Uno dei soci fondatori di Diventerà Bellissima, che osserverà da fuori la decisione del movimento di federarsi o meno con la Lega, si chiama Raffaele Stancanelli. L’ex sindaco di Catania ha abbandonato la “creatura”  di Nello Musumeci all’indomani del congresso che, nel 2018, liquidò con un “nulla di fatto” la sua proposta di federarsi, quella volta, con un altro partito del centrodestra: i Fratelli d’Italia che Stancanelli, in seguito, s’è cucito addosso come una seconda pelle. Prima al Senato, e ora fra Bruxelles e Strasburgo, dove si fregia del titolo di eurodeputato. Negli ultimi tempi ha lavorato da casa ed è stato un osservatore privilegiato del negoziato fra la Ue e l’Italia per il riconoscimento di misure utili a superare la pandemia. Ma Stancanelli non ha mai perso di vista le questioni siciliane. Il toto-alleanze, però, non lo riguarda: “Da quando, due anni fa, decisi di andarmene da Diventerà Bellissima, non mi sono più occupato delle sue vicende interne. Non so cosa vogliano fare né quale sia la prospettiva politica. Ma è senz’altro diversa rispetto a prima”.

Perché?

“Quando ci fu la mia proposta, potevamo avere una forza contrattuale e di rappresentanza di un certo tipo”.

Insomma, alleandovi con la Meloni sareste diventati una “primadonna”.

“Chiariamo subito una cosa: alla luce di quanto è successo, sono contento della scelta che ho fatto”.

Ma nessuno l’ha seguita.

“Quando lanciammo, io insieme ad altri, Diventerà Bellissima, pensavamo a un progetto politico ancorato nel centrodestra, che ragionasse a 360° con tutti coloro i quali non avessero più – parlo di tre anni fa – riferimenti precisi. C’era stata la dissoluzione dei partiti e anche la destra era in difficoltà sotto il profilo organizzativo. Dopo le Regionali, pensai che sarebbe stato giusto federarsi con il partito che rappresentasse meglio l’anima di destra. Ma sono rimasto soltanto io a sostenere quella tesi: al congresso fu sconfitta sonoramente”.

Eppure c’è qualcuno, all’interno di Diventerà Bellissima, che non vuole consegnarsi a Salvini.

“Da quello che leggo sui giornali, sembra il percorso immaginato più volte. Ma se si concretizzerà o meno non posso saperlo”.

E’ sorpreso della nomina in giunta di un assessore leghista?

“In verità, mi sorprendo di tutto questo stupore. Punto primo: la Lega faceva parte della coalizione che ha vinto le elezioni. Punto secondo: alle ultime Europee è stata votata dal 20% dei siciliani. Io non voto e non voterò mai per la Lega, perché non appartengo a quella tradizione. Ma chi non vuole che abbia un assessore di riferimento, può solo augurarsi che non abbia riscontro elettorale. Al momento è il contrario”.

Samonà è un uomo di destra come lei. Ma lei non ha scritto un inno alle SS, le squadre della morte di Hitler. Che idea si è fatto di questa vicenda?

“Non conosco personalmente l’assessore, quindi non mi permetto di dare giudizi sulla sua persona e sui suoi trascorsi. Ma non vorrei che sia vittima di una caccia alle streghe… Io ho una mia storia, che in Sicilia tutti conoscono, e mai mi sarei sognato, anche perché non sono un poeta, di scrivere una cosa del genere. Ma sono orgoglioso della mia appartenenza e non devo rinnegare nessuna delle mie idee”.

Il Carroccio ha lanciato da qualche giorno questa operazione civica per cercare di fare breccia nei movimenti di stampo sicilianista e indipendentista. Qual è la reazione di Fratelli d’Italia?

“Fratelli d’Italia non deve reagire, ma continuare a fare la sua politica in maniera intelligente e moderna. Negli ultimi anni ho sviluppato una tesi: cioè che Fdi debba diventare il baluardo del centrodestra italiano, il punto di riferimento. Oggi vi è una grande fetta di elettorato che ha bisogno di riferimenti politici. Fratelli d’Italia, anche per il 40% di gradimento della sua leader Giorgia Meloni, lo è diventato o può diventarlo. Tornando alla Lega, è legittimo che un partito si muova per conquistare nuovi elettori, ma bisogna vedere chi risponderà all’appello. Il lavoro che abbiamo fatto in questi mesi ci ha portato a grandi risultati, e dobbiamo proseguire su quella strada. Qualcuno diceva che saremmo rimasti un partito del 2-3%, e invece…”.

