Se la retorica avesse ancora un senso potremmo anche dire che le aule di giustizia sono come le chiese; e che un’aula della Corte d’Assise, per chi crede nello stato di diritto, potrebbe anche essere paragonata a una cattedrale, a una basilica, a una Notre Dame de Paris. Giudici togati e giudici popolari vi accedono con passo lieve e solenne, uno dietro l’altro, e si dispongono sull’emiciclo con la stessa liturgica cadenza con la quale chierici e sacerdoti fanno da corona al vescovo che celebra il suo pontificale. Ma a che servono ormai le aule di giustizia? La Corte d’Assise di Palermo, dove si giudicano in appello gli imputati della fantomatica trattativa tra lo Stato e i boss di Cosa Nostra, non odora di incenso ma di amuchina. L’articolo completo su ilfoglio.it