Quando in un articolo di legge, in un disegno di legge, in una delibera o in un decreto notate la parola “comunicazione”, alzate il livello di guardia: dietro quella parola si nasconde una mangiatoia della quale alcuni assessori regionali si servono per foraggiare pagnottisti, avventurieri, servi sciocchi, speculatori. Per arruffianarsi giornali e giornaletti, gruppi editoriali e intellettuali, o sedicenti tali, che non vedono l’ora di trovare un padrone di fronte al quale scappellarsi. Ricordate le grandi imposture di SeeSicily? Il progetto faraonico dell’assessorato al Turismo doveva dare slancio all’economia dell’Isola, doveva incrementare le presenze e offrire garanzie agli albergatori in un periodo nero come quello del Covid. Ma quasi tutti i soldi, oltre ventitré milioni di euro, se ne sono andati in “comunicazione”. Sono finiti cioè nelle casse di Mediaset, della Rai e del gruppo Cairo, quello del Corriere della Sera e di Rcs Sport, l’impero in rosa al quale fa capo il Giro d’Italia e tutti gli altri Giri creati per allietare le popolazioni e macinare carrettate di finanziamenti.

Ora le truffe e i trucchi sono venuti fuori. La Guardia di Finanza ha sequestrato un mare di documenti; si è attivata la Procura della Repubblica e anche la Procura della Corte dei Conti, ma in attesa che la giustizia – lenta, lentissima – faccia il suo corso i lupi che pascolano nel campo largo della comunicazione perdono il pelo ma non il vizio. E deliberano nuovi fondi. Perché credono che la spartizione delle risorse ai pagnottisti, ai leccaculisti, ai giornali e ai gruppi editoriali finisca per agevolare la loro ascesa politica. Se tu lucidi, con i soldi della Regione, i bilanci di Mediaset poi i dirigenti di quel gruppo ti invitano nei talk-show e tu, che eri un rozzo e grezzo picchiatore di provincia, cominci a sentirti non dico uno statista ma un dirigente nazionale pronto a ricoprire alti incarichi nel partito, nei gruppi parlamentari, nel governo della Repubblica. Certo i tuoi “impicci” – lei li chiama così – possono anche impensierire Giorgia Meloni, ma nello stato maggiore dei patrioti troverai comunque un complice disposto a coprirti le spalle.

Il dettaglio del tornaconto politico serve a spiegare perché accanto ad ogni manifestazione finanziata dalla Regione – dal jazz alla lirica, dal festival lussureggiante di Taormina a quello della più scalcagnata area archeologica – l’assessore delibera sempre una somma aggiuntiva destinata alla comunicazione: una prateria destinata al pascolo abusivo di piccoli e grandi marpioni. Ci ritrovi il piccolo ma spocchioso pagnottista di Capaci che, per propagandare il mega festival jazz, incassa nel volgere di una settimana, oltre sessantamila euro (ma si disobbliga organizzando la campagna elettorale di Schifani o di Lagalla). Ci ritrovi il leccaculista bilaterale: un colpo a Micciché e un colpo a Schifani. E ci ritrovi il grande avventuriero lussemburghese che, per scavalcare la gara d’appalto, finge di avere un’esclusiva, con il festival di Cannes, che invece non ha.

Da quando gli scandali esplodono con la frequenza dei mortaretti per il festino di Santa Rosalia, lo smarrito Schifani ha alzato l’ingegno e ha detto che le spese per la comunicazione non potranno più essere decise dai singoli assessori ma dovranno passare dalla giunta di governo e ricevere un via libera collegiale. Un modo come un altro per accentrare su di sé anche questo potere. Teoricamente potrebbe essere un sistema utile a garantire legalità e trasparenza. Ma potrebbe anche nascondere un rischio: che Schifani voglia essere lui il Re Magio che porta i milioni della Regione a Mediaset o a Cairo. Cioè: la mangiatoia dei grandi gruppi continuerà; cambierà solo la mano che l’apparecchia.