Fra Nello Musumeci e Giorgia Meloni, che venerdì pomeriggio ha presentato il suo libro a Palermo, non s’è parlato di politica. Il governatore era in platea, al teatro Golden di via Terrasanta, per assistere alla discussione fra la leader di Fratelli d’Italia e il direttore di Italpress, Gaspare Borsellino. L’attenzione dei cronisti era rivolta a una possibile federazione tra Giorgia e il movimento del presidente della Regione: “Ci incontreremo sicuramente – ha detto la Meloni – ma oggi non lo so perché i miei tempi sono molto ristretti. Sicuramente con Diventerà Bellissima ci sono molte affinità, governiamo insieme la Regione, governiamo insieme diversi Comuni. Il resto si vedrà: bisogna parlarne soprattutto con la classe dirigente di FdI”. Bocche cucite sul mandato bis, anche se “il presidente Musumeci è un presidente uscente e come tale ha diritto a ripresentare la sua ricandidatura”. Però “non intendo fare fughe in avanti. Penso che la coalizione si debba muovere compatta e non voglio dare alibi per eventuali divisioni in un momento in cui ho come priorità dimostrare la compattezza del centrodestra”.

Musumeci, che fiutava l’aria buona, ha scelto di esserci. Come lo scorso giugno, quando il clima fra i due era glaciale, e il governatore – nonostante tutto – presenziò alla prima di ‘Io sono Giorgia’ alle Ciminiere di Catania. Il libro lo conosce a menadito. Da questo momento si tratta per lo più di galanteria. E di interesse reciproco: l’obiettivo del governatore, infatti, è blindare la propria candidatura in vista delle Regionali 2022. Stringere un accordo federativo con uno dei due partiti che meglio si rifanno alla storia di Diventerà Bellissima – Fratelli d’Italia e la Lega – sarebbe una polizza vita. Se Musumeci avesse qualcosa d’importante da dire alla Meloni, però, sarebbe molto più facile ritrovarsi a Roma (com’è avvenuto lo scorso 26 agosto) piuttosto che in qualche saletta angusta di Palermo.

Il presidente ha fretta di chiudere. E di ipotecare un futuro che a un certo punto sembrava essergli sfuggito di mano. Finché, in piena estate, non si è presentato a casa di Giorgia per appianare le divergenze del passato e gettare le basi per una proficua collaborazione. La Meloni non ha smaltito del tutto l’atteggiamento snobista del suo interlocutore, che, alla vigilia delle Europee del 2019, aveva negato a Raffaele Stancanelli un patto federativo, ritenendo Fratelli d’Italia “un partitino del 2-3%”. Ma sarebbe disposta a perdonare se i dirigenti del suo partito, nell’Isola, vedessero di buon occhio Musumeci: cosa che al momento non è. L’unico a fare spudoratamente il tifo per la conferma del governatore, infatti, è l’assessore al Turismo e allo Spettacolo, Manlio Messina. Quello che, attraverso il capo della sua segreteria particolare, ha denunciato un’offerta di tangente da 50 mila euro da parte di un’intermediaria “della Palermo bene” (cit.) per l’organizzazione di un evento (a proposito: l’inchiesta, aperta da aprile, che fine ha fatto?).

Da quel momento Messina ha goduto del riverbero della santificazione (il post “sponsorizzato” della Meloni rientra in questa casistica), finendo a parlare di tutto e di più – persino di vaccini – nei più importanti salotti televisivi. E di recente ha confermato l’accordo con Rcs Sport di Urbano Cairo per far transitare un’altra volta il Giro d’Italia dalle strade dell’Isola (per un paio di tappe nel 2022). E’ lo stesso Messina che, da qualche tempo, fa un uso morigerato dei social network, dopo essere incappato in alcune gaffe che non si confanno a un’istituzione: dai s*** urlati ai quattro venti, passando per gli attacchi gratuiti a giornali e giornalisti, rei di averlo condannato per la sua volgarità. Ma questa è un’altra storia. L’assessore, con la conferma di Musumeci, potrebbe sperare nel rinnovo di un incarico che ha ereditato da un altro ‘patriota’ (Sandro Pappalardo). Ma anche un’eventuale rinuncia al ruolo di assessore, non avrebbe conseguenze catastrofiche sulla sua avventura politica: avendo importanti ‘protettori’ a Roma, Messina è tra i favoriti per ottenere un seggio in Parlamento alle prossime Politiche. Mal che vada troverà un paracadute.

