Per rispondere alla prima interrogazione dell’on. Nello Dipasquale, in cui il deputato regionale del Partito Democratico ha chiesto di “conoscere i risultati raggiunti e le spese effettuate per l’attuazione del piano regionale di contenimento e contrasto dell’emergenza da Coronavirus”, il soggetto attuatore nominato da Musumeci, l’ing. Tuccio D’Urso, ha replicato che, per avere tutte le spiegazioni del caso (compresi “i pagamenti effettuati”) sarebbe bastato collegarsi a un sito internet dedicato (www.potenziamentoreteospedaliera.sicilia.it). Il Pd l’ha fatto, e, nel giro di qualche giorno, ha portato a galla una verità non ancora consolidata, ma che necessita di una risposta puntuale, e magari approfondita: “Il presidente della Regione Nello Musumeci – obiettano il capogruppo all’Ars Giuseppe Lupo e i suoi colleghi –  nella qualità di ‘soggetto attuatore degli interventi per l’emergenza Covid’ ha assegnato ‘irregolarmente’, tramite l’ingegnere Tuccio D’Urso che ha nominato quale suo delegato, un totale di ben 287 incarichi diretti e fiduciari a liberi professionisti e società”.

“Irregolarmente” è la parola chiave: i parlamentari dem, infatti, sostengono che “per procedere ad affidamenti diretti senza evidenza pubblica, ciascun incarico non dovrebbe superare il tetto di 75 mila euro, ma in realtà nei diversi incarichi non è preventivamente definito l’importo relativo alla consulenza”. Quindi, tirando in ballo alcuni pareri dell’Anac, spiegano che “ci troviamo di fronte ad una palese violazione delle procedure vigenti in materia di affidamenti diretti di incarichi professionali”. E’ l’emergenza, bellezza. La pandemia ha accelerato il processo di sburocratizzazione che in Sicilia, in tanti, auspicavano. Nel 2019, ad esempio, è stata approvata una riforma del Codice degli Appalti che, però, lo scorso febbraio è stata fatta a pezzi dalla Corte Costituzionale. E anche nel giugno 2020, l’Ars ha accelerato sul cosiddetto Ddl Sammartino, approvato con una larga maggioranza, con cui – recependo un emendamento del governo – si assegnano poteri speciali in deroga al presidente della Regione proprio nei casi d’emergenza. Non ancora il controllo dell’esercito, ma sicuramente un’ampia gamma di mansioni che Musumeci, in questa fase, sta già sperimentando.

Una delle mansioni di cui il colonnello Nello è stato investito dall’ex commissario nazionale Domenico Arcuri, riguarda l’incarico di commissario regionale per l’emergenza Covid, da cui le opposizioni hanno richiesto – dopo la bufera che ha travolto la sanità siciliana – che il presidente venga rimosso. Ma è proprio da quello scranno, nello scorso ottobre, che Musumeci ha messo in moto la grande macchina dell’edilizia sanitaria. Un piano di acquisto delle strutture medicali, di riconversione degli ospedali e di allargamento dei reparti Covid, che prevede la creazione di 571 posti, di cui 253 di terapia intensiva e 318 di terapia sub intensiva; di questi ultimi il 50 per cento (159) devono essere trasformabili, all’occorrenza, in terapia intensiva. Sono coinvolte 16 delle 19 Aziende ospedaliere della Regione: il punto d’arrivo – come dichiarato in da Palazzo d’Orleans – è portare a 700 i posti di terapia intensiva complessivamente disponibili nel territorio e adeguare le strutture dei Pronto soccorso. La spesa prevista è di 240 milioni, provenienti dal Piano nazionale varato dalla Struttura guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo, e da un co-finanziamento della Sanità regionale. L’ultimo intervento sponsorizzato un paio di giorni fa, riguarda l’attivazione di venti posti letto in Terapia intensive sub-intensiva all’ospedale di Ribera.

Per questa mission consistente ed esosa, Musumeci ha individuato un uomo di fiducia: l’ex dirigente generale all’Energia, Tuccio D’Urso, nominato coordinatore della struttura tecnica e soggetto attuatore. E’ D’Urso a gestire i 240 milioni. E’ D’Urso a far partire i cantieri (79) negli ospedali, a scegliere le persone, ad assegnare gli incarichi (in via fiduciaria), a stabilire i compensi. A presentare, ogni mese al suo “supervisor”, una relazione del lavoro fatto. L’allentamento dei cordoni della borsa – necessario vista la situazione – in questi giorni, però, ha presentato il conto. Ad esempio, solo in quel di Ragusa, Nello Dipasquale ha notato le anomalie relative a tre incarichi su quattro, “affidati allo stesso professionista, un ingegnere. Ciò rappresenta già qualcosa di anomalo se si considera che la normativa di riferimento vieta espressamente affidamenti allo stesso operatore per la medesima categoria di servizi per il principio della rotazione degli affidamenti degli incarichi. Inoltre – spiega il deputato del Pd – negli atti di affidamento dell’incarico non è menzionato il compenso per la prestazione indicata, ma si fa riferimento solo al limite di 150 mila euro. Un limite, quest’ultimo, non conforme alla legge che prevede, invece, un tetto di 75 mila euro”.

