Aveva provato Di Pietro (in quanto ministro del governo Prodi) a chiuderlo il CAS, ma niente, non c’era riuscito. Prima il Tar e poi il CGA (che a noi ci piace assai dare nomi diversi alle cose uguali, Consiglio di Stato era banale, come banale è “consigliere regionale”, vuoi mettere “onorevole”?) avevano sventato l’attentato dell’uomo di Montenero di Bisaccia all’autonomia siciliana.

Ora ci riprova l’unico pizzo che piace ai siciliani. L’automutilazione non conta come attentato e quindi “nuntio vobis gaudium magnum”: entro l’anno il CAS chiude, fine della gestione regionale delle autostrade.
Musumeci ci rivela che alle autostrade siciliane “è interessata l’ANAS”, che quanto a ponti crollati non ha nulla da invidiare a Benetton.

Ad ogni modo, siccome peggio di come stanno le autostrade siciliane non possono stare (Iddio ci conservi almeno integri i viadotti della Catania-Palermo e della Messina Palermo) se il Presidente riuscisse ad abolirlo davvero il CAS, un certo miglioramento potrebbe innescarsi.

Perché il CAS è uno degli esempi in cui le cose a livello nazionale già non vanno bene ma noi siciliani – con questa supercazzola dell’autonomia – riusciamo a farle andare peggio. Nato nel ’97 da una fusione di mini-cas precedenti e che vede fra i soci una ammucchiata di Regione, Provincie buonanime, Comuni a sorteggio, Camere di Commercio a gogo e ASI quanto basta, eppure il Consorzio per le autostrade Siciliane ha avuto un abbrivio promettente. In meno di 10 anni ha completato la superincompiuta Messina-Palermo e incompiuta bis Catania-Siracusa. Erano i tempi di Berlusconi, della legge obiettivo, dei soldi per le opere pubbliche, di Miccichè e della Prestigiacomo che tagliavano nastri e stampavano sorrisi. Erano.

Poi vennero gli anni bui che sono ancora bui, talmente bui che “il pizzo” di cui sopra, approfittando del “sentiment” popolare antiautostradale (e forse temendo che a prima sciagura sulle autostrade siciliane se la pigliassero con lui) ha deciso il game over. Cioè l’ha annunciato.

E come dargli torto. Le autostrade siciliane in questo momento sono poco più di piste del west con i rovi che rotolano fra la polvere. L’incompiuta ter, la Siracusa Gela è bloccata a Rosolini e nel tratto Cassibile-Rosolini stanno pensando di farci, usando come punti per i cronometraggi i caselli realizzati e mai attivati, qualche gara per fuoristrada, che so “il Rally del CAS”, tanto sconnesso è l’asfalto, tanto rigogliosa la jungla che sta prendendo possesso della sede stradale. Ok, mica è colpa del CAS se questa estate piove ogni giorno in Sicilia e gli incendi non risolvono come ogni anno l’annoso problema delle aiuole autostradali, tuttavia alla fine il presidente, che un po’ ste cose ce le ha nel Dna politico, ha annunciato “l’ora delle decisioni irrevocabili”.

Ed è probabilmente di un grottesco involontario che “il pizzo” abbia indicato l’Anas come prossimo interlocutore.
L’Anas s’è appena fusa con Ferrovie dello Stato, forse l’ente che più di tutti gli altri ha mostrato di strafottersene della Sicilia, dove per andare da Catania a Palermo in treno ci si mettono minimo tre ore e mezza, cioè tre volte e mezzo il tempo che si impiega da Roma a Napoli che distano anche un po’ di più. Più del tempo di un Roma-Milano che sono 600 km invece di 200.

Ma questa è demagogia, cosa da farsi un selfie con un vicepresidente del consiglio a piacere. Guardiamo l’aspetto positivo: entro fine anno avremo la fine del CAS.