Il colonello nel suo labirinto, lo Stretto di Messina. Un labirinto acquatico. Pieno di correnti e turbolenze, che neppure Palazzo d’Orleans.

E sembra di vederlo il colonello Nello che medita “flotando en las aguas” come fa il “El general en su laberinto” di Gabriel García Márquez nel celeberrimo attacco del romanzo. Come Simón Bolivar, “Libertador” dell’America latina, Nello il colonnello galleggia senza rete. Forse “cercando di purificare il corpo e l’anima da anni di guerre inutili e di disinganni del potere”.

Solo che Bolivar, arrivato alla fine della sua corsa panamericana, medita sulle gesta, le armi e gli amori. Mentre Nello Musumeci – di “natura ambidestro” proprio come “el general” descritto da Márquez – medita sulla fine della legislatura. A ciascuno il suo.

Metti lo Stretto, dunque, da sempre linea gotica di qualsiasi battaglia sicilianista, ispirazione di filosofica “isolitudine”, certezza di solitudine reale. Non a caso i siciliani quando lo attraversano dicono di andare “in Continente”.

L’ultimo scontro l’ha scatenato l’esecutivo nazionale, che – pur non obbligando (quasi) tutta la popolazione al vaccino – ha deciso che per salire sui trasporti pubblici in Italia, Sicilia inclusa, bisogna essere dotati del super certificato vaccinale, che non puoi avere se non ti sei beccato il virus o non ti sei inoculato il farmaco. Nelle dosi e nei tempi giusti, si intende.

Ma poiché “la Sicilia è un’isola circondata dal mare” – come diceva un ex assessore della Regione siciliana, forse passato agli annali per questa dotta definizione – per andare al di là dello Stretto, o tornare indietro, bisogna imbarcarsi sui traghetti Caronte. E mai nome fu più appropriato per la discesa agli inferi, o all’Ade, che è l’inferno degli antichi greci, prima che la sigla dell’Agenzia delle entrate. “Nomen omen”. Onore al merito di colui che a suo tempo battezzò la compagnia di navigazione.

Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che da tecnico della “migliore” specie non rischia nulla governando a colpi di fiducia, ha scatenato le ire di Cateno De Luca, attuale sindaco di Messina e aspirante futuro presidente della Regione.

Come Antonio José de Sucre, eroe dell’indipendenza latinoamericana e luogotenente prediletto da Simón Bolivar, Cateno si è messo alla testa dei “peones”, per giorni accampati intorno agli imbarcaderi della Caronte, con la pretesa di traghettare anche solo col certificato da tampone, a dimostrare lo stato di salute.

Al grido “isolani sì, isolati no”, i no vax – “lumpenproletariat” della narrazione ufficiale – insorgono contro l’apartheid. Con l’appoggio del lungimirante Cateno, il quale non può “tollerare la sfida dello Stato alla Sicilia e alle nostre prerogative della continuità territoriale”, cioè al diritto dei cittadini di esser considerati italiani anche oltre Reggio Calabria.

Scacco matto al colonello Nello. Costretto dal fiato sul collo delle proteste dei confinati sulla linea dello Stretto, da scioperi della fame e ricorsi al Tar, a emettere un’ordinanza che permette di transitare tra Scilla e Cariddi anche con lasciapassare base, da tampone. Subito seguito da Occhiuto, presidente della Calabria.

A onor del vero, Nello il colonnello aveva interrogato per tempo il governo per modificare e “ammorbidire” l’incombente Dpcm che tanto penalizza(va) la Sicilia. Sembra che nessuno gli abbia mai risposto. “El coronel no tiene quien le escriba” avrebbe detto Gabriel García Márquez. Ma questo è già un altro romanzo.