Le luci dei riflettori della politica siciliana, che si accendono a intermittenza, adesso sono puntate sul problema dei migranti, che il governo – non avendo competenze – ha chiesto a Roma di risolvere. Ma Nello Musumeci, negli ultimi giorni, è stato al centro di un’altra polemica: quella coi dipendenti regionali. Il governatore li ha definiti dei “grattapancia” e adesso dovrà difendersi dalla querela dei sindacati. Il suo assessore alla Funzione Pubblica, nel frattempo, ha annunciato il ritorno dei concorsi dopo una pausa lunghissima (dal 1991). Ma ciò non basta a imbonire Nello Dipasquale, deputato regionale del Pd ed ex sindaco di Ragusa, che sulla burocrazia ha costruito una battaglia senza quartiere.

E’ stata un’interrogazione di Dipasquale all’Ars, ad aver in parte rallentato la nomina dei dirigenti generali, arrivata a metà giugno dopo tre mesi di proroghe obbligate (in attesa di un parere, prima al Cga e poi all’Aran, che non ha mai sortito gli effetti sperati: ossia l’ “abilitazione” dei dirigenti di terza fascia). Ed è stato sempre Dipasquale il primo a indignarsi per le dichiarazioni più recenti del presidente della Regione, che ha puntato il dito sull’80% dei dipendenti (una platea molto vasta), etichettandoli come “inetti e incapaci”. “L’atteggiamento di Musumeci è tipico dei militanti dell’ultradestra – attacca il deputato del Pd – Il governatore ha sempre bisogno di un rivale su cui far gravare il peso delle proprie inefficienze e della propria inoperosità”.

Reputa la scelta di scagliarsi sui dipendenti una mossa a effetto?

“Lo è. Perché non posso credere che Musumeci si sia svegliato dopo tre anni e abbia deciso di definire i regionali un pugno di fannulloni. Quando le cose in Sicilia non funzionano è sempre colpa di qualcun altro: una volta dei dipendenti, una volta dei migranti… Poiché s’è reso conto di non aver fatto nulla, Musumeci passa le sue giornate a crearsi degli alibi. E atteggiandosi da vittima, crede di fare colpo sui siciliani”.

Altri esempi?

“Quando i siciliani hanno protestato per la nomina di un assessore leghista ai Beni culturali, li ha definiti “gente malata” che ha bisogno d’aiuto. Oppure in aula ha invocato l’intervento di “altri palazzi” contro alcuni deputati dell’opposizione (Sammartino, ndr). Ogni quindici giorni, un mese al massimo, sceglie qualcuno contro cui scagliarsi. E’ un governatore a effetto. Una barzelletta…”.

Non crede che un fondo di verità nelle parole di Musumeci esista? Cioè che parte della burocrazia funzioni poco e male?

“Certamente ci sono quelli che non fanno la loro parte, e andrebbero perseguiti. Ma non si può accusare un’intera classe amministrativa in quel modo, è sbagliato generalizzare. Se i sindacati hanno scelto di fargli causa, avranno le loro ragioni. Mi sembra legittimo”.

Cosa si deve fare per migliorare la performance della pubblica amministrazione?

“Dopo tre anni, un bravo presidente avrebbe dovuto mettere i dipendenti nelle condizioni di lavorare e rendere. In caso contrario li licenzia. Ma quanti dipendenti ha mandato a casa Musumeci a metà legislatura? Nessuno. Anzi, a fine anno, continua a versagli il salario accessorio e le indennità di risultato. Fra l’altro sono il presidente e la giunta a determinare i tetti delle indennità aggiuntive, che risalgono ai tempi di Crocetta. Vuol dire che Musumeci non li ha abbassati né modificati: ma continua a pagare il massimo, come stabilito dal precedente governo”.

La burocrazia ha bisogno di una riforma. Perché non è stata fatta?

“Pensi che Musumeci, due anni fa, aveva minacciato la sua maggioranza di dimettersi se il parlamento non avesse approvato le riforme. Aveva parlato della riforma della forestale, dei rifiuti, dei consorzi di bonifica. E aveva annunciato l’istituzione di un’Agenzia per la casa. Invece ha provveduto alla nomina di presidenti, vicepresidenti e consigli d’amministrazione degli Iacp. Come succedeva venti o trent’anni fa. Questo rappresenta un costo ingente per la pubblica amministrazione, a fronte di zero servizi. Poteva benissimo lasciare i commissari e investire quei soldi per la costruzione di nuovi alloggi o per la manutenzione di quelli vecchi. Invece, ancora una volta, ha privilegiato le poltrone. Sulla riforma della pubblica amministrazione, a fronte delle segnalazioni e delle denunce fatte in questi anni, ho presentato un disegno di legge organico. Ma non ho molta fiducia che venga preso in considerazione: purtroppo Musumeci si è rivelato un pachiderma della politica siciliana”.

Anche i concorsi, fino all’ultimo annuncio della Grasso, sono rimasti in stand-by.

“E’ logico. Per sbloccarli – sia quelli interni che quelli esterni – avrebbero dovuto farne uno per i direttori generali. Ma pur di non farlo, hanno bloccato tutto il resto. L’assessore Grasso è la voce di Musumeci, infatti è stata lei la prima a rispondere ai sindacati. E’ corresponsabile, assieme al suo presidente, per la mancata celebrazione dei concorsi e per la mancata riforma del pubblico impiego”.

Il governo è andato avanti sulle nomine, nonostante la giurisprudenza suggerisse un po’ di cautela in più. Come finirà la questione dei dirigenti di “terza fascia”?

“Su questo aspetto Musumeci si è lasciato andare, esponendo se stesso e la giunta a responsabilità economiche non indifferenti. Peggio per loro: ogni mese che passa, aumentano i danni all’erario”.

 Quali criticità ha ravvisato lo smart working? Perché questa fretta di far rientrare tutti in ufficio?

“Da questa situazione ci auguriamo tutti di uscirne al più presto. Ma fin quando c’è l’emergenza, più ‘lavoro agile’ riusciremo a produrre, meglio è. Quando sarà terminato il Covid, come giusto che sia, si potrà tornare in ufficio”.

On. Dipasquale, la sensazione è che il dramma della burocrazia al parlamento siciliano interessi il giusto. Non si sente un po’ solo in questa battaglia?

“In realtà, mi sono accorto che ai colleghi determinate questioni interessano poco. Ma me ne faccio una ragione e non mi demoralizzo. Io sono stato un amministratore e un sindaco, e so di cosa parlo. Per cui continuerò a fare la mia parte. Spero che anche altri possano dare il loro contributo”.

Il Cas ha revocato un bando di gara per il servizio anti-incendio in 40 gallerie siciliane, lungo A18 e A20. Lei e i suoi colleghi del Pd avevate presentato un’interrogazione. Avevate il sospetto che la gara si svolgesse in assenza di reale concorrenza?

“In pratica, all’interno dell’interrogazione, abbiamo scritto nome e cognome di chi se la sarebbe aggiudicata. Dopo pochi giorni l’hanno revocata”.