Quest’orribile morbo che ci appesta s’è portato via Detto Mariano (mai intervistato, sfiorato solo un paio di volte) che è stato non soltanto un musicista importante del Clan Celentano ma soprattutto un arrangiatore/orchestratore geniale: provate un po’ a riascoltare, anche solo a memoria, senza mettere su il disco, quei tre colpi di batteria seguiti dall’esplosione degli archi nell’intro di “Mi ritorni in mente” o la chitarra che apre “Emozioni” con tutta la leggendaria delicatezza che scaturisce poi, frase dopo frase, o ancora l’attacco di “Insieme” che giusto l’estate prossima festeggia mezzo secolo (mentre 80 ne compie oggi la sua interprete, Mina, auguri Divina!) o il tappeto sonoro di tante altre canzoni. Ma Detto Mariano è stato anche un compositore più autorevole di quel che magari si sia sempre comunemente pensato, non soltanto il creatore di ballabili e rockettini e pop da hit parade: è stato quello che ha scritto (entrambe con Don Backy) “L’immensità” e “Canzone” alla quale sono legatissimo anche per motivi teatrali. E poi c’è un altro brano praticamente sconosciuto ma che a me è sempre piaciuto un casino che, se non sbaglio, era il lato B di “Tutta mia la città”: la buttò giù col Principe Maurizio Vandelli, si intitola “Cominciava così” e anche quella arrangiata con un senso dell’attesa, della sorpresa e dello stupore che lui come pochi sapeva costruire sopra e intorno al pentagramma. Grande dispiacere, insomma.