La campagna elettorale porta a porta, i comizi in piazza e qualche giochino sottobanco. In attesa di misurare la tenuta del Movimento 5 Stelle alle Europee e l’exploit (presunto) della Lega anche in Sicilia, i ballottaggi di domenica offrono un gustoso antipasto. Che, oltre a stabilire volti e nomi dei nuovi sindaci, farà luce su strategie e alleanze che si consumano – spesso – dietro il classico politichese: a Caltanissetta, ad esempio, Salvatore Messana (terzo classificato al primo turno, espressione del centrosinistra) ha fatto un appello alla competenza, in chiave anti-grillina; a Gela Maurizio Melfa, che è fuori dal ballottaggio, ha detto di sostenere il candidato leghista Spata senza volere nulla in cambio. A Castelvetrano c’è un pezzo di Pd – si parla di elettorato – tentato dalla proposta dei 5 Stelle. E via discorrendo. Un puzzle articolato, che non darà verdetti definitivi, ma sarà il solito laboratorio in cui si sperimentano audaci fusioni e teneri ammiccamenti.

Gambino, Di Maio e Cancelleri

La posta in palio, però, è alta. L’unico capoluogo di regione in cui si vota è Caltanissetta, conteso da grillini e centrodestra. Al primo turno Michele Giarratana – sostenuto, fra gli altri, da Forza Italia, Fratelli d’Italia e Diventerà Bellissima – è andato a un passo dall’elezione diretta, ottenendo il 37,4% delle preferenze. Domenica prossima si misurerà con Roberto Gambino del Movimento 5 Stelle, che ha chiuso poco sotto il 20% nonostante la cattiva performance (o, comunque, non in linea con le aspettative) della lista. Caltanissetta è la città di Giancarlo Cancelleri, che in una recente intervista ha detto di sentire “aria di vittoria”. Probabilmente sarà una battaglia all’ultimo voto. Perché, se da un lato Giarratana si aspetta di ricevere buona parte dei voti “moderati” di Messana, il terzo incomodo che formalmente ha rinunciato a qualsiasi tipo di apparentamento, dall’altro c’è Oscar Aiello (leghista, 12,1% al primo turno) che si mette di traverso: “Il partito ha deciso di non sostenere al ballottaggio la candidatura di Michele Giarratana. Si invitano i nostri elettori a prenderne atto”.

Michele Giarratana e Michele Mancuso

La Lega e Forza Italia nel capoluogo nisseno ma anche altrove – lo scopriremo – sono ai ferri corti. Aiello ha mal digerito il fatto che non si siano svolte le primarie per definire un candidato unitario del centrodestra, ma dai banchi forzisti replica il deputato regionale Michele Mancuso: “Dieci delegati su undici presenti a quella riunione non volevano le primarie. Loro, venendo meno a qualsiasi criterio di democrazia, si sono alzati e sono andati via. In questo momento – spiega il capogruppo azzurro in provincia – c’è grande entusiasmo anche da parte dei giovani attorno alla candidatura di Michele Giarratana. Noi andiamo avanti con le nostre liste e senza apparentamenti. Ma facciamo un appello affinché la città venga data in mano a chi ha competenza ed esperienza. Non c’è spazio per l’improvvisazione. La posizione di Aiello? Dispiace, ma fino a un certo punto”. Il pendolo della Lega oscilla così in direzione Roberto Gambino, dei 5 Stelle. Che, senza i crismi dell’ufficialità, potrebbe ottenere l’appoggio dell’elettorato salviniano. Anche se il paradosso di tutta questa storia è che in caso di elezione di Giarratana al Carroccio scatterebbero altri consiglieri. Altrimenti no.

Gli equilibri di Caltanissetta, però, si legano in modo indissolubile a quelli di Gela. Dove il 28 aprile Lucio Greco – primo esperimento di fusione a freddo tra Forza Italia e il Pd – ha maturato il 36,3%, ma al secondo turno dovrà battersi con Giuseppe Spata, l’ex rappresentante dell’associazione Libera di Don Ciotti (che lo ha “rinnegato”), adesso in quota Lega. E qui tutti i pesci verranno a galla. Mentre a Caltanissetta il banco della riunificazione del centrodestra, quello originale, è stato messo in crisi dall’uscita di Aiello, qui il presupposto è venuto meno da mesi. E persino in Forza Italia, con la presenza del vice governatore Armao e della moglie-deputata Giusy Bartolozzi alle convention leghiste, esiste una frattura. Più che una reunion, o una normale competizione elettorale, sarà una battaglia all’ultimo sangue. In cui l’ago della bilancia è rappresentato, stavolta, dal Movimento 5 Stelle.

