La campagna vaccinale non è entrata nel vivo perché esiste un problema di fondo: i vaccini non ci sono. Se, come giurano, le case farmaceutiche dovessero rispettare le prossime consegne, in Sicilia, nel mese di febbraio, arriveranno 140 mila dosi della Pfizer e 50 mila di Moderna (ma è un numero da “rivedere” al ribasso, dato che l’azienda americana ha appena comunicato il taglio del 20% delle forniture). L’agenzia del farmaco ha dato il “via libera” anche ad Astrazeneca, che l’8 febbraio comincerà con la distribuzione di 428 mila dosi in tutta Italia (-60% dello stock previsto). Detto questo, non è ancora stato predisposto – al di là dei gazebo avveniristici a forma di primula – un piano vero e proprio per le vaccinazioni di massa. E il commissario Domenico Arcuri, unico vero responsabile, rischia di perdersi nella guerra delle carte bollate con le multinazionali.

Nell’Isola, secondo le disposizioni dell’assessore alla Salute e della dirigente delle Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico, Marialetizia Di Liberti, non si è ancora chiusa la prima chiama: dopo aver vaccinato tutti gli operatori sanitari mancanti, bisognerà completare Rsa e case di riposo (ospiti e operatori) e poi convergere su una grossa fetta di popolazione, gli over-80, che in Sicilia sono circa 350 mila. Si ipotizza, verso la fine di febbraio. Ma con quale vaccino? I trial condotti da Astrazeneca hanno lambito questa categoria, e non è dato sapere che tipo di efficacia abbiano sugli over-55 (servono studi ulteriori, “tuttavia è prevista protezione” dichiarano dall’azienda). Questo rischia di complicare tutto. Ma da qui alle prossime settimane una cosa è certa: onde evitare scomodi spostamenti in ospedale, la Regione dovrà organizzarsi con la medicina territoriale – team vaccinali e medici di base – per permettere anche agli anziani, specie quelli con difficoltà deambulatorie, di ricevere le dosi all’interno della propria abitazione.

A questo servono e serviranno le oltre 2.700 assunzioni messe a punto in queste ore. A rafforzare, da un lato, l’azione di contrasto alla diffusione del contagio; a implementare, dall’altro, il piano di vaccinazione regionale, nonché facilitare il compito degli uffici commissariali delle tre città metropolitane: Palermo, Catania e Messina. Ma non c’entrano medici e infermieri. Tutt’altro. Stiamo parlando di profili non prettamente sanitari: cioè collaboratori amministrativi professionali, educatori professionali, assistenti sociali, collaboratori ingegneri, assistenti tecnici periti informatici (che sono i più numerosi: 937) e assistenti amministrativi. Sono le figure che hanno partecipato al click day del 7 gennaio scorso: i più “veloci” sono stati selezionati dalla Regione e, nelle prossime ore, firmeranno un contratto presso le Asp o l’Istituto Zootecnico Sperimentale della Sicilia, che li hanno richiesti per far fronte a un fabbisogno sempre crescente.

All’Asp di Palermo, ad esempio, ne arriveranno 658. A Catania 556, a Messina 302. I candidati saranno contrattualizzati in regime di incarico libero professionale o di collaborazione coordinata e continuativa. E ovviamente saranno dei precari, senza nulla a chiedere: il loro ruolo si esaurirà con la campagna di vaccinazione, o comunque varrà per tutta la durata della pandemia. Il loro compenso varia da 24 a 20 euro l’ora (lordi). Il commissario per l’emergenza di Palermo, Renato Costa, ha già anticipato che molti professionisti, circa 300, si aggiungeranno a quelli che lavorano nelle Usca e al dipartimento di prevenzione presso la Fiera del Mediterraneo, il drive-in più grande di Sicilia: “Per ora – ha dichiarato a Repubblica – le Usca fanno circa seimila visite alla settimana, 850 al giorno. L’obiettivo è arrivare a ottomila”. Assumere amministrativi e informatici contribuirà a snellire i tempi per la registrazione e la ricerca dei referti, che oggi costringono i cittadini a lunghe attese, spesso in quarantena, per avere un risultato. Queste nuove figure dovrebbero aumentare le capacità di tracciamento, oggi ferma all’86%. Ciò significa che in 14 casi su 100 non si riesce a risalire alla catena dei contatti: per cui molta gente, anziché ricorrere all’isolamento fiduciario, va in giro rischiando di veicolare l’infezione.

