Il desiderata di Palazzo Chigi era chiaro: niente emendamenti alla manovra, per le truppe di maggioranza, in Parlamento. Va chiusa in fretta, non al tradizionale fotofinish natalizio. Va data prova, è l’obiettivo di Giorgia Meloni, di una maggioranza compatta, in grado di rassicurare mercati e spread sulla tenuta dei conti pubblici, da tenere al riparo dagli assalti elettorali. Quell’obiettivo evidentemente troppo ambizioso, però, in queste ore sta facendo saltare tutto. A bombardare il governo, per i tagli fatti nella prima bozza uscita martedì della legge di bilancio, sono i sindaci, guidati dal primo cittadino barese Antonio Decaro: “Con meno soldi arriveranno meno servizi”, è la preoccupazione del presidente Anci, in chiusura dell’assemblea annuale dell’organizzazione che riunisce gli ottomila comuni italiani. Poi nel corso della giornata le richieste di cambiare quello che doveva essere il treno blindato della manovra arrivano anche dagli alleati di governo. Forza Italia, con il vicepremier Antonio Tajani, non vuole vedere tasse così alte come quelle sulle case. Ma nel pomeriggio è soprattutto la Lega a cannoneggiare, con il fedelissimo di Matteo Salvini, il vicesegretario del Carroccio Andrea Crippa, che da Montecitorio annuncia, per interposta persona, i niet del Capitano: la riforma Fornero va abolita, non resa ancora più stringente. E sull’ipotesi di prelievi forzosi per piccoli debiti con il fisco “è una cosa che chiaramente non vedrebbe la Lega a favore”. Morale della favola: a dieci giorni dall’approvazione della manovra in Consiglio dei ministri, quella stessa manovra, giudicata inizialmente “blindata”, va ancora risistemata, a partire proprio da pensioni, pignoramenti e persino sui Btp. Con un probabile slittamento dei tempi con cui il disegno di legge arriverà effettivamente in Senato. Continua su Huffington Post