Alè. Il governo ha approvato la sua prima riforma: quella dei Consorzi di Bonifica. C’era riuscito anche Musumeci, assieme a Toni Scilla, nel corso della precedente legislatura. Poi la proposta non approdò nemmeno in aula. Con Schifani, forse, sarà diverso. Anche se il nuovo governo ha partorito il Ddl al termine di otto mesi affannosi, di totale impotenza. Forse un po’di fretta, nella smania di dare un segnale. Non è un caso che sia successo tutto all’indomani del vertice di Palazzo d’Orleans, dove il governatore ha convocato i partiti della maggioranza per rinsaldare i ranghi e cancellare qualsiasi ipotesi di rimpasto (anche se a Siracusa la coalizione continua ad azzannarsi, dopo aver perso la poltrona da sindaco, per la presidenza del Consiglio comunale).

E così, per evitare che Galvagno continui a sostenere che “non c’è carne al fuoco”, ecco una legge “ispirata al principio della integrazione degli obiettivi della tutela dell’equilibrio idrogeologico del territorio, dell’uso integrale e razionale della risorsa idrica e della garanzia di un servizio essenziale per l’agricoltura – si legge in una nota -. Prevede, fra l’altro, la riduzione da 13 a 4 enti e una revisione del sistema tariffario e di finanziamento”. Ma non fa in tempo a diffondere il comunicato stampa, che la Regione viene subito redarguita: “Non vediamo l’ora – dice Sunseri, deputato regionale dei Cinque Stelle – di leggere l’ennesima riforma. Musumeci la annunciò e poi rimase ferma per cinque anni. Schifani la annuncia, ma non sa che i consorzi sono 2 e non 13. E vorrebbe portarli a 4”. Non male come inizio.

La maionese impazzita di questo governo non ha generato nulla. Schifani s’è rimangiato il “tagliando” annunciato, da lui stesso, alla vigilia delle Amministrative per spegnere i bollori dei partiti, che non avrebbero concesso al governatore di toccare i fragilissimi equilibri senza rimettere in discussione l’intero impianto. Gli assessori, tutti confermatissimi, sono in realtà come stoccafissi al sole. Non toccano un singolo ingranaggio – anche nella catena di comando degli assessorati – per evitare di sbagliare. Talvolta vengono tenuti all’oscuro della gestione corrente. Come accaduto al Turismo, dove il capo dipartimento, Antonio Cono Catrini, avrebbe revocato una quarantina di contratti agli albergatori (per il mancato funzionamento del programma SeeSicily) senza avvertire l’assessore al ramo, tanto meno il presidente della Regione. Che è caduto dal pero e, non sapendo più come giustificare gli elogi ai suoi predecessori, promette accertamenti. Che guaio.

In pratica l’esecutivo non tocca palla quasi mai. L’ultimo briciolo di potere è in mano ai burocrati. Quelli del Cas, ad esempio, hanno potuto assegnare 53 mila euro a un clan di pagnottisti per curare le pagine social del Consorzio Autostrade per tre mesi: senza che l’assessore alle Infrastrutture, Alessandro Aricò, alzasse il dito per segnalare che forse era il caso di procedere con un Avviso pubblico (trasparenza, questa sconosciuta). Ha dovuto pensarci con un’interrogazione il deputato di ‘Sud chiama Nord’, Ismaele La Vardera. Ma anche alla Sanità succedono cose strane: ad esempio all’ASP di Palermo, tenuta in ostaggio da Daniela Faraoni che – utilizzando l’alibi del sistema informatico – continua a non scucire i soldi dovuti ai laboratori d’analisi convenzionati per l’extra budget del 2021. I denari sono in cassa da quasi nove mesi, i conteggi sono stati ripetuti una marea di volte. Ma non accade nulla. E la Volo? Non pervenuta.

Era successa più o meno la stessa cosa coi pagamenti alle imprese, ma in quel caso Marco Falcone – che avrà pure un malo carattere, ma quando c’è da essere operativo non sfugge – è riuscito ad accelerare le pratiche. Si tratta pur sempre di episodi isolati che non bastano a salvare la faccia. Le uniche battaglie su cui si è incaponito Schifani lo portano lontano da Palermo. Ad esempio il caro-voli: date un’occhiata ai prezzi a cavallo di Ferragosto e vi accorgerete che non esiste soluzione al bagno di sangue imposto dalle compagnie aeree. Adesso, peraltro, è arrivata la convocazione da parte del Ministro Urso, che di fronte alle motivazioni inneggianti il libero mercato, sarà costretto anch’egli ad allargare le braccia. Però il governatore si consola con Aeroitalia, che avrebbe “consentito un significativo abbattimento del prezzo dei biglietti”.

Anche se sul fronte orientale continua la polemica innescata dai Cinque Stelle con la Sac, la società che gestisce gli scali di Comiso e Fontanarossa, e che peraltro stimola gli appetiti della politica (basti vedere cos’è accaduto con le Camere di Commercio). Dopo un contenzioso contrattuale con Sac, Ryanair si è subito tirata fuori dallo scalo ibleo. Ma nel giro di qualche settimana ha ripristinato i contatti per aumentare le tratte su Catania. Apriti cielo. “Anche Schifani, che fa parte di quella Sicilia convinta che Ragusa sia un territorio che resta muto e in silenzio di fronte ai soprusi, si sta sbagliando di grosso – è la tesi della grillina iblea Stefania Campo -. A nostro parere, difatti, stiamo tutti assistendo allibiti ad un grande piano di Sac volto ad affossare definitivamente l’aeroporto di Comiso, complice il presidente della Regione. Noi abbiamo le mani libere per potere gridare contro questo scandalo e per ribadire ancora una volta che la concessione a Sac deve essere revocata”.

Anche in questo caso, però, la Regione sembra avere le mani legate. Come accade, più o meno platealmente, di fronte a ogni scandalo. Gli unici a poter intervenire, e ad amministrare un po’ di potere (e di soldi), sono i burocrati. Che hanno già creato parecchi grattacapi a Schifani: vale per tutti il caso Cannes, dove all’insaputa del presidente, l’ex dirigente al turismo Fazio avrebbe affidato 3,7 milioni a una società del Lussemburgo per la seconda edizione dello shooting fotografico “Sicily, Women and Cinema” (provvedimento revocato). Ma anche con la parcella d’oro agli avvocati Russo e Stallone è successo un pateracchio: la Regione, sempre all’insaputa di Schifani, fa un accordo transattivo per riconoscere ai due una cifra vicina ai 5 milioni. Appena il governatore lo scopre, blocca tutto, aprendo un contenzioso più cospicuo.

E’ la dirigenza, croce e delizia. Sono loro, i burocrati, a fare e disfare. Mentre i politici, che dovrebbero dare l’indirizzo, si ritrovano a contestarli ed omaggiarli. A censurarli e, talvolta, a blandirli. Quando scendono in campo, d’altronde, arrancano. E’ successo persino col sindaco di Taormina, Cateno De Luca, che a seguito della propria iniziativa sul Teatro, per poco non ha provocato una crisi di governo e il ribaltone in aula. Quando si è impotenti capita anche questo.