Dopo Matteo Salvini, un altro leader nazionale si iscrive alla lista dei Nello-scettici. Si tratta di Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia e numero due di Silvio Berlusconi. Dalle colonne del Corriere della Sera, Tajani ha commentato l’esito della trattativa che ha portato all’indicazione di Lagalla come candidato unitario per il Comune di Palermo: “E’ stato trovato un accordo su Palermo, per la presidenza della Regione si vedrà dopo. Su Musumeci restano molte resistenze sul territorio”.

Qualche giorno fa era stato Salvini a esprimere, più o meno, gli stessi dubbi: “In Sicilia ci sono troppi litigi. Noi siamo impegnati a ricomporre”, ma se sul governatore Nello Musumeci “tre quarti della coalizione dice ‘no’, evidentemente c’è un problema”, aveva dichiarato il segretario della Lega. “Quindi io devo capire i ‘no’ e lavorare per ricomporre”. In Sicilia “c’è un centrodestra diviso in due-tre-quattro-cinque parti e io sto lavorando per l’unità. La Lega è l’unica che sta facendo passi indietro sostanzialmente. Ma non possiamo essere sempre noi a fare passi indietro per l’unità del centrodestra”. Soprattutto “quando poi qualcuno – ha concluso – dice che magari va al governo da solo”.

Sul fronte opposto Giorgia Meloni, che dopo aver strappato il sì degli alleati su Lagalla, è tornata a premere per Musumeci: “Sono fiduciosa su di lui perché ritengo che sia stato un ottimo governatore e non vedo la ragione per la quale un governatore uscente che ha lavorato bene e che nei sondaggi è dato in testa non debba essere ricandidato per nervosismi locali o per ripicche a livello nazionale”. Non sono semplici ripicche. L’elenco delle cose che non soddisfano gli alleati è infinito. C’entra l’azione di governo, ma anche e soprattutto il rapporto coi partiti e col parlamento. Solo che la Meloni fa finta di non vederle.