E’ passato quasi un anno dal giorno in cui Roberto Lagalla è diventato sindaco di Palermo e riesce veramente difficile pensare che in tutto questo tempo non abbia mai percorso a piedi via Maqueda, il cuore del centro storico consacrato, dal suo predecessore, al Dio Pedone. Uno spettacolo disgustoso, un odore di fritto insopportabile, un suk tra i più lerci, uno spazio monumentale sottoposto ad ogni sfregio, una enclave senza legge per clandestini e bancarellari, un’invasione senza regole di sedie e tavolini, un’offesa a chiunque si avventuri a camminare lungo quella strada credendo di trovarsi in una società civile. Altro che rigenerazione urbana. La Palermo di via Maqueda – con la sua storia, le sue chiese, i suoi palazzi, i suoi irripetibili quattro canti – non esiste più. Una classe politica colpevole e distratta ha calpestato il suo decoro e la sua dignità.

Mi tornano in mente le parole lucide e inossidabili di Giuliana Saladino e del suo “Romanzo Civile”. Lei abitava lì, da una vita. Conosceva ogni, strada, ogni vicolo, ogni respiro marcio di quelle case. Al punto che non voleva più uscire. Perché sapeva a memoria ciò che avrebbe visto: “le due sorelle dementi che gridano e ciabattano, le facce giovani e ribalde degli scippatori, fermi ma scattanti all’imbocco dei vicoli, i marciapiedi sconquassati, i tunisini in cerca di locanda e di fronte alla mia casa, nel palazzo dove Emma Salvo di Pietraganzili declamava Goethe in tedesco, le puttane che arringano e chiamano i passanti, sporgendosi dal balcone drappeggiato, come tutti gli altri dalla striscia di tela che serve a celare le gambe, detta “gelosia”. Avrei visto il fornaio asmatico, il tabaccaio ingrugnito, il negozio di strumenti musicali rimasto come un fossile nella pietra e se proprio c’era una novità da registrare poteva trattarsi di una poltrona sfondata, di un materasso incredibile, di una cucina inservibile poggiati sul letamaio dell’angolo in attesa dell’amatore che arriva, dategli tempo che arriva”.

Questo ritratto, rovente e malinconico, di via Maqueda e dintorni risale al 2000, anno in cui è stato pubblicato per la prima volta “Romanzo civile”. Non poteva di certo immaginare Giuliana che ventitre anni dopo quella strada appassita e slabbrata di Palermo sarebbe diventata una immensa, tracimante friggitoria. Puzzolente e stomachevole, senz’anima e senza storia.

Ma è mai possibile che Roberto Lagalla e, con lui, tutti gli altri uomini di cultura e buon gusto che amministrano il Comune, non abbiano mai fatto una riflessione sul destino di via Maqueda? Mi rifiuto di credere che Carolina Varchi, Maurizio Carta, Giampiero Cannella possano consentire una devastazione così violenta e sfrontata di una ricchezza che appartiene a tutti.