Sarà Claudio Gioè, palermitano doc, a tenere insieme i fili di “Passeggeri notturni”, la fiction ispirata al libro dell’ex magistrato e politico Gianrico Carofiglio, che si riadatta alla tv nonostante la sua formula diversa, innovativa e persino un po’ strana. Allo stato dell’arte, nella materia scritta, si tratta di trenta racconti brevi, ognuno limitato a tre pagine. Che sul piccolo schermo saranno dieci episodi di un quarto d’ora, molto eterogenei fra di loro ma con un filo orizzontale che li lega. E Gioè, che interpreta il protagonista delle varie storie: un conduttore cinematografico la cui vita è cambiata dall’incontro con una donna misteriosa. La scoperta dell’enigma principale è quella attorno a cui si snoda la narrazione in tutto il suo percorso.

Un esperimento nuovo per la tv, queste piccole storie cui la brevità conferisce un tono di prestigio e ricercatezza. La serie verrà prodotta da Anele e Rai Fiction, e potrebbe cambiare nome rispetto al titolo del libro di Carofiglio. Claudio Gioè, per tutti il Totò Riina del “Capo dei Capi” (“Resto sempre l’attore dei personaggi da mafioso, anche se ho fatto solo quello” diceva nel corso di un’intervista a Tv Sorrisi e Canzoni), è il vero trascinatore di questo esperimento che veleggia fra il thriller e il noir.

Classe ’75, si tratta di un attore che la critica “addita” come personaggio di mafia: ha ragione Gioè a lamentarsi, ma anche il pubblico a identificarlo in quel modo. Non perché sembra Riina, ma perché quella interpretazione, profonda e dannatamente realistica, ne ha segnato l’immaginario. Un pezzo di bravura che diventa una condanna. Anche se Claudio si è distinto bene e altrove, rimbalzando ad esempio dal ruolo di anti-eroe a quello di eroe, quando dal 2009 prende parte a “Squadra Antimafia” nelle vesti del vice-questore Ivan De Meo. Non che stare dalla parte giusta della barricata tolga sprint alla sua interpretazione. Tutt’altro.

Fra gli impegni più recenti di Gioè c’è “La Mafia uccide solo d’estate”, la serie ispirata al film dell’ex Iena Pif in cui l’attore palermitano è il giornalista amico del protagonista. Una serie in cui si tenta strenuamente di mettere in ridicolo i boss mafiosi. E “Sotto Copertura” in cui veste i panni del commissario Michele Romano, ispirato a Vittorio Pisani. Gioè ha vissuto da dentro gli anni delle stragi mafiose, in occasione di via D’Amelio si trovava in spiaggia a Mondello e il botto si sentì anche da lì: “Le bombe e quei fatti eclatanti ci aprirono gli occhi su che cosa era davvero la mafia”.

“Ho partecipato a qualche manifestazione – ricordava Gioè -. Ma ero troppo giovane, pieno di sogni. Avevo deciso di andare a Roma a studiare recitazione. L’indignazione vera è arrivata anni dopo, quando sono tornato a Palermo con l’intenzione di lavorare a teatro e ho capito quanto fosse faticoso fare cultura in una città annichilita dalle guerre di mafia”. Ha fatto la spola fra le due città, non ha ancora scelto ufficialmente quale è casa. La sua vera casa è il piccolo schermo, nel tentativo disperato di crearsi una versione distante dal capo dei corleonesi: “Quando è morto Riina mi hanno chiamato tutti i giornali ma non ho risposto a nessuno. Io in quella serie non ho fatto un monumento a Riina, quella fiction non aggiunge e non toglie nulla alla verità, all’efferatezza sua e dei corleonesi. E ha avuto il coraggio di parlare di trattativa Stato-mafia, così come è emersa in seguito dai processi”.