Chi avrebbe mai detto che il Politeama, un tempio nato per ospitare i grandi della musica e dello spettacolo, sarebbe finito un giorno a pane e panelle? Chi avrebbe mai potuto immaginare che un teatro così prestigioso sarebbe stato ceduto un giorno a un magnate giapponese per festeggiare lì il suo compleanno? La foto che vedete qui sopra offre la dimensione dello sfregio: sulle poltrone è stato montato un sovra palco e la platea è stata trasformata in un ristorante buono per una Gran Soiré a base di pesce e di tutte le leccornie offerte dalla fantasiosa cucina siciliana. Auguri sinceri, Mister Nakajima. Lei ripete che “Palermo is beautiful”, e noi speriamo sinceramente che questa bellezza se la portino nel cuore anche i suoi mille e quattrocento ospiti.

Ma a noi che restiamo qui un po’ di quella antica bellezza è venuta a mancare. E da domani ci chiederemo insistentemente: chi laverà l’ultimo oltraggio inferto al Politema, alla sua storia e alla sua cultura? Chi presenterà le scuse a Giuseppe Damiani Almeyda, il grande architetto che lo progettò; o a Mario Rutelli che scolpì la quadriga bronzea di Apollo per legare quelle colonne e a quel rosso pompeiano al cielo di Palermo e al Dio dell’arte e della lirica?

Mister Nakajima è arrivato qui con l’innocenza festaiola di chi, avendo a disposizione una barca di soldi, voleva rendere comunque un omaggio alla città preziosa degli arabi e dei normanni, alla Palermo “reggia e conventuale” di Casa Professa e del Tribunale dell’Inquisizione. E certamente non sapeva che il magnifico Politeama è stato ceduto ventidue anni fa all’Orchestra Sinfonica Siciliana come sede stabile per i propri concerti. Se il suo agente avesse speso qualche parola in più avrebbe appreso, ad esempio, che l’Orchestra Sinfonica – con tutto il rispetto per la professionalità e l’onorabilità dei musicisti – è stata trasformata dalla Regione in un carrozzone clientelare, la cui gestione è stata affidata spesso, e con malevole tenacia, a pagnottisti incapaci di distinguere un si bemolle da un do diesis, una sinfonia da una overture, un re minore da un do maggiore. Dispiace dirlo: ma questa meritoria istituzione musicale è stata governata nei suoi sessantacinque anni di vita da tante persone per bene – bastano due nomi: Ottavio Ziino e Sergiu Celibidache – ma anche da avventurieri, da istrioni senz’arte né parte lottizzati dal sottogoverno, e da commissari istallati lì dai marpioni della politica. Ai quali, sia chiaro, non importava granché di Beethoven o di Mozart, di Bach o di Brahms, di Grieg o di Sibelius, di Mahler o di Dvorak. Gli importava dello stipendio, ovviamente ricchissimo, da incassare ogni mese e di qualche altro inevitabile affaruccio collaterale.

Era dunque pressoché inevitabile che, con questa “gentuzza” chiamata a tirare i fili della baracca, si offuscasse oltre all’immagine dell’orchestra anche il prestigio del Politeama. Trascurato e immiserito. Al punto da essere svenduto al magnate giapponese per trenta denari. Pensate che Mister Natajima, che per sette giorni è diventato il padrone assoluto del teatro, ha versato alle casse dell’Orchestra Sinfonica appena quattordici mila euro. Mentre per due giornate al Teatro Massimo – la prima per assistere al Don Giovanni di Riccardo Muti e la seconda per una convention del suo gruppo imprenditoriale – ha pagato centomila euro.

Ma il Massimo è il Massimo. Al vertice del quale c’è un sovrintendente che è un grande musicista, un grande musicologo, un grande compositore. Mentre il Politeama è un nobile decaduto. Con gli stucchi cadenti, i drappeggi appannati. E perciò soggetto ormai a umiliazioni che sfiorano pure i musicisti. Pensate che, per fare posto al compleanno del miliardario giapponese, i due concerti previsti dal calendario per venerdì e sabato sono stati trasferiti al teatro Golden. Per affittare il quale l’Orchestra Sinfonica ha speso, compreso il trasporto degli strumenti, cinquemila euro. Ai pagnottisti che hanno consentito l’ultimo sfregio – “lo sfregio della panella” – sono rimasti al netto novemila euro. Ai quali, sincerissimamente parlando, si poteva anche rinunciare.

Bastava pensarci in tempo. Rinunciando all’impegno preso nel 2020 con l’agente di Nakajima, l’attuale governance della Sinfonica avrebbe evitato non solo lo sfregio al Politeama ma anche l’offesa all’uomo politico più potente della Sicilia: a quel Renato Schifani che nessuno, proprio nessuno ha pensato di invitare alla faraonica cena del magnate giapponese. Nakajima, vada sé, non sapeva nemmeno che esistesse. Mentre i pagnottisti di Palazzo d’Orleans ingrottati al vertice del teatro sapevano benissimo che c’era e che era un presidente della Regione pretenzioso, narciso e pure un po’ rancoroso. Eppure non gli hanno detto niente. Lo hanno sonoramente ignorato. Schifani, chi?