Il piacere più grande sarà quello di Venezia, manco a dirlo, fra un mese e spicci. Nonostante una Mostra del Cinema post (o perdurante) Covid, a distanza di sicurezza. Comunque, l’importante è esserci. E ci saranno, Emma Dante, per la seconda volta in concorso al Lido dopo Via Castellana Bandiera (che valse la Coppa Volpi ad Elena Cotta), con Le sorelle Macaluso, sua opera seconda per il grande schermo, stavolta elaborata dall’omonimo spettacolo teatrale che ha girato con successo tutta Italia nelle passate stagioni, e le sue attrici per gran parte palermitane, da Serena Barone (una delle più belle, ormai di lungo corso, affermazioni di Teatés di Michele Perriera) a Simona Malato, Rosalba Bologna, la catanese Donatella Finocchiaro e purtroppo non ci sarà Ileana Rigano, la veterana di questo cast, etnea d’adozione artistica (tra i nomi di punta nei decenni passati dello Stabile catanese) ma nata nel capoluogo, scomparsa poco più di un mese fa.

Ma l’onore del red carpet veneziano toccherà anche ad un altro palermitano, Luigi Lo Cascio, nel cast di Lacci di Daniele Luchetti, che avrà il compito di aprire, fuori concorso, la kermesse cinematografica del Lido. E come per un passaggio di testimone, o un segno del destino, accadrà ben undici anni dopo che un altro palermitano, Francesco Scianna, ebbe lo stesso privilegio dell’inaugurazione fuori gara con Baaria di Peppuccio Tornatore: insomma, l’idealista, combattivo Peppino Torrenuova lascia il passo ad Aldo, marito infelice dell’altrettanto infelice Vanda (Alba Rohrwacher).

Prima ancora che a Venezia, Lo Cascio sarà a Siracusa sabato prossimo per il festival che l’Inda ha approntato – causa Coronavirus – al posto delle due tragedie e della commedia previste, «Per sole voci»: e sarà la versione moderna di Aiace nella riscrittura di Ghiannis Ritsos, dovrà insomma vedersela con il tormentato mito sofocleo. E lo stesso Scianna sarà anche lui al centro della scena di un altro importante festival isolano, le Orestiadi di Gibellina, appena una settimana dopo, sabato 8 agosto, a misurarsi invece con il cinema e Fellini in un omaggio alla Settima Arte con Lì dove nascono i sogni, una produzione della rassegna belicina inserita nel calendario ufficiale delle celebrazioni del centenario della nascita del genio romagnolo, accompagnato dalla tromba di Roy Paci che firma le musiche di questo appuntamento.

Interrotte bruscamente in teatro – causa Covid, e ti pareva! – le repliche del Marat Sade di Peter Weiss, da lui diretto e interpretato insieme con Filippo Luna in belle stoccate di fioretto dialettico-attoriale applauditissime dal pubblico, Claudio Gioè torna alla televisione e ci torna proprio accanto a Filippo Luna. Gioè sarà Saverio Lamanna, l’ex portavoce, investigatore suo malgrado, mentre Luna impersonerà il vicequestore Randone, nati entrambi dalla penna di Gaetano Savatteri in Makari che Palomar (la società di Carlo Degli Esposti che ha siglato lo stratosferico successo di Montalbano per il piccolo schermo) sta per iniziare a girare nel Trapanese per conto di Rai1.

E sempre per restare nella schiera dei palermitani, è rimasto invece fedele al teatro Rosario Palazzolo, drammaturgo ormai affermato – nonostante quest’anno si sia concesso una fortunata digressione nel romanzesco con il fortunato esordio de La vita schifa – che per la prima volta ha “delegato” un suo testo per la scena, ’A cirimonia, a due siciliani di successo, Enzo Vetrano e Stefano Randisi, al debutto l’altra sera al Napoli Teatro Festival e, sempre che il virus lo consenta, in giro la prossima stagione.

Ma se la generazione dei quarantenni-cinquantenni si dà da fare, non tace certo la «vecchia guardia». E così Tony Sperandeo – che non s’è ancora tolto la maschera di Vito Ciancimino indossata per Il delitto Mattarella di Aurelio Grimaldi al cinema – fa il esordio d’autore per la scena scrivendo e interpretando Con quella faccia un po’ così, un monologo in cui fa i conti con mafia e antimafia, con la retorica degli anniversari e delle celebrazioni e con quello che è cambiato e quello che no, un po’ alla sua maniera, ammette, senza intellettualismi né elucubrazioni politico-sociologiche. E si dice pronto – dall’alto dei 250 ruoli finora affrontati – a dirigere un film, buona sceneggiatura e produttore affidabile cercansi, l’appello è lanciato.