Non prendete impegni. Questo pomeriggio a Catania si rivedono i patrioti (ore 17). Mortificati da mille scandali, complici di un’azione di governo che non decolla, impassibili (anzi esultanti) rispetto alle impugnative rifilate dal governo nazionale: chiedere al capogruppo Assenza e all’enfasi riservata al k.o. della norma per l’assunzione degli obiettori di coscienza negli ospedali. Sono sempre loro, e se ne vantano. Alla prima uscita di partito dopo l’addio di Manlio Messina, organizzano un appuntamento in piazza Franco Battiato, sul lungomare, indovinate su quale tema? Ebbene sì: la giustizia.
Quella con cui dovranno fare i conti il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, catanese; e l’assessore regionale al Turismo, Elvira Amata, messinese. Uno è indagato dalla procura di Palermo per corruzione e peculato (si vocifera che la sua auto blu, da usare per esigenze di rappresentanza, abbia ospitato familiari e amici, sushi e kebab); l’altra, che ha chiesto ai probiviri di attendere, dovrà invece comparire di fronte ai magistrati con l’accusa di corruzione. Pare che abbia chiesto a Marcella Cannariato, alias lady Dragotto, di assumere il nipote in una società di brokeraggio per qualche mese, per fargli fare le ossa.
Ma torniamo all’appuntamento di Catania: “Giustizia e sicurezza. Non solo parole”, reca il titolo dell’iniziativa. Alla quale, va da sé, non saranno protagonisti né Galvagno né Amata. La scena sarà di colui che li “copre” entrambi, cioè il commissario regionale del partito, Luca Sbardella; e di colui che, in un certo senso, li ha lanciati nel corso della scorsa legislatura, vale a dire il ministro Musumeci (già presidente della Regione). Ai tempi erano deputati semplici. Ma avevano – come nel caso dell’Amata – importanti riferimenti al governo. Modelli che avrebbero fatto meglio a trascurare.
L’attuale assessore al Turismo è ancora nel cuore di Manlio Messina, che qualche giorno fa ha comunicato il proprio addio a Fratelli d’Italia: la colpa di Meloni & Co. sarebbe quella di non averlo tutelato. Ma da cosa, giacché lo stesso Messina si dichiara estraneo a tutti gli intrecci rivelati dai magistrati palermitani? Il Balilla chiedeva di essere protetto anche dalle voci di corridoio; e dai fatti che rivelano una vicinanza personale e politica con soggetti centrali dell’inchiesta. A cominciare dalla “key account” di Absolute Blue, la società che provò a portare via un malloppo da 3,7 milioni di euro per organizzare uno shooting fotografico a Cannes: cioè Sabrina De Capitani (poi divenuta portavoce di Galvagno).
Fu lei a vantarsi di aver reso famoso Manlio Messina quando faceva l’assessore (di Musumeci). In quei cinque anni la corrente turistica ha rivoltato l’assessorato di via Notarbartolo come un calzino. Ha letteralmente inventato il modello Cannes, cioè l’affidamento diretto di finanziamenti milionari ad avventurieri spregiudicati, senza nemmeno il certificato antimafia; è durante il governo Musumeci che nacque il clamoroso flop di SeeSicily, come sancito dalle inchieste e dall’Autorità di audit regionale che certificò, comunicandole a Bruxelles, spese “non ammissibili” per importi milionari. E’ in questa fase che tutto diventa promozione e comunicazione (28 milioni solo per SeeSicily).
E poi ancora: accordi pluriennali con Rcs Sport, la società di Cairo, per organizzare costosissimi giri in bicicletta che avessero la Sicilia come protagonista delle immagini dall’alto; nuovi format culturali come il Bellini International Context, con la previsione di corposi investimenti per i servizi promopubblicitari (assegnati con procedura comparata alla VM Agency di Palermo: oltre 900 mila euro di valore) e per la consulenza della project manager Gianna Fratta; milioni su milioni per finanziare, attraverso la Film Commission, produzioni cinematografiche locali (ma l’esclusione del film di Biagio Conte, all’ultimo giro, grida ancora vendetta).
E’ durante quella legislatura che FdI affina il metodo, calamita i faccendieri, lusinga i pagnottisti. Più tardi, con Schifani, arrivano le mance. Un modo un po’ più casereccio, ma comunque produttivo, per far fruttare amicizie e clientele. Con l’uscita di scena del Balilla restano in campo i suoi allievi: la Amata si batte in assessorato, Galvagno all’Ars. Procedendo alla spartizione scientifica delle risorse pubbliche, spesso – come dichiara la Procura di Palermo – in cambio di utilità per quelli del suo “cerchio magico”. Un quadro a Tizio, una consulenza strapagata a Caio.
E nulla fin qui è riuscito a obiettare Luca Sbardella, il parlamentare romano mandato da Giorgia Meloni nell’Isola per riunificare i due coordinamenti, nella Sicilia orientale e in quella occidentale, ma soprattutto per far capire che questo è il partito dell’ordine e della disciplina, non dell’ultimo cacicco che pretende di spartire i piccioli alle associazioni della moglie e della madre, e ci riesce. Risultati? Quasi nessuno. Addirittura Galvagno ha disertato le commemorazioni di Borsellino, per evitare lo sguardo torvo di Arianna, in testa alla fiaccolata, e andarsene in tenuta ginnica al matrimonio del figlio di Cuffaro. Esiliato a San Michele di Ganzaria.
Fare le cose alla presenza di Sbardella è l’ultimo, strenuo tentativo per dire ai siciliani che “noi siamo quelli buoni, non siamo il clan”. L’auspicato cambio di registro, però, non c’è stato. E’ vero che la classe dirigente è stata azzoppata nelle sue fondamenta e che l’addio di Messina rappresenta un passaggio non banale nella storia recente dei patrioti. Ma la vera svolta, che neppure Schifani si sogna di promuovere, sarebbe la rimozione forzata di tutti i protagonisti di questa dannata stagione che ancora risiedono negli assessorati e nei dipartimenti a vario titolo. Sono loro la corrente turistica. Tengono ancora i fili e la questione morale non li fa arrossire. Hai voglia a parlare di giustizia…