Prima invocavano Nello al grido di #ioVotoMusumeci. Ora siamo già alla fase-due: la beatificazione. Su Facebook è diventato “il presidente galantuomo” che pianta gli ulivi per farli crescere dritti. Sulla stampa, invece, “un presidente noto per integrità morale”, “un galantuomo capace, incontaminato, irricattabile” e un “eretico” perché fa prevalere gli interessi del popolo rispetto “alle ragioni indecifrabili della politica”. E’ così che l’ha definito, in un’intervista a La Sicilia, Enzo Trantino. Avvocato e factotum della destra catanese. Il capo indiscusso della vandea musumeciana, di chi cavalca l’ideologia senza arrendersi all’evidenza: “Vi è una forte, fortissima assemblea che lo reclama alla testa di una battaglia, quella per tenere salda un’autentica comunità di destini”, dice Trantino, che impegna l’amico Nello a riorganizzare “un popolo di destra ancora smarrito”.

I ‘boia chi molla’ restano una presenza ingombrante sulla scena politica siciliana. Come testimoniano alcune dichiarazioni forti: dal deputato Assenza, che chiedeva una corsa in solitaria “con chi ci sta”, al segretario Intravaia. Da un lato giurano lealtà a Schifani, fresco candidato – nonostante le 72 primavere – del centrodestra unito; dall’altro sputano veleno per il destino avverso capitato al loro leader, che tutt’al più si consolerà con un seggio blindato al Senato. Ma questo viene dopo.

Prima c’è un messaggio da far passare: che Musumeci fosse una risorsa, “la risorsa”, anziché il presidente divisivo che ha portato allo sconquasso della coalizione e alla fine dei rapporti fra governo e parlamento. Che Nello fosse un uomo di rigore e di principi, nonostante – dalla vigilia di Ferragosto – mantenga in giunta un uomo che si è candidato apertamente contro il centrodestra, avendo accettato l’imprimatur del Terzo polo di Renzi e Calenda per avversare Schifani e tutti gli altri. Quell’uomo è Gaetano Armao, che continua a gestire i capitoli del bilancio mettendo a punto le ultime manovrine elettorali. Che gli torneranno utili – a lui e nessun altro – in vista del 25 settembre.

E allora verrebbe da chiedersi chi è il “traditore” e dove si nasconde. Se l’assessore uscente all’Economia, che non ha minimamente considerato di dimettersi, facendosi beffe della logica e del buoncostume; se l’uomo di Militello, che finge di non accorgersi della palese contraddizione (“Armao? E’ stato un ottimo vicepresidente e assessore all’Economia”, ha detto a Live Sicilia non più di tardi di mercoledì); o se il suo esercito, che non pare disposto a seguire Schifani, e piuttosto riparerebbe più che volentieri su Armao, valutando la sconfitta (del centrodestra) come un “male minore” rispetto alla perdita di potere e privilegi accumulati. E non basteranno le indicazioni di voto, né gli spot e i manifesti elettorali, a svelare le trame occulte che si consumano, in queste ore, nel cuore e nella mente dei ‘boia chi molla’. Che dicevano di amare la Sicilia, eppure – stando alle esternazioni – dimostrano di aver amato un’altra cosa: cioè l’idea che a guidarla fosse uno di loro. Un “fascista per bene”.