Il tracciamento è uno degli snodi più critici della Sicilia negli ultimi report elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità. Le attività di informatizzazione e diagnostica sono utili a spezzare sul nascere la catena del contagio. Su questo bisogna insistere. L’assessore Razza, l’altro giorno all’Ars, ha enumerato alcuni dati che, dall’inizio della pandemia, ha visto un potenziamento del personale: sono state assunte, infatti, 6.176 persone, di cui 1.945 medici e 1.855 infermieri. Gli altri sono operatori sanitari, informatici e amministrativi. Di figure sanitarie ne arriveranno delle altre, a partire da quelle che hanno partecipato a un bando della protezione civile nazionale per 13 mila infermieri e 3 mila medici, di cui l’8% destinati all’Isola. Non si può dire che manchino, o mancheranno, le risorse: bisognerà essere bravi a coordinarle, producendo ogni sforzo per fare in modo che la campagna vaccinale – intesa come un processo di “liberazione” e di ritorno alla vita di tutti i giorni (con ricadute, pertanto, di tipo economico e sociale) – possa fare il suo corso anche in Sicilia. Al netto, è chiaro, degli sgarri.

Che poi ci sono sgarri e sgarri. Quelli delle multinazionali non hanno provocato grossi scossoni all’Isola che, secondo uno studio della fondazione Gimbe, ha beneficiato fin qui di un numero maggiore di persone a cui è stata somministrata la seconda dose: lo 0,58% della popolazione (rispetto allo 0,4% nazionale). Al netto di ciò che accade in tutta Europa, sarà difficile onorare la promessa di Musumeci, che aveva previsto di vaccinare 3,5 milioni di siciliani, arrivando all’immunità di gregge, entro la fine dell’estate. E poi ci sono gli “altri sgarri”, quelli che provengono dagli imbucati di casa nostra – da Scicli a Petralia, passando per Alcamo e Palermo – con ricadute d’immagine inevitabili anche a livello nazionale. Così l’assessorato ha deciso di sospendere la seconda dose a tutti coloro che hanno ricevuto il vaccino pur non avendone diritto: amministrativi, sindaci, politici, giornalisti e compagnia cantante. Dovranno pazientare, anche se il vicesindaco di Polizzi Generosa, Angela Madonia, ha dichiarato di averla già fatta, pur non possedendo i requisiti. Lo stesso Musumeci ha dichiarato che ignorare la questione, somministrando la seconda dose, sarebbe come “legittimare un atto di irresponsabilità ed eticamente deplorevole”. Anche se “il fenomeno non è così vasto come si pensava nei primi giorni. Qualcuno parlava di centinaia di coinvolti, ma pare sia limitato a qualche decina”.

Persino da parte di alcuni detrattori del governo, come il deputato del Pd, Nello Dipasquale, viene segnalato però che la toppa rischia di essere peggiore del buco: “La mia posizione di condanna etica nei confronti dei cosiddetti ‘furbetti’ dei vaccini e di chi ha permesso che accadessero episodi di favoritismo, è nota a tutti”, ma “la decisione di impedire la somministrazione della seconda dose vaccinale a chi ha già avuto la prima senza averne diritto è un errore. Non vorrei che questa scelta sia funzionale solo a Musumeci e a Razza per coprire le proprie assenze su questo tema. I responsabili sono già stati giudicati su un piano morale e, presto o tardi, lo saranno anche su un piano giuridico, ma a malincuore devo ammettere che vietare la somministrazione della seconda dose vorrebbe dire davvero buttare decine e decine di dosi di vaccino per persone che, prima o poi, verrebbero vaccinate comunque. Ogni dose è preziosa, così come ogni vaccinato contribuirà nel suo piccolo al raggiungimento dell’immunità di gregge”. Anche il viceministro Sileri ha manifestato la propria contrarietà al piano punitivo della Regione, mentre l’esponente dei Cinque Stelle, Stefania Campo, ha proposto una soluzione a metà: chi si è già vaccinato senza averne diritto, potrà completare il richiamo ma a una sola condizione: pagarlo.