Lui sì che ha i santi in paradiso. Ha tutto per se – come fosse un fratello, un cognato, uno zio – il presidente della Regione. Il quale non solo lo gratifica concedendogli l’ultima parola sulle questioni più delicate di Palazzo d’Orleans ma lo paga anche profumatamente: sessanta mila euro l’anno. E se Renato Schifani da solo non bastasse, nei piani alti del potere c’è pure la sua compagna di vita: si chiama Giusi Bartolozzi, è stata deputata di Forza Italia e ora è vice capo di gabinetto del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Eppure Gaetano Armao, avvocato e docente universitario, sembra inseguito da un destino cinico e baro. L’ultima batosta l’ha ricevuta dalla Corte di Appello di Palermo, sezione civile, che ha respinto un suo ricorso contro l’Amap, la municipalizzata dell’Acquedotto, dalla quale pretendeva parcelle arretrate per un milione e 570 mila euro. La Corte, presieduta da Giuseppe Lupo, non solo ha confermato la “giusta ricompensa” di 116 mila euro decisa dai giudici di primo grado ma ha pure condannato l’Avvocatissimo a pagare 11 mila e 500 euro di spese legali. Peggio non poteva andare, anche se la parola definitiva spetta comunque alla Cassazione.

Non è la prima volta che Gaetano Armao – che nella Palermo del sindaco Cammarata è stato il cucchiaio di tutte le pentole: dall’Amap all’Amat, dal Teatro Massimo allo Iacp – esce sconfitto da una sentenza. Qualche anno fa aveva intentato una vertenza anche contro l’Amat, la municipalizzata del trasporto urbano: chiedeva, tra compensi arretrati e interessi nel frattempo maturati, qualcosa come tre milioni di euro: ma il Tribunale civile ha risposto picche e lo ha condannato a pagare spese legali per oltre 30 mila euro.

Il verdetto più pesante comunque l’ha emesso la Commissione Tributaria regionale presieduta da Pino Zingale. La quale, accogliendo un ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha condannato nel maggio del 2022 il roboante Armao – era ancora vice presidente della Regione – a versare al Fisco tasse non pagate per un ammontare di 625 mila euro. Gli accertamenti del Nucleo Tributario della Guardia di Finanza facevano riferimento a oltre due milioni di euro trasferiti sul suo conto da Stefano Ricucci, lo spericolato immobiliarista noto per una movimentata storia d’amore con Anna Falchi ma soprattutto per avere portato all’attenzione delle cronache e dei rotocalchi i cosiddetti “furbetti del quartierino”.

Altri tempi rispetto al febbraio del 2018 quando l’Avvocatissimo, appena scelto da Nello Musumeci come suo braccio destro, subì il pignoramento dello stipendio, cioè dei 6.896 euro che la Regione gli avrebbe versato ogni mese e per cinque anni come indennità di carica. Ma era un pignoramento amorevole: lo aveva richiesto al Tribunale civile nientemeno che Giusi Bartolozzi, la sua compagna, a quel tempo magistrato alla sezione fallimentare dello stesso Tribunale. Alla clamorosa ordinanza del giudice per le esecuzioni, seguì – come si ricorderà – un esposto al CSM da parte dell’ex moglie di Armao, Carmela Transirico, secondo la quale il pignoramento era stata una manovra orchestrata da Giusi Bartolozzi per consentire all’amatissimo compagno di non pagare, a lei e alla figlia, gli alimenti previsti dalla sentenza di divorzio. Ma il Consiglio superiore della magistratura non prese in alta considerazione quel sospetto e chiuse la pratica con un nulla di fatto.