Facile pensare che il 15% ottenuto al primo turno da Simone Morgana possa essere indirizzato sull’alleato di governo (romano), anche se Giancarlo Cancelleri, che a Caltanissetta spera nel sostegno di Aiello, qui si defila: “I voti dei nostri elettori sono liberi”. Sulla carta, come al solito, nessuna alleanza. Ma per battere Micciché e compagni tutti sembrano disposti a fare carte false. Sfruttando la sponda di Armao e Bartolozzi, che fingono di non vedere la Forza Italia “originale” e proseguono dritti sulla loro strada. La deputata non ha accettato un coinvolgimento diretto nell’eventuale giunta Spata, “ma ci ha messo il suo delfino – sottolinea Mancuso – Quell’Emanuele Maniscalco di cui si parla tanto, che loro volevano fare coordinatore cittadino di Forza Italia, ma grazie al sottoscritto non ci sono riusciti. Pino Federico (ex deputato regionale di FI), Armao, Bartolozzi e Pagano (attuale sottosegretario della Lega) rappresentano quanto di più estraneo al territorio gelese. Qui la battaglia è tra noi e loro, altro che Salvini…”.

Una faida interna che vede le linee di Lega, Forza Italia 1 e Forza Italia 2 scorrere parallele, senza mai toccarsi. Un contributo alla causa leghista e bortolozziana potrebbe arrivare da Maurizio Melfa, l’imprenditore che al primo turno ha chiuso terzo, con il 17,7% (e oltre 6500 voti) e che, “senza chiedere nulla in cambio”, ha deciso di appoggiare Spata. Anche se i due consiglieri eletti nella lista di Melfa, Paola Giudice e Vincenzo Casciana, si sono subito dissociati (“Prima avremmo dovuto parlane insieme”), incrinando i rapporti con l’ormai ex candidato di riferimento e facendo venir meno qualsiasi calcolo aritmetico. La somma, da queste parti, non dà mai il totale. Non alla vigilia delle urne.

Se Forza Italia volesse consumare la sua vendetta nei confronti degli ex amici della Lega, ci sarebbe un’occasione ghiottissima a Mazara del Vallo, dove al secondo turno si sfidano Salvatore Quinci, esponente civico sostenuto dal centrosinistra, e Giorgio Randazzo, giovane consigliere comunale del Carroccio. Che al primo turno si fermò a quasi 2000 voti dal rivale. In mancanza di apparentamenti ufficiali, l’unica mossa capace di spostare gli equilibri potrebbe essere quella di Forza Italia e Udc, che al primo turno hanno sostenuto la corsa di Benedetta Corrao (finita quinta con l’11%). I due partiti rimangono fermi sulle loro posizioni, l’unica a muoversi – a titolo personale, s’intende – è la deputata regionale dell’Udc, Eleonora Lo Curto, che ha invitato a votare per Quinci. Restano in ballo le tante preferenze (18,5%) che, due domeniche fa, andarono a Nicola La Grutta, candidato del M5S. Anche in questo caso, e con qualche tensione in meno rispetto a Gela e Caltanissetta, potrebbe ricomporsi l’asse del governo del cambiamento. Non in contrasto al vecchio sistema, ma a un civismo quasi dilagante.

Mentre altrove riemerge lo schema evocato da Miccichè (Forza Italia + Pd) a Castelvetrano la politica prende un’altra forma. Quella che vorrebbe tanti elettori del Partito Democratico – Pasquale Calamia al primo giro s’è fermato al 17%, escluso dai ballottaggi – trasbordare sulla zattera di Enzo Alfano e del Movimento 5 Stelle, che corrono per la poltronissima. Giovedì a Castelvetrano arriva Di Maio per un comizio. Ma l’apparentamento, qui davvero invisibile, potrebbe verificarsi direttamente nelle urne. Infine Monreale, dove sono fuori dai giochi Salvino Caputo (candidato di Forza Italia) e Giuseppe Romanotto, leghista, che “per coerenza” ha scelto di non fare accordi. Difficile immaginare i due elettorati a sostegno di Piero Capizzi, il sindaco uscente. Più facile vederli a fianco di Arcidiacono, il candidato di Musumeci che ha staccato il pass per il ballottaggio con il 23,9% e ha già incassato pubblicamente il sostegno di un altro Roberto Gambino e del “Mosaico”, un movimento variopinto, che riporta in campo tantissimi delusi della politica. I quali, per non ricadere nell’antica depressione, farebbero volentieri a meno dello spettro di Caputo.