Ognuno di questi due velivoli, le cui ali misurano quasi 40 metri (tre volte tanto rispetto agli aerei di linea), può viaggiare alla massima velocità di 575 km/h e ha un valore prossimo ai 75 milioni di euro. No, non sono aerei normali: i Phoenix sono gli ultimi prototipi messi a disposizione dell’Alleanza Atlantica – la Nato – per sorvegliare i cieli. Dei droni di ultima generazione, guidati da un pilota a distanza, che, dopo un volo di circa 22 ore, sono giunti dalla California, negli Usa, a Sigonella, in provincia di Catania, dove sono custoditi negli hangar in attesa della sperimentazione. Nella base Nato siciliana, più attiva e all’avanguardia che mai, sono attivi ruspe e operai per costruire gli spazi che serviranno, entro il 2020, ad accogliere altri tre di questi «Nato Rq-4D Phoenix».

Ma c’è tutto un grosso apparato che ruota attorno al funzionamento di questi velivoli, viaggiano fino a diciotto chilometri dal suolo e i cui radar possono “vedere” fino a 200 km di distanza (in linea d’aria, il gap che separa Roma e Napoli). Di questo enorme centro operativo ha parlato Maurizio Caprara, inviato del Corriere della Sera che, rigorosamente senza cellulare o ogni altro strumento utile a spiare, è stato accolto assieme a otto colleghi giornalisti di ogni parte del mondo: “I droni vengono guidati in una stanzetta nella quale ci sono il pilota e un «sensor operator», tecnico dei sensori – spiega il giornalista nel suo reportage –  Benché i droni siano imbottiti di sensori sofisticati, per capire che cosa rilevano occorre l’intervento dell’uomo. L’aula simile a una redazione confina con la stanza del pilota. Contiene file di scrivanie con computer: la prima per quattro ufficiali che hanno il controllo della missione, la seconda per quattro esperti in sorveglianza, la terza per cinque analisti di immagini, la quarta per cinque supervisori di intelligence ossia coloro che devono trasformare le informazioni grezze ricevute dal cielo in prodotto finito da trasmettere ai comandi e alle autorità politiche tenuti poi a decidere se e come sarà opportuno agire. I tecnici di sensori e immagini raffinano il materiale visivo acquisito, l’intelligence interpreta le notizie inserendole in un contesto adatto a riconoscerne il significato”.

Con l’arrivo dei nuovi tre prototipi, entro il 2020, ci si addentrerà in una fase operativa che raggiungerà il pieno regime entro tre anni. “Per adesso i compiti da affidare ai nuovi droni di Sigonella – si legge ancora sul Corriere – sono limitati a perlustrazioni negli spazi aerei dei 29 Paesi dell’Alleanza Atlantica. È chiaro tuttavia che in caso di tensioni internazionali o di guerre si spingerebbero oltre, purché uno degli Stati aderenti lo domandasse e il Consiglio atlantico accettasse”.