No, nessuno pretende che Caterina Chinnici, Nostra Signora dell’Inconcludenza, si vesta da Robespierre e porti alla ghigliottina i responsabili delle malefatte di questi cinque anni alla Regione. Nessuno pretende che la vincitrice delle primarie del centrosinistra vada nelle piazze a denunciare i traccheggi del Bullo con Antonello Montante o con gli avventurieri come Ezio Bigotti o con gli intermediari d’affari come Giovanni Randazzo. Nessuno pretende che lei, immagine forte del Pd e di tutta la sinistra siciliana, convochi un’assemblea popolare, magari sulla piazza del Parlamento, per chiedere al neofascista Nello Musumeci conto e ragione sullo scandalo dell’Ente Minerario, orchestrato dagli amici degli amici per dirottare a Londra degli ultimi venti milioni raschiati nel fondo del mastodontico carrozzone siciliano. Nessuno pretende che lei, con la sua storia personale di magistrato integerrimo, imbracci un forcone per mettere con le spalle al muro il Balilla, meglio conosciuto come il Cavaliere del Suca, e costringerlo finalmente a rivelare i reali rapporti del suo assessorato con l’agenzia Itaca o con l’editore Cairo: insomma, i suoi particolarissimi e costosissimi apparati di “stampa e comunicazione”. Ma una parolina prima o poi la nostra amatissima e immacolatissima Caterina Chinnici dovrà pur dirla. Una parolina sola, che non sia né ruvida né acida, che non suoni come un rimprovero, che non abbia i connotati rasposi e definitivi di una pagella, che non provochi nelle impomatate testoline del Bullo o del Balilla un trauma psicologico, un’ombra di disagio o di disappunto. La trovi, questa parolina, onorevole Chinnici. Prenda in mano il dizionario e scelga senza più esitare. Noi che, a causa del nostro lavoro, quel dizionario lo consultiamo spesso, le suggeriamo umilmente di usare per Musumeci, presidente di uno scandaloso e fallimentare governo di centrodestra, questo aggettivo: bricconcello. Il Bullo e il Balilla possono essere invece definiti tranquillamente discoli. Discoli e nulla più.