in giro. “Ma Caterina?”. “Ma come, non lo sai?”. Oggi, poi, è stato Matteo Renzi a dare nuova consistenza al pettegolezzo. “Nel Pd ci saranno altre fuoriuscite, e non tutte in direzione Italia viva”, ha detto l’ex premier, mentre presentava il nuovo arrivato in Senato, Enrico Borghi. “Vi invito a guardare cosa sta succedendo nel gruppo europeo del Pd”. A quel punto, anche da FI sono arrivati riscontri. “Sì, è questione di giorni”.

Dopo l’arrivo di Cancelleri, continua quindi la campagna acquisti di Forza Italia. Che potrebbe passare anche da un ritorno eccellente: quello di Gaetano Armao. La trasferta a Cinisi per sentire il racconto del prof. Salvo Vitale a proposito di Peppino Impastato, non è stato l’unico appuntamento di ieri sull’agenda dell’ex vicepresidente della Regione. Il quale ha prima accompagnato Carlo Calenda (& family) per ascoltare gli aneddoti sulla vita del giornalista ammazzato da Cosa Nostra, poi ha ripiegato su Palermo, a palazzo d’Orleans per la precisione. Dove, stando ad alcuni spifferi di corridoio, avrebbe incontrato verso l’ora di pranzo il capo di gabinetto del presidente Schifani, cioè Salvatore Sammartano.

I motivi del faccia a faccia non sono noti. Possiamo soltanto immaginarli. Ma i puntini, man mano, vanno unendosi. Fermo restando che per la Legge Madia, l’ex vice di Musumeci non ha diritto (è passato troppo poco dalla conclusione del precedente mandato) a incarichi di sottogoverno, restano in piedi numerose strade. Alcune, perché no, attinenti alla materia prediletta dell’ex forzista: il Bilancio. Resta un dato di fondo: che le tensioni della campagna elettorale con l’attuale governatore sono svanite; che la stima fra i due è sempre stata forte; che nessuno, a partire da Schifani, ha mai escluso un riavvicinamento dopo il disastroso esperimento del Terzo polo. L’aperturismo di Forza Italia, capace di accogliere un nemico giurato come Cancelleri, ha creato un precedente. Potrebbero approfittarne in tanti.