Finanza e impresa sono sostantivi intrinsecamente connessi. Nel “gioco” dell’economia rappresentano le due facce di una moneta. L’una intermedia il vile denaro, lo presta aspirando a un dovuto guadagno, l’altra il vile denaro lo riceve, perché senza è impossibile sviluppare un ciclo produttivo o di servizio. Questa è la cornice che delimita una tela che spesso ha purtroppo tinte fosche…o addirittura rosso sangue!

Quando parliamo di mafia siamo soliti pensare a quella comunemente e storicamente intesa, un’associazione la cui linfa vitale non può che individuarsi nella cultura della prevaricazione, quella cosa che nel dizionario italiano e nella Treccani è definita “abuso di potere, prepotenza, sopraffazione, atto clamorosamente ingiusto e illecito arricchimento”. E allora, attenendoci rigorosamente ai due volumi che custodiscono il sapere, il colpo di una pistola e un’estorsione non sono sufficienti per connotare un atto violento, dobbiamo necessariamente tenere anche conto di altre espressioni non meno efficaci quali, a esempio, una decisione istituzionale in palese violazione della legge e (perché no?) anche un contratto con clausole imposte. Proprio così, imposte, perché il contenuto dei contratti bancari è imposto ai clienti che, dunque, assumono un ruolo asimmetrico di debolezza rispetto al modello liberale che prevede la negoziazione delle parti in modo asimmetrico.

Qual è dunque l’elemento che caratterizza la “mafia dei colletti bianchi” – che purtroppo alberga in alcuni salotti della finanza – e la distingue da quella comunemente intesa? È l’agonia che ti uccide lentamente senza un colpo di pistola, ti sfinisce e ti svuota dentro, mina le tue risorse e le tue forze e ti porta, senza pietà, perfino al fallimento imprenditoriale. Quella finanziaria ti viene a cercare, apre la sua casa perché tutti hanno bisogno di frequentarla, incrementa i sui profitti grazie a un “Sistema” oppressivo di consolidate complicità che rende impuniti i suoi crimini insopportabili, messi in atto con la forza dell’intimidazione e del ricatto.

Queste poche ma essenziali premesse giustificano la scelta del titolo del libro – tutto in maiuscolo in unico corpo color rosso sangue – perché le banche hanno la capacità di ottenere, talvolta sotto traccia, rilevati profitti non sempre leciti, frutto di comportamenti spesso usurari e addirittura talvolta estorsivi, tipici della cultura della prevaricazione.

Vi chiederete come ciò sia possibile. In fondo, siamo tutti protetti dalle norme del Codice Civile e del Penale. Così credevo, prima di comprendere che la Legge non sempre è uguale per tutti perché, tristemente, per alcuni è uguale per tutti gli uguali.

LAFINANZAMAFIOSA è un romanzo di denunzia. Racconta di una storia affascinante e maledetta realizzata con l’entusiasmo che connota sempre un progetto imprenditoriale, di una storia che ha tracciato il senso della gioia e dello sgomento e che, purtroppo e all’improvviso, si è trasformata in un incubo a causa dell’ingiustificabile condotta di un istituto di credito e di alcuni magistrati. Racconta di un “Sistema” perverso che indirizza i volenterosi e gli onesti verso una meta non sempre raggiungibile, quella del riconoscimento di un diritto. Racconta di compromettenti complicità che condizionano la salute economica dei cittadini e delle imprese italiane. Racconta di qualcuno che dovrebbe far rispettare le regole ed erogare sanzioni e che, purtroppo, ritiene di incarnare il potere legislativo. Racconta del potere economico che condiziona i grandi comprensori geografici nei quali, alcuni magistrati, strutturalmente organici al mondo della finanza, non interpretano il diritto ma assumono un inedito ruolo legislativo.

Perché il libro? Perché se a un volenteroso lettore i contenuti giungeranno chiari avrò ottenuto un duplice risultato: consentire a chi intrattiene rapporti con il sistema bancario di avere una maggiore consapevolezza della relazione contrattuale e infondere una dose di coraggio per intraprendere una battaglia contro un esercito che usa armi non convenzionali. Perché non bisogna mai piegarsi, perché se abbassiamo lo sguardo non possiamo vedere gli arcobaleni, perché bisogna avere sempre il coraggio di schierarsi e di raccontare ciò che per i più non deve essere raccontato, perché il tema trattato e la sua matrice, se affrontato con onestà intellettuale, potrebbe contribuire a migliorare le capacità di reddito di chi fa impresa e di chi lavora in un’impresa, perché…

Un onore la candidatura al “Premio Campiello” e al “Premio letterario Piersanti Mattarella”, una gioia avere devoluto i ricavi del lavoro alla ONLUS “Liberi di Crescere”, per dare un piccolo sostegno al reparto di Onco Ematologia dell’Ospedale dei Bambini di Palermo.