A ogni appuntamento elettorale che si rispetti nel centrodestra viene giù il castello di sabbia. Le prossime Amministrative non fanno eccezione. E i vari richiami all’ordine rischiano di suonare sinistri e aprire nuove crepe. La coalizione c’è, ma non si vede. E anche all’Ars sembra attaccata con la saliva. La riprova è arrivata ieri, con la lite fra Candiani e Diventerà Bellissima sulle Comunali di Milazzo. E dal vertice semideserto di giovedì scorso, convocato da Gianfranco Miccichè, a cui ha partecipato solo il governatore Musumeci: Candiani era assente per impegni istituzionali, non c’erano gli uomini di Raffaele Lombardo, ma non s’è visto nemmeno Saverio Romano. Sono andati in fumo, così, i buoni propositi di discutere di alleanze in vista delle elezioni del 24 maggio.

Il perché lo ha spiegato proprio Romano in una nota: “Ho chiesto al presidente Musumeci, di farsi carico di un incontro con i soggetti politici della coalizione che lo ha eletto per affrontare insieme i temi più rilevanti dell’agenda politica siciliana – ha scritto Romano in una nota -. Mi ha promesso che prenderà l’iniziativa come Presidente della Regione e riferimento di sintesi della coalizione. È fin troppo ovvio invece che, i tentativi posti in essere da altri soggetti, per discutere di elezioni amministrative, in queste condizioni non possono vederci presenti e saranno costrette a naufragare, soprattutto se volute da chi ritiene ancora di esercitare un ruolo di leadership che non gli riconosciamo”. Il riferimento è a Gianfranco Micciché. Il rapporto tra i due si è deteriorato alla vigilia delle scorse Europee, quando il presidente dell’Ars portò avanti la candidatura di Giuseppe Milazzo in contrapposizione a quella di Romano, che aveva comunque “ospitato” – su indicazione di Berlusconi – nella lista di Forza Italia.

In occasione della presentazione del collega centrista, Miccichè disse che avrebbe chiesto alla moglie di votare per Romano. Ma successivamente, in un’intervista a Buttanissima, la liquidò come una battuta. Nel corso di quella campagna elettorale non mancarono le accuse a distanza con Milazzo e persino con il sindaco di Messina Cateno De Luca, sostenitore di Dafne Musolino (la sua assessora, altra “infiltrata” nelle liste forzista, che andava in coppia con Milazzo). Grazie a quella “tavola rotonda” fra centristi, dove in tanti sorseggiarono un calice amaro, Forza Italia riuscì a ottenere il risultato migliore a livello nazionale, circa il 17%. Ma l’efficacia dell’alleanza non ha retto alla sua inconsistenza materiale: così Romano non ha più riconosciuto il ruolo di Micciché, attaccandolo a ogni occasione utile. Ricevendo per lo più indifferenza.

Anche se l’esternazione dell’ex ministro ha più di un bersaglio: “Il centrodestra in Sicilia ha cambiato fisionomia negli ultimi due anni – ha scritto Romano nella sua nota -: le elezioni Europee del 2019 ed i continui spostamenti del ceto politico, unitamente all’inesistente dialettica all’interno della coalizione, hanno determinato uno stato di fibrillazione che più volte si è manifestato, soprattutto nel Parlamento regionale, condizionando e rallentando provvedimenti urgenti e necessari. Ne è riprova l’esercizio provvisorio e le tante riforme promesse ai siciliani ma ferme al palo”. Una definizione che non è piaciuta ad Alessandro Aricò, il colonnello di Musumeci all’Assemblea Regionale, che ha risposto per le rime: “Il governo regionale non è “fermo al palo”, anzi ha già raggiunto risultati importanti attesi da anni. Nessuno nega, noi per primi, che all’Ars la coalizione di governo sia costretta a fare i conti con una legge elettorale che determina una maggioranza appena risicata, tuttavia alcune riforme importanti sono state già approvate e per altre l’iter nelle relative Commissioni è definito o in fase avanzata” ha detto il capogruppo di Diventerà Bellissima.

Ma è da tempo che Romano chiede un vertice a Musumeci. E da tempo che Musumeci non risponde. L’ultima offensiva contro il leader di Diventerà Bellissima, che in questo momento ha ben altro a cui pensare (il Coronavirus), l’ha lanciata però lo stesso Candiani. Il commissario della Lega nell’Isola, che fino a tre settimane fa, in occasioni della visita di Salvini a Palermo, sembrava poter stringere un patto di ferro col governatore, ha preso malissimo la scelta del suo movimento di appoggiare la candidatura di Pippo Midili a Milazzo, mentre il resto della coalizione fa quadrato attorno a Damiano Maisano, proposto dal Carroccio: “Inspiegabilmente e improvvisamente Diventerà Bellissima fa un passo indietro decidendo di convergere su un candidato diverso al di fuori dal perimetro della coalizione. Chiediamo alle altre forze politiche alleate – afferma Candiani – di alzare la testa e di fare chiarezza, la Lega non si presterà a questi giochetti. A breve riuniremo l’esecutivo regionale del partito per assumere determinazioni nel segno della discontinuità rispetto a questo modo di agire. Per noi – aggiunge ancora – il centrodestra unito rappresenta un valore in tutte le città in cui si andrà al voto ma non possiamo accettare che si riduca ad un autobus su cui salire per convenienza”.

