Era arrivato in Sicilia per poco meno di un paio di dozzine di operai – sono 21 i lavoratori della Lear, indotto dell’ex Fiat, che non percepiscono un euro di cassa integrazione dal gennaio 2017 per un cavillo burocratico – e si è ritrovato a parlare, e seminare promesse, di fronte a un capannello di 200 operai che lo attendevano ansiosi fuori dai cancelli della Blutec. L’azienda dell’indotto Fca di Termini Imerese, che doveva rilanciare il sito e che è balzata agli onori delle cronache solo per un’inchiesta della Finanza sull’utilizzo anomalo di 20 milioni.

E cosa ha fatto il ministro del Lavoro Luigi Di Maio di fronte a tanto fracasso? Ha promesso, tanto. Promesso che anche i 200 operai, oltre i 21, avranno garantita la proroga della cassa integrazione che scade il 31 dicembre: “Non preoccupatevi, perché questo è un governo amico” ha sancito il capo politico del Movimento 5 Stelle, che nella giornata termitana ha evitato le istituzioni come fossero la peste: “Chiederemo a Blutec ed Fca di rispettare gli impegni – ha tuonato Di Maio – Io vi dico che da qui rilanceremo l’auto elettrica in Italia”. Bang! “Se con Blutec bene, altrimenti prenderemo in considerazione altre soluzioni”.

Dalla platea di disperati – come vuoi chiamare questi ex lavoratori che non sanno più cosa sia una fabbrica? – applausi, anche se timidi, e qualche urlaccio per chiedere garanzie ulteriori. Il Ministro del Lavoro, e da oggi della cassa integrazione, si è poi rimesso in macchina per andare a cena coi 21 ai quali ha trovato spazio nel decreto fiscale con una norma ad hoc. Gli altri, per il momento, dovranno farsi bastare le promesse.