Qui si parla di novanta milioni di euro, non di bruscolini. Dei novanta milioni versati dalla Regione in un paradiso fiscale e incassati da un avventuriero piemontese, Ezio Bigotti, ora finito agli arresti per corruzione. Quella montagna di soldi è stata consegnata al malvissuto in cambio di un censimento dei beni immobili che però nessuno ha visto. Ieri lo scandalo è venuto a galla. E quando i deputati dell’Ars hanno chiesto al governo conto e ragione, indovinate chi ha risposto? Il bullo. Che negli anni funesti è stato il consulente di Bigotti. Un bullo senza vergogna che, parlando a nome di Palazzo d’Orleans, ha sciorinato una scempiaggine – “a causa di un contenzioso non abbiamo la password per entrare nel database” – sulla quale tutti, da Musumeci a Miccichè, dagli onestissimi grillini alla Commissione Antimafia, hanno steso un velo di omertoso silenzio.