Galluzzo, deputato regionale di Diventerà Bellissima, ha di fatto confermato che la scelta del suo movimento è una normale reazione rispetto alla fuga in avanti della Lega che, senza aspettare il “tavolo regionale”, a Barcellona ha puntato sul candidato proposto da Forza Italia. Tegole su tegole. Lo spacchettamento del centrodestra, oltre a risultare deleteria per le prossime Amministrative (ad Agrigento, Termini Imerese, Marsala e Bronte su tutte), rischia di diventare un boomerang in vista del rimpasto. Un’altra incompiuta del governatore. Ma un passaggio necessario per dare un seguito alla legislatura. L’ingresso in scena del Carroccio non è da considerare marginale: più volte, dall’esercizio provvisorio fino all’ultima rimodulazione delle risorse del Patto per il Sud, i deputati regionali del Carroccio hanno contestato l’approccio nel metodo e nella sostanza da parte del governo. Da Catalfamo alla Caronia, la squadra messa su da Candiani non è affatto arrendevole.

La stessa Lega che litiga con Musumeci, invece, sembra tornata in sintonia con Micciché e con Forza Italia. Merito della trama tessuta da Nino Minardo, il deputato nazionale transitato da una sponda all’altro per compiere la missione. Durante la vista di Salvini a palazzo dei Normanni, fra i due commissari di partito – da un lato Micciché dall’altro lo stesso Candiani – non sono mancate pacche sulle spalle e cenni d’intesi. Prova di una fiducia ritrovata dopo i malumori dei mesi scorsi e le divergenze totali e (a tratti) irreversibili su alcuni temi come quello dell’immigrazione.

La Lega rimane comunque al centro dei corteggiamenti di Musumeci, che nel corso dell’ultima direzione di Diventerà Bellissima ha mandato in avanscoperta Ruggero Razza per spiegare ai dirigenti la bontà di un patto federativo con il Carroccio, specie in chiave nazionale. La direzione, però, ha preso tempo, e non tutti paiono entusiasti di questa occasione. Tanto meno Candiani, che alla luce dello sgarbo di Milazzo, ha rimpolpato il capitolo: “Chiediamo affidabilità – ha detto il senatore – se qualcuno pensa di non dimostrarla e poi vuole piazzare i suoi bellissimi candidati nelle liste della Lega, si sbaglia”. Così Diventerà Bellissima rischia di rimanere confinato e non contare più nulla. Fratelli d’Italia, infatti, è un treno già perso. Ed è anche l’unico partito, al momento, a non intorbidire le acque. Coi suoi quattro deputati all’Ars – tra cui le new entry Lentini e Cannata – potrebbe dubitare della posizione di forza dei centristi (3 assessori per 5 deputati) ma non l’ha ancora fatto. Non a mezzo stampa.

L’incombenza più vicina, però, è quella delle Amministrative, e a tal proposito risuona forte il grido d’allarme lanciato da Gino Ioppolo, sindaco di Caltagirone e segretario regionale di Diventerà Bellissima, eletto dal congresso che lo scorso anno “fece fuori” Stancanelli, desideroso di abbracciare il progetto (rivelatosi vincente) della Meloni: “Dal dibattito (in direzione, ndr) è emersa la preoccupazione per possibili divisioni della coalizione in alcune realtà dell’isola chiamate al voto e l’appello a neutralizzare ogni egoismo personale per ritrovare le ragioni del buon governo in sintonia con il governo Musumeci”.

Dichiarazioni rese alla stampa prima che esplodesse il caso Mineo, ex deputato di Forza Italia, che ha dovuto lasciare il suo posto nella segreteria tecnica di Edy Bandiera, assessore all’Agricoltura. Il nome di Mineo compare più volte nelle carte dell’inchiesta che ha riportato in carcere il boss dell’Arenella Gaetano Scotto. Carte che hanno suscitato l’indignazione di Musumeci, che in una nota aveva chiesto ai partiti di non sacrificare la moralità con cui si scelgono i collaboratori sull’altare del loro egoismo. Miccichè (già alle prese con alcuni malumori interni, dalla Prestigiacomo a Gallo Afflitto) pare non sia rimasto benissimo, ma Mineo l’ha tolto l’imbarazzo dimettendosi. Resta il clima da “ultima” sfida che pervade i corridoi dei palazzi della Regione. Una tensione palpabile che rende accidentato il percorso verso le Amministrative e il rimpasto, ma che potrebbe condizionare governo e assemblea quando ci sarà da approvare il prossimo Bilancio, utile alla Sicilia per non dichiarare il fallimento.