“Con tutto il rispetto per il governo nazionale, riteniamo di avere diritto a disciplinare su alcune materie le misure che i presidenti di Regione possono adottare. Misure che finora sono state restrittive e che potrebbero essere estensive”.  Erano le 17 di martedì pomeriggio, dibattito all’Ars. Nello Musumeci promette un disegno di legge, nel giro di qualche ora, da sottoporre al parlamento. L’obiettivo? Ottenere una deroga sull’orario di chiusura dei ristoranti e dei bar (“Alle 22 o alle 23”) e, magari, la riapertura di cinema e teatri. “In Sicilia se uno entra al ristorante alle 19.30 gli fanno il Tso. Noi chiedevamo di adattare le norme alle abitudini della nostra terra”, spinge Musumeci, ricordando a tutti che “non siamo ancora in emergenza”. La giunta, prevista quella sera, salta. Musumeci, invece, trova il tempo rasserenare i siciliani: “Sappiamo come andrà a finire: chiuderanno tutto”.

Mercoledì, il ddl viene approvato dall’esecutivo. Ma solo a tarda sera e dopo gli “avvertimenti” del ministro Boccia, che minaccia un’impugnativa da parte del governo nazionale. Così Musumeci rivoluziona il testo, abbandona la fretta (“Nessuno scontro con lo Stato, chi lo dice è in malafede) e presenta quattro articoli per chiedere una super deroga. In pratica – è il succo del ragionamento – di fronte al quadro epidemiologico in atto, il presidente della Regione potrà regolare l’apertura e la chiusura di tutte le attività (economiche, commerciali, sportive, etc) attraverso le ordinanze. In senso restrittivo, ma anche estensivo. Una fattispecie adottata dalla repubblica autonoma di Bolzano nello scorso maggio, ma non prevista dalla Costituzione. In ogni caso la proposta dovrà passare al vaglio dell’Assemblea. E poi, ovviamente, del Consiglio dei Ministri. Ci vorranno settimane, forse mesi.

Giovedì, al risveglio, il presidente è un altro. “In questo momento non credo ci siano le condizioni per potere riaprire – spiega durante un intervento a “Un giorno da pecora”, a Radio 1 – Ma se a febbraio ci fossero le condizioni non capisco per cui non dovremmo ridurre il calvario delle attività, sentito il Comitato tecnico scientifico. Sappiamo tutti che ci attendono mesi difficili – insiste il governatore – ma non siamo irresponsabili. Utilizzeremo la legge regionale, se verrà approvata dall’Assemblea, solo quando ci saranno le condizioni per poterlo fare”.

E nel giro di qualche ora si spinge addirittura oltre. La profezia dell’Ars (“Chiuderanno tutto”) diventa un desiderio: “So che è difficile – ha detto ieri a “I numeri della Pandemia” su SkyTg 24 -. Ho incontrato i commercianti e mi hanno detto: ‘fuori c’è il deserto, non possiamo lavorare né a pranzo né a cena’. Aspettiamo tempi migliori. Mi auguro che un lockdown nelle prossime settimane possa consentire una riapertura a Natale”. La linea aperturista si è trasformata in attendista. Ma ora è diventata rigorista, come durante la prima ondata. Quando il presidente fu il primo a “cacciare” i turisti e a voler sigillare lo Stretto. Il tempo passa, l’epidemia peggiora e la confusione regna.