“Il reato di falso è funzionale di solito ad altro. Apparentemente, l’unico motivo che ci siamo dati, atteso che la massima autorità politica regionale, cioè il presidente Musumeci, aveva invocato a più riprese la zona rossa, è che si volesse dare l’apparenza di una macchina sanitaria efficiente mentre così non era. O non lo era così come la si voleva fare apparire”. A dirlo è il procuratore aggiunto di Trapani, Maurizio Agnello, a proposito dell’inchiesta sui dati Covid in Sicilia che ha condotto ieri a tre arresti e al coinvolgimento dell’assessore alla Salute Ruggero Razza, indagato, in un intervista a Rainews24.

Razza davanti ai magistrati ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere. “È un suo diritto e lo rispettiamo, ma ho detto al suo avvocato che un amministratore pubblico dovrebbe avere il dovere di spiegare la sua posizione”, ha aggiunto Agnello. L’indagine è partita nei mesi scorsi da un laboratorio di Alcamo nel quale, ha ricordato il procuratore, “veniva processato un gran numero di tamponi e venivano trasmessi dati non veritieri: partendo da questo fatto siamo risaliti fino all’assessorato alla Sanità”. E così, ha ribadito, “abbiamo assistito a una sistematica alterazione relativa ai soggetti positivi al Covid, ai deceduti e ai tamponi, dati trasmessi poi alle autorità sanitarie centrali, che avevano il dovere di approntare le contromisure necessarie. Resta da capire il perché”. “La frase ‘spalmiamo i morti’, seppur in un contesto telefonico, ci ha colpito molto, ed è una terminologia significativa della spregiudicatezza della condotta. Ci sono alcune intercettazioni, su cui non voglio entrare, in cui emerge evidente il tentativo di calmierare i numeri”, ha concluso Agnello.

Le intercettazioni fra Razza e la Di Liberti

“I morti? Spalmiamoli un poco”. Dalle prime intercettazioni, sembra una partita decisa a tavolino. Ai due capi del telefono l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, e la dirigente generale del Dasoe, Maria Letizia di Liberti. Quest’ultima è incaricata di trasmettere i dati all’Istituto Superiore di Sanità, il cui report determina le restrizioni adottate dal governo nazionale. Nell’arretrato da smaltire, il 4 novembre scorso, compaiono i 7 decessi registrati a Biancavilla, comune del Catanese. “I deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?”, chiede lei non sapendo di essere intercettata. “Ma sono veri?”, chiede Razza. “Si, solo che sono di 3 giorni fa”, risponde. L’assessore dà l’ok: “Spalmiamoli un poco”.

Gli investigatori parlano di “contenimento matematico” attuato per evitare o ritardare il passaggio della Regione Sicilia in “zona rossa”. Un passaggio critico è individuato a cavallo fra 4 e 5 novembre, che segnano il ritorno della Sicilia in zona arancione, con tanto di polemica da parte della politica regionale, che arriva persino a sostenere la tesi del complotto: “Tutte le zone penalizzate appartengono al centrodestra”, dicevano Musumeci e Razza nel corso di alcune esternazioni pubbliche. L’assessore, al telefono con la Di Liberti, fa ragionamenti di altro tenore: “… inutile Letizia… c’è stata una gravissima sottovalutazione e il dato finale di questa gravissima sottovalutazione è scritto in quegli indicatori, poi secondo me sono sbagliati perché mettono sullo stesso piano indicazioni diverse, però come avrai visto ci sono dei dati dove noi comunichiamo zero… E chissà da quanto”.

Il 27 dicembre la Di Liberti chiamava di nuovo l’assessore per informarlo di avere verificato che i ricoveri erano aumentati di 40 unità per cui non sapeva cosa fare. E Razza rispondeva: “Vediamo… semmai, stringiamo na picca… vediamo… va…”. Ed ancora la dirigente lo informava che “poi martedì… ti faccio vedere… sono tutti i positivi… da recuperare… poi li vediamo insieme. Ve bene?”. “Ma quanti sono?”, chiedeva l’assessore. Risposta: “Assai. Poi te li faccio vedere…poi te li faccio vedere… va bo?”. E Razza: “Va bene…”. Il giudice parla di consapevolezza da parte di Razza.

Poi c’è anche il caso di Palermo, che il 19 marzo scorso rischia di diventare zona rossa. Qualcuno ha dimenticato a caricare sulla piattaforma i 228 “positivi” registrati, nell’arco di più giorni, all’ospedale Cervello. Il funzionario Cusimano riepiloga i dati: “61 Agrigento, 75 Caltanissetta, 90 Catania, 508 Palermo…”. Irrompe la Di Liberti: “Ma che dici? Ma che dici? No, scusa non può essere, se sono quei i dati definitivi, Palermo va in zona rossa subito, subito”. Chiede: “Ma li avete messi i dati del Cervello?”. Risposta di Cusimano: “No, no, no, senza Cervello, senza Cervello”. Passa un’ora e mezza, la dirigente richiama il suo collaboratore e spiega cosa bisogna fare per evitare che il capoluogo sprofondi in zona rossa: “A questo punto io scenderei sotto i 400 su Palermo. Ho parlato con Ruggero e facciamo il punto domani”. Chiede Cusimano: “Di queste cose qua?”. Risponde la dirigente generale: “Sì, sì, sì, quindi 506 lo portiamo a 370… che ne so una cosa di queste… sono numeri esageratissimi… E ci aggiungiamo 1.000 tamponi”.