Alessio Villarosa

Trentasei parlamentari, fra cui la catanese Simona Suriano (ieri), sono stati espulsi dal Movimento 5 Stelle in seguito al mancato voto di fiducia al governo Draghi. Un passaggio che ha rappresentato il definitivo smottamento dei grillini. A tutti i “ribelli” – tra cui alcuni esponenti storici come Morra e la Lezzi – è stata ratificata l’espulsione dal gruppo parlamentare e, in seguito, dal partito. La Suriano, forse per togliersi d’imbarazzo, non era a Montecitorio al momento della fiducia. La sua, però, era un’assenza ingiustificata. Da qui la decisione di farla fuori: “Sono scioccata – ha detto ieri all’Adnkronos –. Secondo me l’espulsione è esagerata, io ho sempre chiesto il dialogo, un confronto. Ma si preferisce epurare”. Un’altra vittima eccellente, prima di lei, era stata un’altra catanese: Laura Paxia. Che nel giorno di Draghi si era astenuta. Come l’ex sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, che s’è visto recapitare la letterina d’addio: “Conoscevo le conseguenze del mio comportamento – ha detto il deputato, di origini messinesi – ma con un’astensione, avendo fatto tutti i passi necessari per chiedere una nuova votazione su Rousseau, non pensavo che sarei stato espulso”.

Beppe Grillo, che nel frattempo ha inaugurato il corso Conte al termine di una riunione segretissima all’Hotel Forum, a Roma, potrebbe essere clemente con alcuni di loro, annullando l’espulsione: sarebbe una decisione mai vista nella storia del MoVimento. E un modo per riavvicinare l’ex direttore sanitario del Civico di Palermo, Giorgio Trizzino, che questa mattina ha ridimensionato alcune interpretazioni stampa, che lo volevano fuori dai Cinque Stelle a seguito dalla mancata nomina a sottosegretario, una posizione legittimamente ambiva: “In nessun passaggio ho mai dichiarato o preannunciato l’abbandono del Movimento grazie al quale sono stato eletto – ha chiarito il medico palermitano -. Ho posto degli interrogativi volti a chiarire quali debbano essere i presupposti per la permanenza e quali gli obiettivi da raggiungere ulteriormente grazie alla eventuale adesione del Presidente Conte al progetto di rilancio del Movimento. Ogni diversa conclusione non corrisponde né a quanto ho scritto né soprattutto a quanto penso”.

Qualche spunto di particolare interesse aveva tratto in inganno gli addetti ai lavori. Come il passaggio in cui parla della nascita del governo Draghi, in cui è stata “azzerata la presenza di Ministri siciliani”, ma soprattutto mortificata la competenza con la “scelta politicamente discutibile dei sottosegretari, prediligendo le apparizioni televisive di taluni ormai diventati animali da palcoscenico”. “E tutto questo – spiegava Trizzino – con la piena acquiescenza masochistica di un Movimento 5 Stelle acefalo, rinunciatario, privo di identità e punitivo nei confronti dei dissidenti che chiedono coerenza e fedeltà ai valori fondanti. Mi chiedo e mi rivolgo agli elettori dei quali non voglio tradire la fiducia: è ancora possibile ed utile restare nel Movimento a queste condizioni? O è necessario combattere dall’interno per un radicale cambiamento che premi lealtà, competenza, dibattito ed espella da sé capi e capetti sensibili solo alla conservazione delle poltrone ed insensibili a dar spazio e riconoscimenti a chi quotidianamente si dedica a perseguire gli interessi degli elettori pur lontano dai cerchi magici e dalle mediocri consorterie del circoscritto potere interno? Sono deluso io, ma è ancor più delusa la gente”. Ma non a tal punto da cambiare aria. Non adesso.

Nell’arco di questa legislatura, fra Camera e Senato, si erano già altri illustri rappresentanti siciliani. Tiziana Drago aveva lasciato autonomamente, Santi Cappellani se n’era andato il giorno prima di essere cacciato, Michele Giarrusso è stato messo alla porta per una questione di rimborsi.

Nel frattempo anche i 5 Stelle di stanza all’Ars non fanno nulla per il proprio malumore. Dopo aver visto la squadra dei ministri di Mario Draghi, si erano esposti pubblicamente per consigliare ai colleghi romani di non votare la fiducia. Ancora oggi rimpiangono Conte e maledicono il momento in cui Di Maio è sceso a patti con la Lega e persino con Forza Italia. Hanno già conosciuto una frattura, tempo fa, quando cinque ribelli si staccarono dando vita ad Attiva Sicilia, garantendo una stampella a Musumeci nei momenti del bisogno. Non la presero bene e continuano a mugugnare tuttora. Ma restano nel MoVimento che li ha fatti sognare fino – quasi – a farli vergognare.