Nel suo primo 25 aprile da premier, Giorgia Meloni affida a una lettera al Corriere della Sera “alcune riflessioni che mi auguro possano contribuire a fare di questa ricorrenza un momento di ritrovata concordia nazionale nel quale la celebrazione della nostra ritrovata libertà ci aiuti a comprendere e rafforzare il ruolo dell’Italia nel mondo come imprescindibile baluardo di democrazia”. “E lo faccio – aggiunge – con la serenità di chi queste riflessioni le ha viste maturare compiutamente tra le fila della propria parte politica ormai 30 anni fa, senza mai discostarsene nei lunghi anni di impegno politico e istituzionale”.

“Da molti anni, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo. Il 25 Aprile 1945 segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista, del Ventennio fascista, delle persecuzioni anti ebraiche, dei bombardamenti e di molti altri lutti e privazioni che hanno afflitto per lungo tempo la nostra comunità nazionale”, scrive nella lettera la presidente del Consiglio. “Purtroppo – aggiunge -, la stessa data non segnò anche la fine della sanguinosa guerra civile che aveva lacerato il popolo italiano, che in alcuni territori si protrasse e divise persino singole famiglie, travolte da una spirale di odio che portò a esecuzioni sommarie anche diversi mesi dopo la fine del conflitto. Così come è doveroso ricordare che, mentre quel giorno milioni di italiani tornarono ad assaporare la libertà, per centinaia di migliaia di nostri connazionali di Istria, Fiume e Dalmazia iniziò invece una seconda ondata di eccidi e il dramma dell’esodo dalle loro terre”.

Dal 25 aprile, in Italia è nata “una democrazia nella quale nessuno sarebbe disposto a rinunciare alle libertà guadagnate. Nella quale, cioè, libertà e democrazia sono un patrimonio per tutti, piaccia o no a chi vorrebbe che non fosse così. E questa non solo è la conquista più grande che la nostra Nazione possa vantare ma è anche l’unico, vero antidoto a qualsiasi rischio autoritario”, prosegue in altra parte Giorgia Meloni. “Per questo non comprendo le ragioni per le quali, in Italia, proprio fra coloro che si considerano i custodi di questa conquista vi sia chi ne nega allo stesso tempo l’efficacia, narrando una sorta di immaginaria divisione tra italiani compiutamente democratici e altri, presumibilmente la maggioranza a giudicare dai risultati elettorali, che pur non dichiarandolo sognerebbero in segreto un ritorno a quel passato di mancate libertà”, aggiunge la presidente del Consiglio. “Capisco quale sia l’obiettivo di quanti, in preparazione di questa giornata e delle sue cerimonie, stilano la lista di chi possa e di chi non possa partecipare, secondo punteggi che nulla hanno a che fare con la storia ma molto hanno a che fare con la politica. È usare la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di qualsiasi avversario politico: una sorta di arma di esclusione di massa, come ha insegnato Augusto Del Noce, che per decenni ha consentito di estromettere persone, associazioni e partiti da ogni ambito di confronto, di discussione, di semplice ascolto”.

“Mi domando se queste persone si rendano conto di quanto, così facendo, indeboliscono i valori che dicono di voler difendere”, si legge ancora nella lettera, parlando di chi usa “la categoria del fascismo come strumento di delegittimazione di qualsiasi avversario politico”. “È probabilmente questa consapevolezza ad aver spinto Luciano Violante a individuare nel suo memorabile discorso di insediamento da presidente della Camera quasi trent’anni fa; proprio in una certa concezione proprietaria della lotta di Liberazione uno dei fattori che le impedivano di diventare patrimonio condiviso da tutti gli italiani”, aggiunge Meloni, sottolineando che è “un concetto ripreso nel 2009 da Silvio Berlusconi (allora presidente di un Consiglio dei ministri nel quale sedevo anche io) in un altro famoso discorso, quando a Onna, celebrando l’anniversario della Liberazione sulle macerie del terremoto, invitò a fare del 25 Aprile la Festa della Libertà, così da superare le lacerazioni del passato. Un auspicio – aggiunge – che non solo condivido ma che voglio, oggi, rinnovare, proprio perché a distanza di 78 anni l’amore per la democrazia e per la libertà è ancora l’unico vero antidoto contro tutti i totalitarismi. In Italia come in Europa”.

“Un atteggiamento talmente strumentale – aggiunge Meloni – che negli anni, durante le celebrazioni, ha portato perfino a inaccettabili episodi di intolleranza come quelli troppe volte perpetrati ai danni della Brigata ebraica da parte di gruppi estremisti. Episodi indegni ai quali ci auguriamo di non dover più assistere”. “In questo nuovo bipolarismo l’Italia la sua scelta di campo l’ha fatta, ed è una scelta netta. Stiamo dalla parte della libertà e della democrazia, senza se e senza ma, e questo è il modo migliore per attualizzare il messaggio del 25 Aprile. Perché con l’invasione russa dell’Ucraina la nostra libertà è tornata concretamente in pericolo. È, questa, una convinzione che ho rafforzato grazie all’incontro con una donna straordinaria, Paola Del Din”, scrive chiudendo la lettera la premier. “Durante la Resistenza combatteva con le Brigate Osoppo, le formazioni di ispirazione laica, socialista, monarchica e cattolica. Fu la prima donna italiana – ricorda la presidente del Consiglio – a paracadutarsi in tempo di guerra. Il suo coraggio le è valso una Medaglia d’oro al valor militare, che ancora oggi, quasi settant’anni dopo averla ricevuta, sfoggia sul petto con commovente orgoglio”. “Della Resistenza dice: “Il tempo ci ha ribattezzati Partigiani, ma noi eravamo Patrioti, io lo sono sempre stata e lo sono ancora”. “Nell’Italia repubblicana – prosegue Meloni – è stata insegnante di Lettere e, nonostante i suoi quasi cento anni, continua ad accettare gli inviti a parlare nelle scuole di Italia e del valore della Libertà. Dedico questo giorno a lei, madre di quattro figli e nonna di altrettanti nipoti, ma anche, idealmente, di tutti gli italiani che antepongono l’amore per la propria Patria a ogni contrapposizione ideologica”.