Da Lollo al Balilla: gli intrepidi che accerchiano Giorgia

Il Ministro Lollobrigida (foto Mike Palazzotto)

“A Mentone, a Mentone!”. Un giorno se la riprenderanno e ai francesi porteranno via pure Nizza e la Corsica. Solo allora sarà “Open to meraviglia”. E’ Giorgia Meloni che traccia il solco, ma sono loro, gli avanguardisti a Mentone, gli intrepidi, che lo difendono. Sono i figli di una fiamma minore, già giovani del Fuan, militanti dell’Msi, di An, oggi deputati e senatori di FdI.

Li ha selezionati il Vate di Tivoli, il ministro Francesco Lollobrigida, il patriota che, sollevando il calzone sulla gamba, mostra al mondo il polpaccio italico. E’ il polpaccio la specialità etnica. Si sono formati nelle barberie di provincia e hanno il prurito alle mani. Conoscono ogni tipo di barba, e di pizzo, e lo sperimentano sulle loro gote invincibili, anzi, direbbero loro, invitte. Non sono mai stati raccontati perché sono ritenuti gregari, come lo erano, negli anni ‘20, gli Arpinati, i Dumini, i Vecchi, i Forni, i Gaggioli, i Caradonna, gli smanacciatori di professione, i concimatori di collera. Gli intrepidi smanacciano, ma perché vogliono telecamere: “Venite, venite”. Sono i Foti, i Messina, i Mazzi, i Mollicone, i Merlino, gli Speranzon, i Deidda, i Liris, fratelli di audacia. Non sfasciano case del popolo, ma il muro del suono. Ripetono come dei posseduti: “Vergogna, vergogna”.

Sono ormai governo e devono tenere le mani a freno. Ma è forza castrata. A loro è stata assegnata un’altra missione. Lanciano granate, comunicati stampa, nei momenti difficili, quando l’opposizione disfattista si permette di criticare o irridere la premier e la sua famiglia. I giornalisti, alla Camera, li hanno visti scendere dall’autocarro durante il caso Cospito, dopo il Festival di Sanremo, il giorno seguente la pubblicazione della vignetta del Fatto Quotidiano contro Arianna Meloni. L’ultimo episodio risale al giovedì del disonore, 27 aprile 2023, il giorno della bocciatura del Def a causa delle assenze di FdI, Lega e Forza Italia.

Vediamo il primo di loro, l’uomo che li passa in rassegna. E’ il capogruppo alla Camera di FdI, Tommaso Foti. E’ nato a Piacenza, ed è in Parlamento da ben sei legislature. Per anni è stata una presenza sobria, inosservata. Era il vicecapogruppo di Lollobrigida. Vanta il fondamentale duello con il noto “bolscevico” Gianfranco Pasquino, candidato di sinistra che nel 1996 ha stracciato alle elezioni grazie a “330 voti” di pollici italici. Foti ha cominciato a imprecare, in Aula, come un agitato, negli ultimi mesi. Da allora si è distinto. Da allora è una presenza fissa in televisione. Il 9 marzo del 2022, alla Camera, presente Mario Draghi, si discute di riforma di catasto. Foti in quell’occasione lo “affronta”. Il verbo che gli intrepidi usano è infatti “affrontare”, verbo “maschio”. Basta guardare l’autobiografia di Foti. E’ un piccolo foglio. Si trova facilmente sul web. Tutta la sua vita è una battaglia. Questo è uno stralcio: “Nell’ottobre del 2014 non esito a rispondere alla chiamata a una nuova battaglia elettorale”. “Non esito”, “rispondo”, “battaglia”. A sette anni, e lo scrive lui, “rilascia” un’intervista al giornale parrocchiale “il Richiamo”. Draghi, quel giorno di marzo del 2022, rimase attonito dalla furia di Foti. Non lo conosceva e si racconta che a un ministro chiese: “Ma perché fa così?”. Tenendo con la mano destra la mascherina, rivolgendosi a Draghi, Foti urlò, a ripetizione: “La sua proposta è esilarante, lei oggi ha una maggioranza, lei oggi ha una maggioranza, che è interessata ai mercati finanziari piuttosto che a mercati rionali!”. Lollobrigida, compiaciuto, lo applaudiva. Quel formidabile pomeriggio, un intrepido, aveva superato la prova.

Durante l’approvazione della manovra, era dicembre, Foti pretendeva che i funzionari del Mef si “mettessero a disposizione” e se ne lamentava in Aula con gli spiritati di FdI. Li voleva andare a stanare a Via XX Settembre con l’olio di ricino. Il giorno dopo la bocciatura del Def, invece, sapendosi responsabile, in parte, della figuraccia, e consapevole dell’ira della premier, Foti si presenta in Aula e “affronta” il Pd. Recupera dall’archivio i casi analoghi, casi di assenze che riguardavano i governi di centrosinistra, e li porta come prova. Vuole essere scagionato. Chiede scusa “alla premier”, al “popolo italiano”. Rovescia la sciatteria, sua, del governo, sulla sinistra che avrebbe peccato di mancato senso della responsabilità. La sinistra doveva, a suo parere, votare il Def che la maggioranza non aveva votato.

Il vicecapogruppo di Foti, “il lui sarà quello che sono io” è invece Manlio Messina. E’ nato a Catania, la città di Benito Paolone, il missino che agli avversari diceva “io ti mangio il cuore”. Messina è alla sua prima legislatura. E’ tra i riferimenti di Lollobrigida al sud. Prima della sua elezione ha ricoperto il ruolo di assessore regionale al Turismo. L’ombrellone è per gli intrepidi la sciabola. Si sono esercitati e hanno praticato scherma in questi assessorati. Come nel Psi esisteva la “corrente ferroviaria”, che faceva capo a Claudio Signorile, in FdI esiste oggi la “corrente turistica”. Nelle regioni governate dal centrodestra, Lollobrigida ha un suo riferimento al Turismo. Grazie a questi assessorati, la “corrente turistica” di FdI ha costruito relazioni e protezioni. Messina, in Sicilia, è ricordato per i suoi assalti agli scienziati. Ma cosa importa? Chi lo ricorda? E’ passato. E’ passato? Era un no vax, un no pass e ha spiegato, magistralmente, sul suo profilo Facebook, perché si opponeva al green pass, ai vaccini. La sua risposta, a chi lo contestava, è stata un raffinatissimo “Suca”. Rispondeva a un utente che gli consigliava di starsene al suo posto e di finirla con i complotti, di smetterla di ripetere che i vaccini non servivano. Messina gli ha consigliato di “leggere meno Repubblica”. Infine il saluto: “Adesso ammazzati che devo andare a farmi il bagno. Suca”. Messina si difese dicendo che, su Facebook, “lui usa quello slang”.

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Carmelo Caruso per Il Foglio :

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