L’assessore è stato il primo a sostenere pubblicamente il bis di Musumeci, irritando il partito intero. Poi, nel corso di una resa dei conti avvenuta su Zoom (all’indomani della visita romana del colonnello Nello), ha puntato il dito contro Raffaele Stancanelli, accusandolo di “carboneria”. Infine si è messo in mezzo fra l’europarlamentare e il presidente della Regione, offrendosi come ambasciatore della pace. Un invito che nessuno dei due fin qui ha raccolto. L’attivismo sfrenato di Messina è confermato dalla voglia matta di apparire al fianco di Giorgia: l’ultima foto insieme, in auto, risale alla visita di inizio ottobre a Vittoria per la campagna elettorale di Salvo Sallemi (poi sconfitto). Oggi ad accogliere la leader è stato l’intero establishment di Fratelli d’Italia: con in testa Carolina Varchi, candidata sindaco di Palermo.

Fra le questioni che la Meloni ha affrontato con i giornalisti c’è anche questa: “Per noi è un’ottima scelta. È una donna che ha fatto politica per tutta la vita, è una professionista stimata, una donna competente, determinata. È sicuramente un nome che potrebbe rompere con gli schemi del passato”. Nei giorni scorsi il coordinatore provinciale del partito, Raoul Russo (lo stesso che ha denunciato la tangente), ha spiegato che “la proposta delle elezioni primarie è in linea con la nostra volontà di usare da sempre questo metodo”. Ma l’emergenza è soprattutto un’altra: chiarire le posizioni di Pogliese a Catania. Non solo nei confronti della Legge Severino, che potrebbe costringerlo a una nuova sospensione (a quello ci penserà la Corte Costituzionale, che deciderà sul ricorso). Quanto con la Lega.

Le vicende dei giorni scorsi rischiano di avere ripercussioni al tavolo regionale, perché è lì che secondo Minardo, segretario del Carroccio, bisognerà parlarne. L’esclusione del leghista Porto dalla giunta etnea ha comportato le dimissioni dell’altro esponente di Salvini, Fabio Cantarella, e il raffreddamento dei rapporti con gli Autonomisti di Lombardo. Pogliese ha parlato di un equivoco. E tra i Fratelli d’Italia regna la convinzione che la ferita possa rimarginarsi, magari con una telefonata fra il sindaco e Salvini: perché “non c’è niente di politico, sono cose di carusi”. Ragazzate, insomma. Anche la Meloni non ha dubbi: “Pogliese mi pare che in questa vicenda abbia dimostrato la sua attenzione verso i partiti nazionali del centrodestra indipendentemente dai risultati ottenuti sul territorio. Salvo sa quanto teniamo all’unità della coalizione”.

Musumeci, invece, è alla finestra. E rischia di doverci restare fino al prossimo febbraio, quando verrà definita la questione Quirinale. I grandi leader aspettano l’esito di quell’appuntamento per capire come andare avanti: con quali alleanze, con quale premier, con quali prospettive. Fino ad allora il faldone Sicilia non verrà riaperto. Anche se nell’Isola il quadro appare chiaro: due candidati forti – uno a destra e uno a sinistra – con qualche elemento di contorno. Per questo Musumeci rimane sul pezzo e chiede di affiliarsi al miglior offerente. Non è detto, però, che debba essere Fratelli d’Italia.

La visita a Salvini di mercoledì scorso, a Roma, ha avuto come esito un comunicato stampa modesto (a livello di temi e di dimensioni) e un’apparizione in tv, a ‘Oggi è un altro giorno’, per sottolineare che l’autocandidatura sarebbe un atto di presunzione, e che a decidere sarà la coalizione. Mentre sul fronte autonomista le tensioni starebbero venute meno, con un fitto dialogo instaurato fra Ruggero Razza e Roberto Di Mauro, il vicepresidente dell’Ars. Insomma, non va esclusa l’ennesimo colpo di scena e un ritorno di fiamma col Carroccio (ma deve andar bene anche a Lombardo). Quella di Musumeci è la classica strategia: Francia o Spagna purché se magna. Ma le variabili sono troppe e il menu non è ancora definito. Al massimo, questa sera, ci sarà spazio per un rinfresco. Offre Giorgia.