E’ successo a Ferragosto. Quel giorno una nuvola nera si è posata sulle redazioni dei giornali e sulle segreterie politiche. Molti cronisti, ancora nel pieno del loro splendore investigativo, e tanti deputati regionali, ancora non entrati ufficialmente in campagna elettorale, sono sprofondati in un disagio acuto, insidioso, addirittura pernicioso. “Ora come faremo?”, si chiedevano. E per oltre tre settimane hanno cercato una risposta che restituisse loro la luce, la leggerezza e la gioia di vivere. Ieri, all’improvviso, lo scoop. Il Giornale di Sicilia ha squarciato il velo del mistero e ha rivelato le ragioni di un malessere che stava lentamente precipitando nella malinconia. “Nel pieno della campagna elettorale – ha scritto Giacinto Pipitone – l’organo che dovrebbe controllare che tutto, dal punto di vista della comunicazione, si svolga correttamente è fermo, decapitato, impotente persino di fronte alle segnalazioni di anomalie su violazioni della par condicio e diffusione dei sondaggi”.

Un colpo al cuore. Ma qual è quest’organo così importante per l’equilibrio dell’informazione? Qual è l’autorità di controllo che è venuta meno proprio in queste ore roventi, ore in cui è esiziale garantire al popolo degli elettori che tutti i canali della comunicazione seguano percorsi cristallini e che tra giornali non ci siano né marpioni né truffaldi, né velinari né imbroglioni? Tenetevi forte: l’organo decapitato è il Corecom, acronimo di Comitato regionale per la comunicazione, i cui vertici sono scaduti il 29 giugno. C’è stata una proroga naturale fino a Ferragosto ma dopo l’Assunzione di Maria Vergine al Cielo la par condicio e, più in generale, il giornalismo sono rimasti allo sbando, senza una guida, senza una regola, senza un codice etico, senza una porta alla quale bussare nel caso di un’informazione distorta o leggermente squilibrata.

Parce sepulto, stavamo per dire. Ma Repubblica – immaginate il sollievo – stamattina è andata oltre il Giornale di Sicilia e ci ha detto, con un’ultim’ora, che l’empasse è stato superato, che il vuoto di potere è stato finalmente colmato. Gianfranco Miccichè, presidente dell’Ars, ha scelto quanto di meglio c’era sulla piazza e Musumeci ha trasformato l’indicazione in una delibera: al Corecom andrà Andrea Peria, un imprenditore dello spettacolo, che però non ha ancora sciolto la riserva: fino al 25 settembre curerà l’immagine di Renato Schifani, candidato del centrodestra alla presidenza della Regione, poi si vedrà. La par condicio può attendere.

Riusciremo a salvarci? Tranquilli. Nello Musumeci o i bulli del suo cerchio magico hanno fatto la nomina ma certamente non si strapperanno le vesti per costringere Peria ad accettare l’incarico. A loro del Corecom, della par condicio e delle regole del giornalismo non frega proprio nulla: fanno con la stampa e della stampa quello che vogliono. Hanno varato una leggina con la quale foraggiano tre o quattro giornali seri, professionalmente in regola, e poi un esercito di velinari, di sgrammaticati, di pagnottisti, di leccaculisti, di analfabeti. Una paccottiglia maleodorante il cui unico obiettivo è incassare i contributi a fondo perduto distribuiti da un Irfis costretto, da Palazzo d’Orleans, a considerare con il dovuto rispetto – con i dovuti inchini, stavo per dire – anche chi spaccia per informazione un catalogo dei vini; chi ha fatto del proprio giornale una buca delle lettere o chi rastrella sottobanco appalti della Sanità fingendo di darci consigli sulla nostra salute e il nostro benessere.

Truffe. Malversazioni. Spreco di denaro pubblico. Rapine. Che in questi anni non hanno mai turbato – diciamolo – né l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, con tutta la sua impalcatura istituzionale e le sue colonne antimafia, né l’Assostampa, un sindacato dove chi pone un problema di pulizia – o di trasparenza o di legalità – si becca una risposta come questa: “Ma noi non siamo la Guardia di Finanza”. Un sindacato, diciamo pure questo, il cui compito, quando esplode una vertenza nei giornali, è quello di diramare una nota con la quale si denuncia, va da sé, l’insensibilità degli editori e si invitano i redattori alla vigilanza o alla mobilitazione o allo stato di agitazione: a secondo di chi, tra gli impegnatissimi rappresentanti dei lavoratori, si sveglia per primo al mattino. Meglio traccheggiare con l’assessore al Turismo che spende quattrocentomila euro in stampa e propaganda per una manifestazione a Cannes che dannarsi l’anima per i licenziamenti a Telegiornale di Sicilia. Meglio conquistare, come ha fatto Roberto Ginex, capo dell’Assostampa, un posto di portavoce – con Schifani, accanto a Peria – che ingaggiare battaglie donchisciottesche contro il lavoro nero o contro gli avventurieri che, con testate inesistenti, rubano milioni di euro alla Regione. “Ciascuno se la veda con i propri peccati”, scriveva Miguel de Cervantes, padre di Don Chisciotte.

Il Corecom è morto e il giornalismo non si sente neppure tanto bene.

Fava: occupazione militare del Corecom

“Poco da dire sui singoli profili professionali, ma decisamente inopportuna la tempistica e la modalità di scelta”. Lo dichiara Claudio Fava della lista Centopassi, dopo la nomina dei nuovi componenti del Corecom, Comitato di controllo delle comunicazioni. Per Fava “dopo aver condannato il Corecom all’inattività in queste cruciali settimane, in cui per altro non sono mancati comportamenti equivoci o di palese violazione della par-condicio proprio da parte di strutture regionali, si procede con un colpo di mano che pregiudica l’autorevolezza dello stesso organo. E’ infatti difficile scorgere elementi di imparzialità e garanzia, se alla guida di Autorità Garante si nomina proprio il portavoce di uno dei candidati in corsa per la carica di Presidente della Regione”.

Nella foto: Andrea Peria