Per Michele Guardì, regista e autore televisivo di lungo corso, papà di programmi di successo come I fatti vostri, la felicità è una granita di gelsi in via Atenea e — soprattutto — il primo caffè del mattino sotto le palme e gli ulivi secolari del giardino di casa sua, affacciato sulla Valle dei Templi ad Agrigento. Città amatissima, «che in pochissimi metri quadrati concentra una tale quantità di beni archeologici, che altrove ne basterebbe uno soltanto per fare la gioia di schiere di turisti», ma anche città «che non sappiamo valorizzare come merita», lamenta Guardì. Che applaude ai nuovi scavi dai quali attende meraviglie, sostiene come mecenate il patrimonio museale (nella nuova sede della collezione Sinatra si è rimboccato le maniche per sistemare personalmente le opere) e si raccomanda ogni giorno a San Calogero, il santo taumaturgo compatrono di Agrigento, «presente nel mio studio con una cinquantina di statuine di ogni dimensione».

Agrigento in tre aggettivi (o una battuta)
“Il mio luogo del cuore”.
Agrigento in un’immagine
“Il sole contro la pietra gialla dei templi”.
Il luogo comune da buttare
“Che sia una città costruita male. Bisogna guardarla con occhi puliti. Quando si è detto che era stata cementificata, sono state diffuse immagini della Valle dei Templi ottenute col teleobiettivo, come se palazzi e grattacieli ci fossero appiccicati sopra. In realtà la Valle è distante da nuove costruzioni, integra, bellissima”.
… e quello da salvare
“Città di bella gente”.
Un emblema di bellezza
“Il tempio di Castore e Polluce; sono rimaste solo quattro colonne, ma Agrigento ne ha fatto il suo simbolo”. Continua su corriere.it