La querelle, che rischia di scivolare facilmente su binari politici, va esaminata sotto il profilo della regolarità. Sia per quanto concerne l’ammontare delle somme – ad esempio, l’ingegnere destinatario degli incarichi ha affermato che non otterrà un compenso superiore a 10 mila euro – che per l’opportunità, o meno, di affidare (su base fiduciaria) progettazioni definitive, lavori o collaudi alle stesse persone. Anche la commissione regionale Antimafia, che ieri ha avviato una serie di audizioni sul tema, vuole vederci chiaro: il presidente Fava ha chiesto dati, cifre e nomi relativamente agli incarichi e agli appalti aggiudicati durante l’emergenza. “Ci interessava fare chiarezza sull’uso che viene fatto del Comitato tecnico scientifico regionale, sul ruolo della Centrale unica di committenza e sulla spesa legata alla pandemia – ha detto Fava, al termine dell’audizione del dirigente Mario La Rocca – e le risposte ci sono sembrate piuttosto vaghe: è come se ci fosse un gioco delle parti, uno scaricabarile di responsabilità su alcuni passaggi che non sono stati ben registrati in questi mesi sul tema della sanità. La preoccupazione che ci siano pochi controlli e criteri di elargizione troppo laschi – ha concluso Fava – è un dubbio più che legittimo”. Va fatta chiarezza, insomma, per evitare che questa sfiga colossale del Covid, e la rinuncia preventiva a concorsi e gare di evidenza pubblica, si trasformi in una imperdibile occasione per pochi adepti. O possa essere declinata nel più classico esperimento di clientelismo, che al di là dell’esigenza del bisogno, non è certo fra le best practises. Al contrario, dà sempre una sensazione appiccicosa e sgradevole. E la Regione, in quanto a fiducia, ha già esaurito il proprio credito.

Per questo, da parte di Musumeci, è necessaria una risposta tempestiva e completa. E soprattutto trasparente. Il suo braccio operativo, Tuccio d’Urso, ha già spiegato che “la struttura speciale non ha fatto alcuna gara avendo recepito quelle celebrate dalla struttura nazionale, non abbiamo scelto né le imprese esecutrici né i fornitori di attrezzature. Gli incarichi sono stati attribuiti nell’ambito del cosiddetto ‘Decreto semplificazione’, che fa obbligo alle amministrazioni di scegliere i professionisti in maniera fiduciaria quando l’importo della prestazione è inferiore a 75 mila euro oneri e tasse esclusi”. Nel caso in cui fosse superiore, d’altronde, la normativa vigente impone una procedura di gara con almeno cinque partecipanti invitati. In tal caso, sul corrispettivo professionale, ogni partecipante applica il proprio ribasso percentuale. Non è questo il caso. Ma almeno scrivetelo nei provvedimenti, altrimenti, come segnala il Partito Democratico, “il soggetto incaricato potrebbe avviare un contenzioso nel caso in cui, in fase di calcolo e di liquidazione della parcella, la stessa risulti superiore all’importo previsto di 75 mila euro”. Il danno e la beffa.

Nell’ultimo anno, fra l’altro, la sanità siciliana ha dovuto tappare le numerose falle della sua struttura, riadattandosi ai canoni dell’emergenza con un fiume di assunzioni. E spendendo un sacco di soldi. Nel corso di un’audizione all’Ars, a inizio febbraio, l’ex assessore Razza aveva parlato di 6.176 nuovi assunti: 1.950 medici, 1.855 infermieri, 1.355 operatori sanitari, 200 tecnici di laboratorio, 150 biologi, 671 operatori con altre abilità professionali. Mentre l’ultima “valanga” ha portato in dote circa 2.500 figure professionali, tra collaboratori amministrativi, educatori, assistenti sociali, collaboratori ingegneri, assistenti tecnici periti informatici (che sono i più numerosi: 937) e assistenti amministrativi. Sono le figure che hanno partecipato al click day del 7 gennaio: i più “veloci” (non per forza i più meritevoli) sono stati selezionati dalla Regione e hanno firmato un contratto presso le Asp o l’Istituto Zootecnico Sperimentale della Sicilia, che li hanno richiesti per far fronte a un fabbisogno sempre crescente (anche per potenziare le Usca). Lavoreranno fino al termine della campagna di vaccinazione, in regime di incarico libero professionale o di collaborazione coordinata e continuativa (da precari).

Inoltre, con una circolare dello scorso febbraio, l’assessorato alla Salute ha dato il via libera a nuove assunzioni (circa 2 mila) grazie a un incremento del tetto di spesa per le dotazioni organiche di quasi 100 milioni di euro. Per ultimo, anche il generale Figliuolo ha promesso di inviare 1.350 vaccinatori per aumentare la capacità della campagna d’immunizzazione, e magari dare una mano nelle prestazioni domiciliari. La sanità, in questa fase, è davvero una gallina delle uova d’oro. Monetizzare è sacrosanto, dato che bisogna sconfiggere il nemico invisibile. Ma la politica dovrebbe finalmente imparare a maneggiarla con cura.