Fratelli d’Italia ha appena portato a casa due candidati governatori di peso: Raffaele Fitto in Puglia e Francesco Acquaroli nelle Marche. E’ legittimo pensare che possa esprimere anche il prossimo candidato governatore della Regione siciliana?

“E’ prematuro parlare della Sicilia: c’è ancora un presidente in carica. Più avanti si comincerà a discutere e Fratelli d’Italia non si preclude nulla. Ma qualsiasi ragionamento va condotto assieme agli alleati. Come ho ribadito già in passato, a questa terra non serve “l’uomo solo al comando”, ma un leader che abbia rispetto delle tante sensibilità e delle diverse anime della coalizione, che riesca a coordinare, a parlare ed essere leale con tutti”.

Visto che siamo al giro di boa della legislatura, serve alla Regione un’azione di rilancio programmatica?

“Facciamolo decidere a Musumeci: se ritiene che ci siano le condizioni e la necessità, fa bene a farlo. Il punto d’osservazione più importante e più lucido è il suo”.

L’Isola che viene fuori da questa pandemia è quella che ha saputo gestire in maniera virtuosa l’emergenza sanitaria o quella paludosa che, dopo due mesi, non riesce a sbloccare la Legge Finanziaria?

“Obiettivamente la Sicilia non è stata colpita pesantemente come il Nord Italia, ma in ogni caso, dal punto di vista sanitario, ha reagito bene. Poi ci sono i problemi di sempre, che una Regione impantanata non è mai riuscita a risolvere. Parecchio lavoro attende il governo in questa seconda parte di legislatura”.

Perché, secondo lei, non si riescono a sbloccare i fondi Poc e le famose risorse extraregionali?

“Ci sono due ipotesi: la prima è che i fondi siano già “assegnati” per altri scopi e non sia possibile utilizzarli. La seconda è di natura procedurale, e vista la gestione dell’emergenza del governo Conte, non mi sento di escluderla a priori. Può darsi che la rimodulazione sia ferma a causa della lentezza di alcune questioni burocratiche che dipendono dallo Stato. In questi mesi abbiamo assistito, da parte del presidente del Consiglio, a una trentina di conferenze stampa a reti unificate, ma i miliardi promessi non si sono mai concretizzati. Altro che potenza di fuoco…”.

E’ pessimista?

“Tutt’altro. Storicamente, dopo le grandi crisi o le calamità, l’Italia e il Meridione hanno avuto un periodo di rinascimento. Il mio approccio ai prossimi mesi, anni addirittura, è positivo. E’ chiaro che ci vuole una classe dirigente all’altezza della situazione, che elimini i personalismi, i cabotaggi, i rancori, e avvii un percorso di prospettiva ampio e forte. Anche la Sicilia potrà beneficiarne”.

E’ soddisfatto di come l’Europa e le sue istituzioni abbiano aiutato l’Italia e gli Stati membri nel superamento della crisi?

“La prima fase è stata assolutamente negativa: l’Unione era convinta che fosse un problema solo italiano, e per questo si pensava che l’unico rimedio fosse la chiusura dei confini, impedendo persino l’approvvigionamento delle mascherine. Quando la percezione è cambiata e ci si è resi conto che fosse un problema continentale, si sono adottati dei provvedimenti che in parte noi di Fratelli d’Italia abbiamo condiviso. Il Recovery Fund è un’iniziativa importante che, qualora entrasse in vigore, porterà all’Italia 170 miliardi di euro, di cui quasi il 50% a fondo perduto. Sarebbe una bella boccata d’ossigeno. In questa fase mi preme sottolineare anche l’intervento della Bce, che finalmente ha ricominciato a fare la Banca centrale europea, acquistando i titoli di Stato dei vari paesi. Ciò permette di non far lievitare gli interessi e di bloccare l’aumento del debito pubblico. Da europeista convinto e da critico dell’attuale struttura burocratica dell’Unione, dico che il bicchiere è mezzo pieno”.