Non si può mettere a rischio l’industria (fiorente) del turismo perché non si ha alcuna voglia di depurare le acque reflue. Ci ha pensato Ance Sicilia, l’associazione nazionale dei costruttori edili, a rigirare il dito nella piaga. Giusto qualche mese fa l’Isola aveva ricevuto un lauto avvertimento dalla sentenza di condanna emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea – 25 milioni di euro – nei confronti dell’Italia, a causa del mancato funzionamento degli impianti di depurazione. La sanzione sarebbe lievitata (di 5 milioni ogni sei mesi) in caso di mancato adeguamento delle strutture più obsolete. Questa difficoltà oggettiva del Paese è un dato che investe il 17% dei depuratori siciliani.  La cosa più grave – ed è Ance a farla emergere – è però la ritrosia politica a utilizzare i finanziamenti destinati a questo scopo: “Sin dal 2012 l’Isola ha a disposizione, con la delibera Cipe numero 60 sull’ “Apq Rafforzato”, oltre 1,1 mld di euro per realizzare o mettere a norma gli impianti di depurazione delle acque reflue – scrivono i costruttori -. Ma da allora poco o nulla è stato fatto. Il massimo è l’avere adesso avviato l’iter per impegnare 400 milioni (il 45%), ma gli altri 700 milioni sono fermi”.

Un’incapacità cronica, con una buona dose di responsabilità politica, che impedisce l’utilizzo di fondi già a disposizione. Non è, però, soltanto una questione economica. C’entra molto anche il buonsenso. Perché lo sversamento di acque reflue – il ragionamento è elementare – potrebbe mettere a rischio la tenuta del nostro mare e diradare nel tempo i flussi turistici che oggi ci premiano e fanno registrare, dalle isole minori fino alla provincia di Ragusa, un trend positivo. Ance ha passato al setaccio i numeri e dimostrato come “dalla ricognizione delle opere immediatamente cantierabili effettuata a fine 2018, risulta che ad oggi solo 19 interventi, per 133 milioni di euro, siano arrivati alla fase del prossimo completamento della progettazione esecutiva. Inoltre nel 2017 e nel 2018 il commissario Rolle ha pubblicato gli avvisi di pre-informazione per 45 gare di affidamento lavori da 439 milioni complessivi e per 26 gare di affidamento di servizi di ingegneria da 38 milioni in totale. Sollecitato lo scorso novembre da Ance Sicilia a fornire chiarimenti, dalle risposte del commissario si evince che delle 45 gare per lavori, solo 6 per 49 milioni sono in fase di espletamento e da aggiudicare”.

Delle restanti 39, ci sono da aggiudicare 11 gare per progettazioni da 227 milioni, 16 gare di progettazione aggiudicate per 63 milioni, 8 interventi da 36 milioni per i quali si deve avviare la progettazione, 2 interventi da 41 milioni per i quali occorrono approfondimenti e altri 2, da 13 milioni, sui quali non sono state fornite indicazioni. Quanto alle 26 gare di progettazione previste dall’avviso di pre-informazione, solo 2 per 2 milioni risultano aggiudicate”. Questa analisi, certamente approfondita, e per alcuni versi raccapricciante, ha portato alla luce il dato iniziale: 700 milioni di finanziamento risultano privi di impegno progettuale. Soldi che rischiano di andare persi. Come se non bastasse, in tanti comuni i cittadini pagano un canone idrico pienamente ingiustificato di fronte al malfunzionamento dei depuratori (e dovranno contribuire al pagamento delle multe comunitarie, beffa).

“L’unione di malaburocrazia e di schizofrenia politica – secondo Ance – ha partorito una situazione degna di una commedia di Camilleri che espone l’Italia alla berlina dell’Europa (e a pesanti multe) e mette a rischio l’intero settore turistico, uno dei pochi della nostra economia col segno positivo – Nonostante vari commissariamenti, è stato impedito qualsiasi concreto passo in avanti. E neppure la nomina da parte del governo nazionale del commissario straordinario Enrico Rolle finora ha potuto snodare un borbonico intreccio di pasticci, errori ed equivoci che allunga la trama all’infinito”. “E’ assolutamente indispensabile – ha aggiunto Santo Cutrone, presidente di Ance Sicilia – che i livelli nazionale e regionale facciano l’impossibile, con norme specifiche e provvedimenti straordinari e urgenti, per sbloccare subito questi interventi, prima che i danni diventino irreparabili”.

L’assessore all’Energia Alberto Pierobon si è subito sentito parte in causa e ha provato, con una nota, a placare le ire e le preoccupazioni dei costruttori: “Da quando mi sono insediato abbiamo lavorato al fianco del commissario Rolle per rimuovere quelle criticità che hanno rallentato i progetti sulla depurazione. Abbiamo trovato un quadro di grande insofferenza. L’ultimo incontro con la struttura commissariale di Rolle è avvenuto a febbraio – spiega Pierobon – la buona notizia comunicata è che tutti gli interventi sono stati avviati. C’è però ancora tanto da fare. Stiamo intervenendo per rimuovere gli ostacoli di natura tecnica e burocratica che sono stati riscontrati a diversi livelli”. Pierobon elenca quindi le azioni intraprese: “Con una delibera di giunta abbiamo consentito l’esecuzione dei lavori in tutti quei depuratori dove c’è il progetto esecutivo, ci sono i soldi, ma l’Ati non è in grado di realizzare il progetto, che potrà quindi essere portato avanti dai tanti Comuni interessati. Altro problema, c’era un ostacolo informatico, legato alla difformità dei sistemi utilizzati a livello nazionale e regionale, che sembrava banale ma ritardava la comunicazione dei dati e l’erogazione delle risorse per i progetti. Anche qui siamo intervenuti per chiedere di poter usare gli stessi strumenti”. Burocrazia et simili.

“Concordiamo con l’Ance – ha concluso Pierobon – sulla necessità di intervenire urgentemente per realizzare gli interventi programmati. Ci conforta che l’associazione riconosca la stretta collaborazione avviata con il commissario Rolle e lo sforzo che stiamo producendo. Stiamo lavorando senza sosta e faremo di tutto per raggiungere gli obiettivi”. O pioveranno multe dall’Europa, di cui la Sicilia continuerà ad essere uno dei primi contribuenti.