Patrizio Cinque è uno dei tanti sindaci della galassia a Cinque Stelle che non supera la prova del nove, quella del governo. Fa la fine di Federico Piccitto, per dirne uno, che dopo un quinquennio alla guida di Ragusa, venne scalzato dai meetup cittadini e rinunciò al secondo mandato. O come Domenico Messinese, il sindaco di Gela che il Movimento cacciò dopo a sei mesi dall’elezione e che ha finito la sua corsa sfiduciato dal Consiglio. Anche Cinque, qualche mese fa, ha ricevuto una mozione di sfiducia alla quale è sopravvissuto (la firmarono anche tre consiglieri eletti sol M5S e poi migrati altrove). Ma il suo è un nome che ha diviso: a partire dall’inchiesta in cui è piombato a febbraio 2018. Le accuse a suo carico furono turbativa d’asta, falso, abuso d’ufficio, rivelazione di segreto d’ufficio (nota la telefonata al cognato la cui abitazione era ritenuta abusiva) e omissione di dati d’ufficio. In seguito al rinvio a giudizio, Cinque ebbe l’accortezza di sospendersi dal Movimento, e da quel momento Di Maio ne prese le distanze in modo netto. Qualche mese fa il sindaco è tornato sulle cronache nazionali per aver acquistato, assieme a una collega di partito alla Camera, un ecomostro abusivo a Bagheria: avrebbe voluto trasformarlo in un residence di lusso. Potrà farlo da privato cittadino, se ci riuscirà. Da sindaco no, non è più aria.