Guido Crosetto

Non si arresta la polemica per la scarcerazione di Giovanni Brusca. A fronte di numerose prese di posizione – chi contro, chi a favore della legge sui pentiti – emerge il parere di Guido Crosetto, imprenditore ed ex braccio destro di Giorgia Meloni, in Fratelli d’Italia. “Una legge (quella sui pentiti) che consente a Brusca di scontare 60 giorni di carcere per ogni omicidio commesso e confessato, andrebbe rivista – ammette l’ex sottosegretario -. Tanto più confrontando i suoi 25 anni con gli oltre 30, in attesa di giudizio (di totale innocenza), di un galantuomo come Calogero Mannino”. La palla viene raccolta al balzo da Salvatore Mannino, figlio dell’ex ministro della Dc: “A fronte del vigliacco silenzio dei politici di tradizione democristiana (del resto quello che fa il segretario del PD gioca a fare l’estremista con proposte bislacche) apprezzo e ringrazio un uomo coraggioso della destra italiana. Aggiungo che taluni signori del circoletto inquisitorio di Palermo vorrebbero che i 30 anni avessero un seguito e imbastiscono iniziative fuori dalle regole processuali, incapaci di rispettare sentenze definitive emesse, privi del senso del limite, disonesti intellettualmente. In una parola fanatici”.

Il riferimento del figlio di Mannino è a quanto successo lunedì scorso, a Palermo, durante il processo d’appello sulla Trattativa Stato-Mafia. La procura generale palermitana, rappresentata in aula dai sostituti procuratori Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, ha infatti depositato una memoria di 78 pagine in cui critica la sentenza di assoluzione ottenuta dall’ex ministro nel processo stralcio sulla Trattativa. L’assoluzione, confermata in Appello (contro la richiesta di condanna della stessa procura generale), è diventata definitiva lo scorso dicembre. E ha chiuso un enorme capitolo di quella che lo stesso Mannino aveva ribattezzato “un’ossessione persecutoria”.

Nella memoria, con una procedura quanto irrituale, la procura generale si spinge a parlare di “manifesta illogicità della motivazione assolutoria” dell’ex ministro, “con riferimento ai fatti in precedenza accertati nel procedimento a carico dello stesso per concorso esterno in associazione mafiosa, indicativi di pluriennali rapporti con importanti esponenti mafiosi”. Nel 2010, come ricorda ‘Il Foglio’ di oggi, Mannino era stato assolto in via definitiva anche nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa, anche in quel caso contro le richieste di condanna da parte dei pg palermitani. “Non si mette in discussione il giudicato assolutorio – ha spiegato Fici in aula – ma c’è la necessità di parlarne”. L’ex ministro, a quanto pare, non gradisce: “Non mi piace veder parlare di me in questo modo, ma la persecuzione si avvale dei vigliacchi e dei crudeli”, ha scritto laconicamente su Facebook l’ex esponente della Democrazia Cristiana.